Il messaggio di posta elettronica (c.d. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (conf. Cass. n. 11606/2018). Tale disconoscimento tuttavia deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (conf. Cass. n. 19155/2019).
I requisiti ai fini della protezione delle informazioni aziendali possono essere così puntualizzati: a) novità, in quanto l’informazione non deve essere generalmente nota ovvero agevolmente accessibile da terzi; b) valore economico, idoneo ad attribuire un vantaggio competitivo, che viene meno laddove l’informazione sia resa pubblica, con la precisazione che tale requisito presuppone l’effettuazione di uno sforzo economico per ottenere (ovvero duplicare) tali informazioni; c) segretezza, intesa come sottoposizione delle informazioni a misure ragionevolmente adeguate alla protezione, di ordine fisico (es. password) e giuridico (es. non disclosure agreement), con la precisazione che la segretezza non equivale ad una assoluta inaccessibilità (condizione, peraltro, di difficile se non impossibile verificazione), bensì presuppone che l’acquisizione delle informazioni segrete richieda da parte del terzo non autorizzato sforzi non indifferenti, con la conseguenza che non possono essere tutelate informazioni soggette, per loro natura ovvero in ragione di altre circostanze, a diffusione incontrollata o incontrollabile.
Il difetto di allegazione in punto di descrizione del know-how asseritamente sottratto è tale da precludere non soltanto la concessione della tutela ex art. 98 c.p.i., ma finanche la stessa identificazione delle informazioni riservate di cui si lamenta l’altrui sfruttamento.
I principi sono stati espressi nel giudizio promosso da una s.n.c. operante nel settore della carpenteria meccanica nei confronti di una s.r.l. concorrente e dei due ex dipendenti, attuali soci e amministratori della società concorrente convenuta. In particolare, parte attrice lamentava la commissione a propri danni dei seguenti atti di concorrenza sleale: i) lo sfruttamento indebito di know-how tecnico (disegni e progetti) e commerciale (tempi, offerti, prezzi) da parte degli ex dipendenti, già assunti come impiegati tecnici, attuato mediante la sottrazione dei file contenuti nella casella aziendale dropbox, finalizzato ad agganciare la clientela dell’attrice; ii) lo sviamento di clientela, posto in essere in costanza di rapporto di lavoro. Alla luce delle suddette circostanze, la società attrice chiedeva l’inibitoria delle condotte anticoncorrenziali descritte, con fissazione di penale per l’eventuale violazione e pubblicazione del provvedimento, oltre che il risarcimento dei danni subiti.
(Massime a cura di Marika Lombardi)