La circostanza che, in base al terzo comma dell’art. 2476 c.c., a ciascun socio è attribuita la titolarità dell’esercizio dell’azione sociale non significa che la società, quale titolare del diritto al risarcimento del danno, non sia legittimata all’esercizio dell’azione in questione: il socio agisce come sostituto processuale, in nome proprio ma nell’interesse della società, la quale è e rimane titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto a causa della condotta di mala gestio del proprio amministratore e pertanto è pienamente legittimata ad agire per far valere tale diritto.
Devono ritenersi nulle, ai sensi dell’art. 34 d. lgs. 5/2003, le clausole compromissorie contenute negli atti costitutivi delle società che non conferiscano il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società medesima. Tale disciplina è applicabile anche alle cause promosse nei confronti degli amministratori, come si evince dall’art. 34, 4° co., d. lgs. 5/2003, a mente del quale la clausola compromissoria può avere ad oggetto “controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti”.
Principi espressi in ipotesi di esercizio dell’azione di responsabilità promossa ex art. 2476 c.c. da due s.r.l., a mezzo del medesimo amministratore di diritto e legale rappresentante, nei confronti degli amministratori di fatto delle stesse, ritenuti responsabili di condotte distrattive che avevano depauperato il patrimonio sociale a proprio esclusivo vantaggio.
(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)