Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 13 settembre 2022, n. 1083 – contratto di fideiussione bancaria, contratto di leasing, clausola penale

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La data non costituisce un elemento essenziale del contratto e, pertanto, la mancata indicazione della stessa, così come la mancata indicazione del luogo di sottoscrizione non determina la nullità della fideiussione a garanzia concessa a garanzia delle obbligazioni relative ad un determinato rapporto contrattuale, salvo che sia imposta dalla legge.

Nell’ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento dell’utilizzatore, le parti possono convenire, ai sensi di una clausola penale, l’irrepetibilità dei canoni già versati da quest’ultimo prevedendo la detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell’importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito, essendo tale clausola coerente con la previsione contenuta nell’art. 1526, secondo comma, c.c. la quale risulta applicabile analogicamente per i contratti di leasing traslativo conclusi anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 1, commi 136 e ss., l. n. 124 del 2017.

In materia di leasing traslativo, le parti possono convenire, ai sensi dell’art. 1526 c.c., applicabile in via analogica, l’irripetibilità dei canoni versati al concedente in esito alla risoluzione del contratto, la cui natura di clausola penale ne preclude, nel giudizio successivamente instaurato, la rilevabilità d’ufficio e la deducibilità dopo il decorso dei termini di cui all’art. 183 c.p.c. trattandosi di eccezione in senso stretto.

Ai fini della riducibilità della clausola penale, ai sensi dell’art. 1384 c.c., occorre considerare se detta pattuizione attribuisca allo stesso concedente vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, in quanto il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto. Pertanto, non è riducibile una clausola penale che riconosca alla concedente una somma non superiore a quanto avrebbe ottenuto dall’adempimento e congruo il prezzo di vendita dei beni restituiti. L’utilizzatore può comunque contestare che il prezzo di vendita non sia conforme al valore di mercato, chiedendo l’accertamento di quest’ultimo al fine di conseguire una ulteriore riduzione dell’importo dovuto a titolo di penale e, se del caso, la restituzione dell’eventuale esubero.

I principi sono stati espressi nell’ambito del giudizio di appello relativo alla sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo ai sensi del quale gli opponenti erano stati condannati al pagamento a favore della società di leasing, inter alia, al risarcimento del danno derivante dalla risoluzione per ritardato pagamento dei canoni relativi a tre contratti di leasing aventi ad oggetto autoveicoli e conclusi anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 1, commi 136 e ss., l. n. 124 del 2017. L’appellante, in particolare, ai sensi dell’atto di appello ha, inter alia, richiesto di accertare (i) la nullità della fideiussione per mancata indicazione della data sulla stessa, (ii) la nullità della clausola penale prevista dai predetti contratti di leasing per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto, (iii) l’eccessiva onerosità della clausola penale e, pertanto, la sua riduzione d’ufficio.

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado ed ha rigettato l’appello con condanna degli appellanti alle spese legali.

(Massime a cura di Giovanbattista Grazioli)