Decreto del 1° aprile 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Gianluigi Canali

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In tema opposizione allo stato passivo, la domanda di accertamento del rapporto di lavoro è strumentale all’istanza di ammissione al passivo dei crediti nascenti da tale rapporto, sicché deve ritenersi rientrante nella competenza del giudice fallimentare (conf. Cass. n. 11674/2005).

Dev’essere, inoltre, esclusa l’applicabilità per via analogica della disciplina fissata per l’appello dall’art. 345 c.p.c., in quanto, pur avendo l’opposizione allo stato passivo natura impugnatoria, non può essere qualificata alla stregua di un giudizio di appello, con conseguente inoperatività delle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di nuove domande (conf. Cass. n. 4708/2001).

In tema di ammissione al passivo fallimentare, ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 1, c.c. per crediti di lavoro, l’istante è tenuto a provare i fatti costitutivi del rapporto di lavoro “diretto” con il fallito, non essendo a tal fine sufficiente la mera produzione di “buste paga” emesse da altra società, laddove l’istante, come nel caso di specie, affermi di aver svolto l’attività lavorativa in favore della società, poi fallita, in virtù di un contratto di somministrazione di manodopera irregolare.

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso da alcuni prestatori di lavoro avverso la comunicazione ex art. 97 l. fall. che aveva rigettato la domanda di ammissione al passivo dei crediti di lavoro dagli stessi asseritamente vantati nei confronti di una s.r.l., poi fallita, per “difetto di prova del rapporto di lavoro diretto con il fallito”; i medesimi, infatti, risultavano inseriti nella struttura organizzativa della società, poi fallita, in virtù di un contratto di affitto d’azienda stipulato con una società cooperativa, presso cui erano assunti con contratto di lavoro subordinato.

Gli opponenti, in particolare, chiedevano l’accertamento della costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con la società, poi fallita, ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n. 276/2003 e la conseguente ammissione al passivo del fallimento di crediti da retribuzioni e TFR.

Sul punto il Tribunale, rigettata l’eccezione di incompetenza proposta dalla curatela fallimentare, rilevata l’insufficienza delle prove fornite dai ricorrenti ai fini dell’accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro, ha rigettato l’opposizione.

(Massima a cura di Marika Lombardi)