Ordinanza del 24 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

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Ai fini della concessione del sequestro conservativo nei confronti degli ex amministratori della società fallita, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via alternativa, da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) o quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, ovvero da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

In particolare, in ipotesi in cui il patrimonio del resistente risulti incapiente rispetto all’ingente credito fatto valere dal ricorrente, il requisito del periculum in mora deve ritenersi sussistente, quanto meno sotto il profilo oggettivo.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso dal fallimento di una società per azioni avverso l’ordinanza, emessa in contraddittorio tra le parti, che aveva parzialmente modificato il provvedimento di sequestro conservativo concesso, con decreto inaudita altera parte, nei confronti degli ex amministratori della società, poi fallita. In particolare, l’ordinanza veniva reclamata nella parte in cui revocava la misura cautelare concessa nei confronti dell’ex consigliere delegato alla luce del difetto del requisito del periculum in mora.

Più in dettaglio, sotto il profilo del fumus boni iuris, non contestato dal reclamante, l’ordinanza attribuiva rilevanza alla prosecuzione dell’attività sociale a dispetto dell’avvenuta perdita del capitale, occultata mediante l’iscrizione a bilancio di ingenti importi per imposte anticipate in violazione dei principi contabili che disciplinano la materia.

Mentre, con riferimento al periculum in mora, l’ordinanza reclamata aveva disposto la revoca del predetto sequestro nei confronti del reclamato, in considerazione del fatto che il medesimo “è tuttora proprietario di beni immobili e non risulta aver posto in essere alcun atto volto alla dissipazione del patrimonio nel lungo lasso di tempo intercorso tra la dichiarazione di fallimento e il deposito del ricorso introduttivo di questo giudizio”. 

Il fallimento, al riguardo, evidenziava la sussistenza del pericolo da infruttuosità, derivante dalla incapienza patrimoniale del reclamato rispetto all’ingente danno cagionato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)