Sentenza del 2 marzo 2017, n. 619 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Raffaele Del Porto

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Un’ipotesi di uso improprio (o abuso) della clausola statutaria c.d. simul stabunt simul cadent può ritenersi sussistente solo quando lo strumento della revoca (o delle dimissioni) dei consiglieri “amici” sia utilizzato all’esclusivo fine di ottenere il risultato (realmente perseguito) di rimuovere ulteriori consiglieri “sgraditi”, senza riconoscere loro il dovuto risarcimento del danno in difetto di giusta causa.

Resta, in ogni caso, escluso che il componente dell’organo di amministrazione (o di controllo), che subisca la cessazione del proprio incarico in conseguenza della revoca (priva di giusta causa) di altri componenti, possa maturare, per ciò solo, il diritto al risarcimento dei danni, posto che l’art. 2409-duodecies, quinto comma, c.c. accorda tale diritto ai soli consiglieri destinatari (diretti) della revoca.

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda di risarcimento del danno ex art. 2409-duodecies, quinto comma, c.c., formulata da due consiglieri di sorveglianza di una s.p.a. cessati dalla carica in conseguenza della decadenza dell’intero consiglio per effetto della (legittima) revoca della maggioranza dei componenti in presenza di clausola statutaria simul stabunt simul cadent.

Sent. 2.3.2017, n. 619

(Massima a cura di Marika Lombardi)