Decreto dell’11 ottobre 2018 – Presidente relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

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La causa del concordato preventivo risiede nel superamento della crisi mediante il soddisfacimento dei crediti e, pertanto, non può prescindere, qualora si tratti di procedura antecedente alla riforma di cui al d.l. 83/2015, da un pagamento, anche solo minimo, dei creditori chirografari, i soli del resto che sono legittimati ad approvare la proposta qualora questa preveda il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati (conf. Cass. n.  18738/2018).

L’impossibilità di soddisfare i creditori chirografari in un tempo ragionevole dalla scadenza del piano conduce a ritenere gravemente compromesso l’equilibrio previsto dall’accordo concordatario, essendo venuto meno l’assetto di interessi sul quale il ceto creditorio aveva espresso il proprio assenso approvando la proposta concordataria. Per i concordati antecedenti alla riforma di cui al d.l. 83/2015, nei quali la percentuale di soddisfacimento dei chirografari è minima, l’assenso del ceto creditorio alla proposta non può che fondarsi sulla garanzia di essere pagati entro un termine ragionevole e certo. Laddove, invece, anche questa utilità venga meno, divenendo incerta e, comunque, inammissibilmente lunga la tempistica di realizzo del proprio credito, è evidente come non vi sia più l’equilibrio su cui si reggeva l’accordo tra la società debitrice ed i creditori.

Per esprimere un giudizio di gravità dell’inadempimento della proposta concordataria è necessario verificare la misura in cui la mancata realizzazione degli atti di liquidazione ivi indicati incida sulla possibilità di soddisfare i creditori della procedura nella misura indicata nella proposta medesima. Pronunciata la risoluzione del concordato, è precluso al Tribunale dichiarare d’ufficio il fallimento della società debitrice in mancanza di un’espressa domanda da parte del creditore ricorrente, ostando a ciò il principio dispositivo che governa la procedura prefallimentare, di cui all’art. 17, co. 1, d.lgs. n. 169/2007, che ha modificato l’art. 186 l.f. nella parte in cui prevedeva il potere del Tribunale di pronunciare d’ufficio il fallimento una volta dichiarata la risoluzione del concordato.

Principi espressi in un’ipotesi di risoluzione per inadempimento ex art. 186 l.f. di un concordato preventivo, avendo il Tribunale ritenuto che per la società ammessa al concordato non fosse più possibile la realizzazione delle operazioni indicate nel piano concordatario nei tempi previsti, a causa della manifestata indisponibilità della promittente acquirente a stipulare il definitivo di compravendita dell’azienda oggetto del contratto d’affitto, che costituiva la parte essenziale del piano di liquidazione. 

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)