Sentenza del 25 febbraio 2022 – Giudice designato: dott. Lorenzo Lentini

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In materia di rapporti di leasing, sulla scorta dei principi generali applicabili alle fattispecie di responsabilità contrattuale, in capo al creditore incombe l’onere di allegare il titolo e l’inadempimento, mentre sul debitore grava l’onere di provare il corretto adempimento, ovverosia il fatto estintivo dell’obbligazione. Pertanto, il predetto onere non può ritenersi assolto mediante un mero rinvio alla perizia di parte, non essendo il giudice tenuto a ricercare all’interno della documentazione versata in atti quegli elementi in fatto che spetta unicamente alla parte interessata introdurre in giudizio, ritualmente e tempestivamente, all’interno dell’atto difensivo (conf. Trib. Brescia, ord. 10.2.2020), né invero a effettuare autonomamente una “ricongiunzione” dei pagamenti, cumulativamente versati in atti, con i debiti risultanti dall’estratto conto avversario.

Nel caso in cui il contratto di leasing ponga a carico dell’utilizzatore gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile – utilizzatore che viene espressamente costituito custode del bene – egli deve sopportare eventuali esborsi conseguenza di atti vandalici di terzi.

La normativa speciale prevista dalla L. 124/2017 subordina l’accredito al cliente del valore di realizzo del bene alla previa restituzione e al successivo collocamento sul mercato. Invero, il bene può essere immesso sul mercato soltanto dopo la restituzione e il corrispettivo ricavato dalla vendita va imputato a deconto del credito della concedente nel momento in cui la stessa faccia valere in giudizio il diritto al risarcimento del danno (conf. Trib. Brescia, 3 gennaio 2022). Resta, tuttavia, impregiudicata la facoltà per l’utilizzatrice, nell’ipotesi in cui il valore residuo dell’immobile superi l’importo spettante alla concedente in forza della clausola penale, di agire in un autonomo giudizio ai fini della restituzione della differenza (conf. Trib. Brescia, 9.7.2021).

Nel caso di scostamento tra tasso indicato in contratto e tasso leasing effettivo, l’art. 117 d.lgs. n. 385/983 si applica nel caso di assoluta mancanza o indeterminatezza del tasso di interesse, non già nelle ipotesi di erronea indicazione del tasso, laddove l’unico rimedio esperibile dal cliente è di tipo risarcitorio (conf. Trib. Brescia, 18.1.2021). Peraltro, in materia di leasing l’oggetto del contratto è desumibile dall’indicazione del numero e dell’importo unitario dei canoni, della durata del rapporto, dell’importo delle spese, del tasso di interesse di mora e del prezzo di riscatto dell’immobile. Nell’ipotesi in cui non sia specificamente contestato che gli addebiti effettuati dalla concedente nel corso del rapporto siano stati coerenti con le summenzionate previsioni contrattuali, non può configurarsi alcuna fattispecie di indebito. Infatti, anche a voler per assurdo ipotizzare la veridicità del “T.E.G.” o rectius“T.A.N.” – tipologia di tasso invero sconosciuta alla normativa in tema di leasing, che prevede l’indicazione del solo tasso che per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti – l’unico rimedio esperibile sarebbe di tipo risarcitorio, trattandosi di voce esposta a fini di trasparenza, con la conseguenza che la pretesa di ricalcolo del piano di ammortamento sulla base di tale tasso alternativo non troverebbe fondamento alcuno (conf. Trib. Brescia, 31 gennaio 2022).

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso da una s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di una banca a titolo di canoni scaduti e interessi di mora derivanti dal contratto di leasing immobiliare, risolto dalla concedente, giusta clausola risolutiva espressa.

In particolare, l’opponente eccepiva: i) il deposito del ricorso monitorio in periodo feriale; ii) la non conformità agli originali telematici del ricorso e del decreto ingiuntivo oggetto di notifica; iii) la mancata allegazione della procura al ricorso monitorio; iv) il mancato svolgimento della procedura di mediazione obbligatoria; v) l’imputabilità del mancato pagamento dei canoni fatti valere da controparte agli atti vandalici che avevano reso l’immobile inutilizzabile per diversi anni, costringendo l’utilizzatrice a sopportare i costi di ripristino; vi) il rifiuto da parte della concedente, contrario a buona fede, di rinegoziare i termini contrattuali; vii) la mancata cooperazione da parte della concedente ai fini dell’ottenimento dell’indennizzo assicurativo; viii) la natura traslativa del contratto di leasing, con conseguente applicabilità dell’art. 1526 c.c.; ix) l’insussistenza del credito, tenuto conto del diritto dell’utilizzatrice di vedersi riconosciuto il valore di realizzo dell’immobile; x) la nullità della clausola che disciplina la corresponsione di interessi, stante la pattuizione di interessi di mora usurari. 

Con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. l’opponente formulava ulteriori motivi di opposizione, sulla scorta delle risultanze di una perizia di parte, ovverosia: a) l’applicazione di un tasso superiore al tasso indicato contrattualmente, il che all’evidenza comporta la necessità di rideterminare il debito per rate scadute azionato in sede monitoria; b) l’indeterminatezza contrattuale della previsione dei tassi e delle altre condizioni contrattuali ai sensi dell’art. 117 TUB, con conseguente ricalcolo del piano di ammortamento al saggio d’interesse sostitutivo; c) l’incertezza sulla data di stipula del contratto, rilevante ai fini della determinazione del tasso soglia; d) il superamento del tasso soglia; e) l’incertezza del credito azionato in via monitoria, che non tiene conto di pagamenti parziali effettuati dall’opponente.

(Massima a cura di Simona Becchetti)