Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 24 luglio 2023, n. 1253 – contratti di leasing, usura, interessi moratori, TAEG, chiarezza e precisione del contenuto del contratto, clausola penale, non applicabilità della mediazione obbligatoria ex art. 5 D.Lgs. 28/2010 al leasing immobiliare

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Anche ai contratti di leasing immobiliare può farsi applicazione del principio di diritto espresso per i contratti bancari secondo cui il tasso annuo effettivo globale (TAEG) non rientra nel novero dei tassi, prezzi e altre condizioni la mancata indicazione scritta dei quali rende parzialmente nullo il contratto bancario, con conseguente sostituzione automatica delle relative previsioni ex art. 117, D. Lgs. 385/1993. Ciò, in quanto il TAEG è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione, che comprende anche gli oneri amministrativi e di gestione. Nondimeno, l’applicazione, relativamente al TAEG, di condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate può dar luogo a responsabilità contrattuale o precontrattuale della banca, determinando da parte sua la violazione di regole di condotta (Cass. n. 4597/2023).

Anche gli interessi moratori sono suscettibili di essere qualificati come usurari. Pertanto, allorquando gli stessi siano convenuti a un tasso che superi la soglia di usura, non saranno dovuti. La misurazione di tale tasso-soglia deve effettuarsi sulla base del tasso medio statisticamente rilevato negli appositi decreti ministeriali vigenti all’epoca della stipula del relativo contratto. La dichiarazione del superamento del tasso-soglia di usura determina la non-debenza dei soli interessi del tipo di interessi che hanno infranto tale soglia sicché, ove l’interesse corrispettivo sia lecito e quello moratorio sia usurario, solamente quest’ultimo sarà illecito e non dovuto. In ogni caso, caduta la clausola degli interessi moratori, permane un danno per il creditore insoddisfatto, d’onde questi avrà diritto a percepire comunque interessi di mora nella stessa misura di quelli corrispettivi, ai sensi dell’articolo 1224 c.c., purché essi siano stati lecitamente convenuti (Cass. SS.UU. n. 19597/2020).

È indirizzo pacifico quello per cui le liti in materia di leasing immobiliare non siano soggette all’obbligo di esperire un tentativo di mediazione ai sensi dell’art. 5, D. Lgs. 28/2010.

I princìpi esposti sono stati espressi in relazione a una controversia riguardante la stipulazione, da parte di una società, di un contratto di leasing immobiliare. La società concedente, per mezzo di una mandataria, aveva agito in giudizio ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. per ottenere il rilascio dell’immobile attesa l’intervenuta scadenza del contratto e il mancato esercizio, da parte dell’utilizzatrice, del relativo diritto di acquisto finale. Costituitasi nel giudizio, l’utilizzatrice eccepiva l’improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. Nel merito, l’utilizzatrice eccepiva l’eccessività degli importi pattuiti a titolo di penale, dei quali chiedeva la riduzione, e denunciava l’usurarietà degli interessi moratori convenzionali. Accolta con ordinanza la domanda della concedente – seppur sul presupposto, non allegato da alcuna delle parti, dell’intervenuta risoluzione del contratto – e condannata l’utilizzatrice al rilascio dell’immobile, quest’ultima impugnava il provvedimento domandando il rigetto delle domande proposte in prime cure e, in via subordinata, la riduzione della penale ai sensi dell’art. 1384 c.c., reiterando altresì la propria eccezione di usurarietà degli interessi di mora. Nel dettaglio, l’impugnante spiegava plurime doglianze e, segnatamente: (i) reiterava l’eccezione preliminare di omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione; (ii) denunciava la violazione da parte del Giudice di prime cure del principio dispositivo, nella misura in cui questi aveva pronunciato la risoluzione del contratto pur in assenza di specifica domanda; (iii) l’usurarietà degli interessi moratori convenuti nel contratto in contesa; (iv) l’assenza di una chiara e precisa indicazione del TAEG nel testo del contratto; (v) l’eccessività della penale pattuita, della quale la concedente avrebbe preannunciato di volersi valere in un separato giudizio. La Corte, respinta l’eccezione preliminare e rettificata la decisione di prime cure dichiarando l’estinzione del contratto (non per risoluzione, bensì) per naturale scadenza, ha comunque rigettato le doglianze di merito ritenendo non provato né allegato il pagamento di interessi moratori da parte dell’utilizzatore, rilevando la non contestazione della scadenza del contratto e la genericità delle allegazioni fattuali in materia di usurarietà degli interessi.

(Massime a cura di Leonardo Esposito)