Ordinanza del 23 dicembre 2020 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

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Nella società semplice, la mancata deliberazione in sede assembleare dell’esclusione del socio non costituisce circostanza idonea a determinare l’invalidità della decisione stessa (conf. Cass. n. 153/1998), in quanto, in assenza di formale previsione di un organo assembleare nella società semplice, a tal fine risulta idonea la raccolta delle singole manifestazioni di volontà dei soci (non direttamente interessati dal provvedimento) in numero sufficiente a formare la maggioranza richiesta per l’esclusione.

Nell’ipotesi in cui dalle circostanze concrete debba ritenersi che l’obbligazione di conferimento in capo ai soci dovesse essere eseguita mediante la concessione in godimento alla società di determinati beni, laddove detti beni siano concessi dagli stessi soci in affitto ad un terzo, pur essendo tale facoltà legittima ai sensi delle norme generali che regolano i rapporti di comodato (con cui i soci avevano concesso i beni oggetto del conferimento in godimento alla società), tale condotta appare astrattamente idonea ad integrare un’ipotesi di grave inadempienza del socio di cui al primo comma dell’art. 2286 c.c., pertanto suscettibile di fondare la conseguente decisione di esclusione. Infatti, se l’esclusione è consentita anche nei confronti di soci del tutto incolpevoli (salva l’ipotesi di “perimento del bene” per causa imputabile agli amministratori), a maggior ragione pare ammissibile l’esclusione nell’ipotesi in cui il perimento del bene (ovvero l’indisponibilità sopravvenuta del godimento da parte della società) derivi dall’esercizio di una facoltà del socio che, per quanto legittima, si risolva in un pregiudizio alla società, nella misura in cui rende meno agevole per quest’ultima il conseguimento dello scopo sociale (conf. Cass. n. 153/1998).

I principi sono stati espressi nel giudizio cautelare promosso con ricorso dai soci di una società semplice per l’opposizione, ai sensi dell’art. 2287 c.c., alla deliberazione con cui sono stati esclusi dalla società medesima.

Con il ricorso gli attori chiedevano la sospensione degli effetti della deliberazione di esclusione, lamentando: (i) da un lato, l’invalidità della decisione essendo stata assunta dalla maggioranza dei soci in spregio al metodo assembleare; e (ii) dall’altro, l’infondatezza nel merito della decisione, fondata sull’asserita distrazione da parte dei soci esclusi di beni sociali, costituiti da terreni agricoli (concessi in comodato alla società), mediante la loro concessione, da parte degli stessi soci esclusi, in affitto ad un terzo.

(Massime a cura di Marika Lombardi)