In tema di locazione finanziaria, la dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore comporta la sospensione ex lege dell’esecuzione del contratto sino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiari di subentrare nel contratto, assumendone i relativi obblighi, ovvero di recedere, con conseguente risoluzione del contratto e obbligo di restituzione del bene. Tale sospensione, quindi, opera ex lege e si protrae sino alla dichiarazione del curatore o sino al momento in cui il giudice delegato, su richiesta dello stesso contraente in bonis, assegniato al curatore un termine – massimo 60 giorni – per decidere sull’eventuale subentro.
In ambito di locazione finanziaria, la curatela: i) se subentra nel contratto è tenuta a pagare in prededuzione, tutte le obbligazioni derivanti dal contratto stesso, comprese quelle maturate nel periodo di sospensione; ii) se, invece, dichiara di sciogliersi dal contratto, si determina nella sostanza una risoluzione che ha effetto ex tunc del rapporto pendente. Secondo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 72 quater l. fall., va escluso che il concedente possa pretendere il pagamento dei canoni maturati tra la dichiarazione di fallimento e la restituzione del bene. La sospensione, difatti, è disposta a favore della curatela, al fine di consentir al curatore la valutazione in ordine alla convenienza del contratto e della sua prosecuzione; nel corso della sospensione – in quanto periodo di quiescenza del rapporto – non sussiste, se non disposto diversamente, l’obbligo di corrispondere alcunché. La conferma di ciò si rinviene, nell’art. 72 quater l. fall., il quale, disciplinando gli effetti economici e le conseguenze nel rapporto creditorio con il concedente del mancato subentro, si limita a disporre che in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso, avvenuta a valori di mercato, rispetto al credito residuo in linea capitale. Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Infine, va osservato come naturalmente sussista onere del pagamento in favore della concedente qualora il curatore ritenga conveniente l’esercizio del diritto di riscatto del bene rispetto all’utilità del bene ed alle condizioni contrattuali.
Principi espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso dal creditore, nel caso di specie, una banca, avverso il decreto che aveva dichiarato inammissibile l’istanza ex art. 101 l. fall. di insinuazione in prededuzione, posto che il la curatela fallimentare non aveva mai occupato l’immobile e che il corrispettivo per l’esercizio del diritto di riscatto non era dovuto.
Il Tribunale di Brescia, a conferma della decisione del Giudice delegato, respingeva l’opposizione, poiché: a) per il periodo intercorrente tra la dichiarazione di fallimento e la comunicazione da parte del curatore della volontà di sciogliersi dal contratto, nulla spettava all’opponente ai sensi del secondo comma dell’art. 72-quater l. fall.; b) per il periodo compreso tra lo scioglimento del contratto e la restituzione del bene, nulla poteva essere riconosciuto a titolo di risarcimento del danno, posto che il ritardo nella riconsegna risultava ascrivibile alla responsabilità esclusiva dell’opponente; c) nessun credito era sorto in capo alla società di leasing, atteso che il contratto prevedeva il pagamento della somma richiesta solamente nel caso in cui l’opponente avesse esercitato il diritto di riscatto e l’utilizzatrice fosse divenuta proprietaria del bene.
(Massima a cura di Simona Becchetti)