Sentenza del 9 gennaio 2019 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

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Il documento sui rischi in generale è finalizzato a rendere consapevole il potenziale investitore dei rischi cui potrà andare incontro nel prosieguo del rapporto e descrive, tra l’altro, i rischi correlati all’investimento in strumenti finanziari. Da tale documento non può evincersi la caratterizzazione del rischio correlata ad ogni singolo ordine di investimento, perché la sua funzione è soltanto quella di fornire informazioni di base sui rischi connessi agli investimenti e alle gestioni. La consegna del documento generale sui rischi non può quindi, da sé sola, fornire la prova dell’intervenuto adempimento degli obblighi di informazione posti a carico dell’intermediario.

Con riguardo all’intermediazione finanziaria, l’affermazione o la negazione della validità dei rapporti contrattuali e della responsabilità dell’intermediario non possono emergere mediante indagine peritale, bensì sulla base dei soli elementi probatori acquisiti al giudizio, ex art. 115 c.p.c., su impulso delle parti (prova orale e documentale).

In tema di intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto–quadro, posto, a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall’art. 23 del d.lgs n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Vedi Cass., SS.UU., n. 898 del 16 gennaio 2018)

La validità dei contratti-quadro e delle relative integrazioni inerenti alle operazioni in strumenti finanziari derivati deve essere valutata sulla base del contenuto degli accordi così come risultanti nei contratti stessi, e non dell’attuazione, o meno, di quanto in essi stabilito ed in generale di quanto previsto a carico dell’intermediario come obbligazione di legge. L’eventuale inadempimento infatti attiene al profilo funzionale della causa, non a quello genetico, e pertanto incide sul piano della responsabilità contrattuale, e non su quello della validità del negozio giuridico.

Il fatto che la banca gestisca gli ordini vendendo i derivati e finanziando l’investitore per il loro acquisto, così come la pluralità dei ruoli assunti dall’intermediario per la compresenza di attività di consulenza, ricezione di ordini ed eventuale finanziamento per la formazione della relativa provvista, non fa di per sé presumere la sussistenza di interessi in conflitto rispetto a quelli dell’investitore.

Principi espressi a seguito dell’impugnazione, da parte del cliente di un istituto di credito, della sentenza del tribunale che aveva rigettato la domanda di nullità, o comunque di invalidità, del contratto quadro stipulato con la banca e di tutti i negozi e operazioni relativi, nonché la domanda subordinata di risoluzione di detti negozi per inadempimento dell’istituto di credito.

(Massime a cura di Marika Lombardi)