Decreto del 3 dicembre 2020 – Presidente: Dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice estensore: Dott. Stefano Franchioni

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Il credito vantato da Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale, quale gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese istituito con l. 662/96, art. 2, comma 100, lett. a), è assistito dal privilegio di cui all’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 123/1998 (con collocazione in privilegio rispetto a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis c.c.) non solo nelle ipotesi di erogazione diretta del finanziamento ma anche qualora abbia prestato la garanzia (fideiussoria) prevista ex lege e la stessa sia stata escussa dall’ente di credito garantito a seguito dell’inadempimento del mutuatario e della conseguente revoca del mutuo da parte della banca. Ciò sulla base di un’interpretazione che valorizza la ratio fondante la richiamata previsione, che mira a recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione dello sviluppo delle attività produttive anche per procurare la provvista per lo svolgimento di ulteriori e futuri sostegni allo sviluppo delle medesime (Cass. Civ. n. 14915/2019).

L’intervento di sostegno a mezzo di garanzia personale ai sensi del d.lgs. 123/1998 si apprezza, per qualità, in un tipo di rischio imprenditoriale non diverso da quello proprio della concessione dei mutui o comunque delle erogazioni dirette di somme all’impresa beneficiaria della protezione accordata dalla legge in discorso, con obbligo di restituzione delle somme medesime. Irrilevante si presenta la diversa conformazione strutturale delle due fattispecie, posto che l’assunzione di un impegno diretto da parte del garante nei confronti del terzo viene a determinare una posizione di rischio omologa a quello della consegna diretta delle somme nelle mani del mutuatario.

Al riconoscimento che gli interventi di sostegno pubblico in forma di concessione di garanzia godono del privilegio ex art. 9, comma 5, d.lgs. 123/1998 non è di ostacolo la constatazione che di tale privilegio non viene a disporre il creditore che ha erogato il mutuo (ovverosia, la banca mutuataria) e che è avvantaggiato dalla garanzia. Non vi è infatti alcuna necessità – sotto il profilo strutturale, come pure sotto quello logico – che la posizione del creditore garantito si avvantaggi di un privilegio, perché di un privilegio possa disporre il garante: la posizione del creditore, cioè, non si pone come un medio logico inevitabile in proposito. Conformemente alla regula iuris dell’art. 2745 c.c., l’art. 9, comma 5, del d.lgs. 123/1998 riconosce il privilegio in ragione del sostegno pubblico che viene dato alle attività produttive consegnandolo al garante, che ha pagato la banca garantita (per il credito che questa vanta verso il debitore principale), in quanto destinatario finale del depauperamento patrimoniale connesso all’estinzione della relativa obbligazione: sarebbe disparità del tutto non giustificata, perciò, se l’intervento di garanzia non si giovasse del privilegio che pur assiste, nel contesto normativo del d.lgs. n. 123/1998, le altre forme di intervento poste a sostegno pubblico delle attività produttive (Cass. Civ. n. 2664/2019; Cass. Civ. n. 8882/2020; Cass. Civ. n. 11122/2020).

L’art. 8-bis del d.l. 3/2015 (conv. in l. 33/2015), nel riconoscere il privilegio anche al diritto alle restituzioni spettanti ai terzi prestatori di garanzie, non va considerato nè come una disposizione di interpretazione autentica, e dunque retroattiva, nè come disposizione innovativa: si tratta semplicemente di una disposizione ripetitiva, e confermativa, del regime già vigente (Cass. Civ. n. 14915/2019).

Ai sensi dell’art. 2749 c.c. (richiamato dall’art. 54, comma 3, l. fall.), il privilegio accordato al credito si estende anche agli interessi dovuti per l’anno in corso alla data del pignoramento (ovvero, alla data del fallimento) e per quelli dell’anno precedente; trattandosi di privilegio generale, ai sensi dell’art. 54, comma 3, l.fall., il decorso degli interessi, nei limiti della misura legale, cesserà alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente. La misura legale, alla quale rinvia l’art. 2749, comma 2, c.c. ai fini dell’individuazione dei limiti della collocazione privilegiata del credito per interessi, deve intendersi riferita non già al saggio d’interesse stabilito dalla legge che disciplina il singolo credito, ma a quello previsto in via generale dall’art. 1284 c.c. (Cass. Civ. n. 13458/2014; Cass. Civ. n. 16084/2012).

Principi espressi in un giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dall’Agenzia delle Entrate, per conto di Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale che, quale gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese istituito con l. 662/96 – art. 2, comma 100, lett. a) – aveva garantito per il 50% il finanziamento erogato da un intermediario bancario alla società fallita (all’epoca in bonis).

Il Tribunale, sulla scorta dei superiori principi e in riforma dell’originario provvedimento del Giudice Delegato, ha ammesso il credito in privilegio ex art. 9, comma 5 del d.lgs. n. 123/1998, collocando in pari grado anche agli interessi dovuti per l’anno in corso alla data del fallimento e per l’anno precedente nonché a quelli maturandi, nei limiti della misura legale, sino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche solo parzialmente.

(Massime a cura di Filippo Casini)