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Sentenza del 22 gennaio 2021 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Il messaggio di posta elettronica (c.d. e-mail)
costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione
informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo
di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni
meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e
delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne
disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (conf. Cass. n.
11606/2018). Tale disconoscimento tuttavia deve essere chiaro, circostanziato
ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti
la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (conf. Cass. n.
19155/2019).

I requisiti ai fini della protezione delle
informazioni aziendali possono essere così puntualizzati: a) novità, in
quanto l’informazione non deve essere generalmente nota ovvero agevolmente
accessibile da terzi; b) valore economico, idoneo ad attribuire un
vantaggio competitivo, che viene meno laddove l’informazione sia resa pubblica,
con la precisazione che tale requisito presuppone l’effettuazione di uno sforzo
economico per ottenere (ovvero duplicare) tali informazioni; c)
segretezza, intesa come sottoposizione delle informazioni a misure
ragionevolmente adeguate alla protezione, di ordine fisico (es. password)
e giuridico (es. non disclosure agreement), con la precisazione che la
segretezza non equivale ad una assoluta inaccessibilità (condizione, peraltro,
di difficile se non impossibile verificazione), bensì presuppone che
l’acquisizione delle informazioni segrete richieda da parte del terzo non
autorizzato sforzi non indifferenti, con la conseguenza che non possono essere
tutelate informazioni soggette, per loro natura ovvero in ragione di altre
circostanze, a diffusione incontrollata o incontrollabile.

Il difetto di allegazione in punto di
descrizione del know-how asseritamente sottratto è tale da precludere
non soltanto la concessione della tutela ex art. 98 c.p.i., ma finanche
la stessa identificazione delle informazioni riservate di cui si lamenta
l’altrui sfruttamento.

I principi sono stati espressi nel giudizio
promosso da una s.n.c. operante nel settore della carpenteria meccanica nei
confronti di una s.r.l. concorrente e dei due ex dipendenti, attuali soci e
amministratori della società concorrente convenuta. In particolare, parte
attrice lamentava la commissione a propri danni dei seguenti atti di
concorrenza sleale: i) lo sfruttamento indebito di
know-how tecnico (disegni e progetti) e
commerciale (tempi, offerti, prezzi) da parte degli ex dipendenti, già assunti
come impiegati tecnici, attuato mediante la sottrazione dei
file
contenuti nella casella aziendale
dropbox, finalizzato ad agganciare la
clientela dell’attrice; ii) lo sviamento di clientela, posto in essere in
costanza di rapporto di lavoro. Alla luce delle suddette circostanze, la
società attrice chiedeva l’inibitoria delle condotte anticoncorrenziali
descritte, con fissazione di penale per l’eventuale violazione e pubblicazione
del provvedimento, oltre che il risarcimento dei danni subiti.

(Massime a cura di Marika Lombardi)