Ordinanza del 29 novembre 2021 – Giudice designato: dott. Lorenzo Lentini

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L’esistenza di una clausola compromissoria statutaria, che pacificamente devolve agli arbitri la cognizione delle controversie tra soci e società, non preclude la proposizione di istanze cautelari quando il collegio arbitrale non sia ancora stato costituito, prevalendo il principio di effettività della tutela giurisdizionale (cfr. Trib. Milano 2.12.2015).

In ambito societario, l’eventuale ostruzionismo di un socio o dell’amministratore non giustifica il ricorso da parte della maggioranza all’assunzione di decisioni extra-assembleari in difetto dei relativi presupposti. Pertanto, nel caso in cui: (i) l’opzione per il metodo assembleare sia stata esercitata dallo stesso socio che poi si è risolto ad avviare la procedura di consultazione scritta, deve escludersi che il singolo socio possa unilateralmente  revocare  la  propria  iniziativa,  una  volta  che  dell’argomento  sia  stata investita l’assemblea dei soci e quest’ultima non abbia ancora deliberato; (ii) la richiesta di rinvio dell’assemblea, formulata dal socio titolare di una partecipazione superiore a un terzo del capitale e motivata dall’insufficiente informazione sugli argomenti all’ordine del giorno, equivale, nei limiti cognitivi tipici della fase, a un’espressione anticipata della volontà che l’argomento sia oggetto di discussione, dichiarazione rilevante in quanto idonea a determinare, ai sensi dell’art. 2479, comma quarto, c.c., l’improcedibilità della procedura di consultazione scritta, dovendosi riconoscere che il luogo dove si realizza pienamente la dialettica tra soci è solo l’assemblea di cui all’art. 2479-bis c.c.; e (iii) la comunicazione recapitata dall’amministratore ai soci prima del perfezionamento della procedura di consultazione scritta, appare idonea a determinarne l’improcedibilità ai sensi dell’art. 2479, quarto comma, c.c., allora la delibera assembleare potrà essere dichiarata invalida.

La valutazione della sussistenza di un nesso causale fra l’esecuzione (ovvero la protrazione dell’efficacia) della deliberazione impugnata ed il pregiudizio temuto, implica l’apprezzamento comparativo della gravità delle conseguenze derivanti, sia al socio impugnante sia alla società, dall’esecuzione e dalla successiva rimozione della deliberazione impugnata. Così, il provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia della delibera potrà essere concesso soltanto ove si ritenga prevalente, rispetto al corrispondente pregiudizio che potrebbe derivare alla società per l’arresto subito alla sua azione, il pregiudizio lamentato dal socio (cfr. Trib. Roma 22.4.2018). 

Principi espressi nel giudizio promosso con ricorso ex art. 700 c.p.c. con il quale l’amministratore unico di una s.r.l. (con una partecipazione pari al 42% del capitale) chiedeva la sospensione degli effetti della delibera assembleare (avente ad oggetto la revoca dell’amministratore unico e la nomina del nuovo amministratore), impugnata con giudizio arbitrale in ossequio alla clausola compromissoria statutaria.

In particolare, il ricorrente riteneva nulla la delibera per i seguenti motivi: i) carenza della sottoscrizione dell’amministratore, requisito formale dallo statuto, per tale dovendosi intendere l’amministratore uscente e non già quello neonominato; ii) mancata trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, in violazione dell’art. 2478 c.c.; iii) eccesso di potere, in quanto la delibera era motivata dall’interesse extrasociale perseguito dalla maggioranza.

Sotto il profilo del periculum in mora, il ricorrente evidenziava il pregiudizio derivante dall’adozione di una delibera in spregio alle regole di legge e statutarie, violazioni grazie alle quali era stato possibile nominare un amministratore inidoneo perché privo di adeguate competenze tecniche e dei necessari requisiti professionali.

Rilevato che il pregiudizio a carico del ricorrente era implicito nella lesione integrale del suo diritto di intervento –  strumento fondamentale per il corretto esplicarsi del processo decisionale di pertinenza dei soci, lesione ancora più grave se si considera l’importanza dell’oggetto della delibera (i.e. la nomina dell’organo di gestione) materia riservata alla competenza dei soci ai sensi dell’art. 2479 c.c., trattandosi di una ipotesi di periculum quasi in re ipsa – e che non vi era alcun pregiudizio per la controparte derivante dalla sospensione dell’efficacia della delibera (ben potendo la s.r.l. assumere in tempi rapidi una nuova delibera a contenuto analogo a quella qui impugnata, ma nel rispetto delle regole previste dalla legge e dallo statuto), il Tribunale accoglieva il ricorso e disponeva la sospensione dell’efficacia della delibera, con conseguente reintegro dell’amministratore revocato. 

Il Tribunale esaminando il fumus del ricorso rilevava che l’eventuale inerzia imputata al precedente amministratore non esonerava evidentemente la s.r.l. dal rispetto delle regole procedimentali previste per la formazione della volontà dei soci, fermo restando che i soci ostili all’amministratore avrebbero potuto introdurre un procedimento cautelare di revoca per giusta causa, laddove veramente convinti che il medesimo stesse ostacolando, in ragione di un interesse personale, il corretto funzionamento degli organi sociali. 

(Massima a cura di Simona Becchetti)