Corte d’Appello di Brescia, sentenza dell’11 aprile 2023, n. 623 – segnalazione alla Centrale Rischi di una posizione “in sofferenza”, segnalazione di una posizione “ad incaglio”, contratto di leasing

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La segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente e non può, quindi, scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza (cfr. Cass. n. 15609/2014).

In tema di leasing, la sospensione dei pagamenti protrattasi anche solo per diversi mesi giustifica la segnalazione alla Centrale Rischi, come “in sofferenza”, atteso che, ai fini di tale segnalazione, la nozione di insolvenza non si identifica con quella propria fallimentare, ma si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria”, ovvero come di “grave difficoltà economica”, senza, quindi, alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità e senza che assuma rilievo la manifestazione di volontà di non adempiere, che sia giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del credito (cfr. Cass. n. 1447/2019).


L’appostazione a sofferenza del credito non può essere frutto dalla sola analisi del singolo o degli specifici rapporti in essere tra la banca segnalante e il cliente e implica, piuttosto, una valutazione della situazione patrimoniale complessiva del debitore. Le Istruzioni della Banca d’Italia indicano lo stato di insolvenza non come definitiva irrecuperabilità o incapienza, bensì come una situazione di insolvenza “levior” rispetto a quella indicata dalla legge fallimentare, quindi una situazione patrimoniale deficitaria, di grave difficoltà economica non transitoria. Poiché l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito, ne consegue che ciò che rileva è la situazione “oggettiva” di incapacità finanziaria (incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte), mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento, se giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del titolo del credito vantato dalla banca. Pertanto, il giudice chiamato a valutare la legittimità di una segnalazione alla Centrale dei Rischi non deve limitarsi a prendere atto che il debito oggetto della segnalazione era effettivamente dovuto, ma con valutazione ex ante deve verificare: (i) dal punto di vista oggettivo, se le ragioni addotte dal debitore a fondamento del rifiuto di pagamento fossero sorrette almeno da un fumus di fondatezza; (ii) dal punto di vista soggettivo, se il debitore potesse ritenersi in buona fede nel momento in cui quelle ragioni ha accampato. È, infatti, evidente che il debitore non potrebbe pretendere di sottrarsi alle conseguenze giuridiche del proprio inadempimento (tra le quali rientra anche la segnalazione alla Centrale dei Rischi) né sollevando eccezioni che egli ben sapeva essere pretestuose né sollevando eccezioni senza accertare, con un minimo di diligenza, se esse fossero giuridicamente sostenibili (cfr. Cass. n. 3130/2021).

Per effettuare la segnalazione alla Centrale Rischi non è necessario che la concedente debba attendere che il cliente raggiunga uno stato di definitiva incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni, attesa la funzione e l’utilità della segnalazione stessa e il sistema in cui essa si inscrive, volto a rendere noto agli operatori economici la situazione deficitaria conclamata di determinati soggetti, al fine di evitare l’alterazione del mercato creditizio, concedendo credito a soggetti incapienti. Tuttavia, la segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più dovuta quando viene a cessare lo stato di insolvenza o la situazione ad esso equiparabile.

La revoca retroattiva della segnalazione a “sofferenza”, sostituita con la segnalazione ad “incaglio”, non ha valore confessorio da parte della concedente, in mancanza di ulteriori elementi univoci in tal senso.

La segnalazione di una posizione “ad incaglio”, posta a confronto con la segnalazione “a sofferenza”, è certamente più favorevole per il segnalato, considerati i presupposti sulla quale la stessa si fonda. Il fatto che l’incaglio si basi su una situazione di temporanea difficoltà, che si ritiene possa essere sanata in tempi ragionevoli e non su una situazione di difficoltà economica grave e non transeunte, fa sì che tale segnalazione ponga il soggetto in una posizione più favorevole nei confronti del mercato creditizio e dell’accesso al credito.

I principi sono stati espressi nel giudizio di appello proposto dall’utilizzatore di un contratto di leasing finanziario contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda, dal medesimo proposta, di risarcimento danni da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia e aveva dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale, proposta dalla società concedente, per il pagamento della penale per estinzione anticipata del contratto, avente ad oggetto un’imbarcazione (ancora in via di costruzione).

In particolare, l’appellante impugnava la sentenza di prime cure per: (i) violazione delle norme contenute nella Circolare di Banca d’Italia n. 139/1991, oltre che l’errata valutazione degli elementi di prova; (ii) violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale statuito in merito ai motivi dell’inadempimento che avrebbero determinato società concedente a procedere alla segnalazione, nonostante tali motivi non rientrassero nell’oggetto del giudizio, pronunciandosi dunque su fatti e situazioni estranei alla materia del contendere; (iii) violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia relativamente alla domanda di condanna della società concedente all’immediata cancellazione della segnalazione per incaglio.

Rilevato che la segnalazione operata dalla società concedente appariva del tutto legittima (e tanto si è potuto affermare non solo con riferimento alla segnalazione a sofferenza, ma, a maggior ragione
anche per la segnalazione ad incaglio), in quanto: (
i) l’utilizzatore aveva dimostrato, con il proprio contegno, di versare in una situazione complessiva di difficoltà economica e, in sostanza, aveva ammesso nelle proprie comunicazioni che il contratto era divenuto eccessivamente oneroso e di non essere in grado di adempiere all’obbligo di pagamento assunto con il contratto di leasing; e (ii) che mancavano i presupposti della pretesa responsabilità a carico della concedente su cui l’appellante fondava la pretesa risarcitoria (rimanendo assorbita ogni questione circa l’esistenza e la prova del danno), la Corte adita rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

(Massime a cura di Simona Becchetti)