Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 21 marzo 2023, n. 488 – apertura di credito in conto corrente, interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, commissioni ex art. 117 bis TUB, nullità di clausole contrattuali, ripetizione di indebito

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In tema di ripetizione di indebito opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore il quale, quindi, è tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (cfr. Cass. n. 30713/2018; Cass. n. 24948/2017). Il principio trova applicazione anche ove si faccia questione dell’obbligazione restitutoria dipendente dalla (asserita) nullità di singole clausole contrattuali, relativamente cioè ad un pagamento dovuto solo in parte, di cui si chieda la restituzione limitatamente alla somma pagata in eccedenza (Cass. n. 7501/2012). In applicazione dei suddetti principi, assunta l’esistenza di un contratto scritto di apertura di credito in conto corrente, l’attore in ripetizione che alleghi la mancata valida pattuizione, in esso, dell’interesse debitore è onerato di dar prova dell’assenza della causa debendi attraverso la produzione in giudizio del documento contrattuale, mediante il quale dimostrare la mancanza, nel contratto, della pattuizione degli interessi o la nullità di essa. 

È da ritenersi valida, sotto il profilo causale, la previsione pattizia della commissione di massimo scoperto, posto che la legge 28 gennaio 2009 n. 2, nel dettare una disciplina in materia, ne ha riconosciuto l’astratta legittimità per il periodo anteriore (Cass., sez. un., n. 16303/2018; Cass. n. 870/2006). Tale corrispettivo, che è pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto e che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni, viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento. Tuttavia, a fronte della mancata indicazione, nel contratto, di ulteriori elementi, ed in primo luogo dell’importo su cui la dedotta percentuale andrebbe applicata, si deve ritenere che la previsione pattizia non soddisfi i requisiti di cui all’art 1346 c.c. e che quindi ne vada dichiarata la nullità (cfr. Cass. n. 19825/2022).

Principi espressi, in grado di appello, nell’ambito di un giudizio promosso per l’accertamento dell’illegittimo addebito al correntista di importi a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, commissioni ex art. 117 bis TUB, spese e interessi passivi maturati su tali voci per valori superiori a quelli effettivamente dovuti e per la conseguente condanna dell’intermediario alla restituzione dell’indebito e al risarcimento del danno.

(Massime a cura di Luisa Pascucci)