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Sentenza del 28 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini dell’accertamento del superamento del tasso di interesse rispetto al tasso-soglia di cui alla disciplina antiusura, il tasso degli interessi moratori non è da sommarsi a quello degli interessi corrispettivi.

Principio espresso nel contesto di un’azione di nullità di un contratto di locazione finanziaria per asserita violazione della disciplina antiusura.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 26 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini della quantificazione del danno patrimoniale sofferto dall’investitore per effetto della vendita di strumenti finanziari da parte di un intermediario finanziario che abbia violato gli obblighi informativi ex art. 21 del Testo Unico della Finanza, il corretto parametro da assumersi è il valore che gli strumenti finanziari in questione avevano al tempo in cui sarebbe stato possibile dismetterli tempestivamente e non invece il successivo momento in cui l’investitore discrezionalmente decideva di venderli, scommettendo così su un incremento del loro valore. L’intermediario non può dunque rispondere dell’ulteriore decremento di valore degli strumenti, essendo questo dovuto ad un comportamento colposo dell’investitore.

Principio espresso nel contesto di una azione per danni proposta da un investitore nei confronti di un intermediario finanziario per il collocamento di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 12 febbraio 2020 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

Ancorché eventualmente ricompresa nel medesimo articolo del contratto, la clausola di determinazione dell’interesse moratorio è autonoma e ben distinta da quella di determinazione dell’interesse corrispettivo. Con la conseguenza che l’eventuale invalidità della clausola relativa al tasso moratorio non si estende a quella relativa all’interesse corrispettivo, che resta valida e pienamente efficace anche nel caso in cui la prima risulti nulla perché usuraria.

Nei
mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura
composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità
di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario, aventi ad
oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la
corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente
distinte e rispondono a diverse finalità; di conseguenza, il fatto che nella
rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in
via differita nel tempo, non è sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne
l’autonomia (Cass. Civ., n. 11400/2014).
In forza delle limitazioni previste, quindi, dall’art. 1283 c.c., la banca non
può pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per
interessi corrispettivi, con conseguente nullità della clausola in tema di
determinazione degli interessi moratori, perché anatocistica.

Il TAEG/ISC è un indicatore che agevola il cliente
consumatore nella comprensione dell’effettiva dinamica economica dei vari
rapporti contrattuali instaurati con la banca; avendo tale finalità, esso non
ha la funzione di integrare la disciplina convenzionale, semmai di agevolarne la
comprensione. Quindi la sua presenza o meno è del tutto ininfluente nella
prospettiva dell’accertamento circa la determinatezza della pattuizione dell’interesse
passivo.

Invero, la pattuizione è indeterminata quando si
può interpretare in un senso che conduce ad un risultato, e pure in altro senso
che conduce ad un risultato diverso; è viceversa determinata quando univoche ne
sono le conseguenze.

Pertanto, si può affermare che vi è determinatezza
o determinabilità dell’interesse pattuito quando l’interesse dovuto è correlato
ad un dato esterno – quale il tasso Euribor – di cui non sia stata contestata l’oggettiva
conoscibilità, così risultando univoco.

Principi espressi a seguito del giudizio di appello
promosso dal mutuatario avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la
domanda dallo stesso proposta al fine di sentire dichiarare la gratuità del
contratto di mutuo per pattuizione di interessi usurari.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 12 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

La nullità degli ordini di acquisto di strumenti finanziari impartiti ad un intermediario finanziario comporta l’obbligo restitutorio in capo a quest’ultimo di tutte le somme versate, al netto di quanto conseguito in sede di disinvestimento di detti strumenti.

Principio espresso nel contesto di un’azione in cui l’investitore invocava la nullità dei contratti stipulati con l’intermediario finanziario per omessa menzione della facoltà di recesso ex art. 30, c. 7, del Testo Unico della Finanza.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza 31 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

L’illecito concorrenziale dello storno di collaboratori presuppone l’esistenza di un’impresa che attragga le risorse umane di un soggetto concorrente e, pertanto, tale fattispecie non viene integrata qualora l’impresa concorrente nasca contestualmente alle dimissioni dei collaboratori e per loro iniziativa, pena l’indebita sovrapposizione tra il piano soggettivo (l’impresa agente) e quello oggettivo (il personale stornato) dell’illecito.

Principio espresso nel contesto di un’azione di risarcimento danni per violazione della disciplina in tema di concorrenza sleale.

(Massima a cura di Giovani Gitti)




Sentenza del 29 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere relatore: Dott. Giuseppe Magnoli

In relazione ai mutui chirografari ratealizzati deve ritenersi
valevole la regola generale di cui all’art.1819 cc, secondo il quale “se è
stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non
adempie l’obbligo del pagamento anche di una sola rata, il mutuante può
chiedere, secondo le circostanze, l’immediata restituzione dell’intero”.

Il criterio di ammortamento alla
francese, ovvero a rate costanti,  non dà
di per sé origine all’applicazione di interessi anatocistici, in violazione
dell’art.1283 cc, come chiarito dalla sentenza n. 11400/2014 della Cassazione:
“nei c.d. mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di
rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi,
attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico
del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta
in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento –
che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che
nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di
adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la
natura né ad eliminarne l’autonomia”.

L’art.3 della delibera CICR del 9
febbraio 2000 ha stabilito che, nelle operazioni di finanziamento in cui il
rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze
temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo
complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente
stabilito, produrre interessi dalla data di scadenza e sino al momento del
pagamento. Non può pertanto ritenersi illecita ex art.1283 cc la pattuita
applicazione dell’interesse moratorio (al tasso convenzionale) sull’intera rata
scaduta, essendo questa comprensiva sia di una quota capitale, sia anche di una
quota di interessi.

Non sono in senso stretto qualificabili
come fideiussioni per obbligazioni future quelle rilasciate a garanzia di un
finanziamento contestualmente erogato, e perciò per obbligazione ben
individuata, e non indeterminata, ed inoltre presente, e non futura.

Dal principio di accessorietà deriva
che non si può chiedere al garante ciò che non è possibile richiedere al
debitore principale; la conseguenza di tale regola, per il caso di invalidità
di un contratto di finanziamento,  è
soltanto che al garante, così come al debitore principale, non si può
richiedere l’adempimento di obbligazioni correlate a pattuizioni invalide,
mentre permane intatto, per il mutuatario, l’obbligo della restituzione della
somma ricevuta a prestito, e, quindi, per il fideiussore, l’obbligo, per
accessorietà, di garantire detta obbligazione.

In caso di mutuo di scopo, l’effettiva
attuazione da parte del mutuatario degli obiettivi indicati nella clausola non
appare idonea ad apportare utilità alcuna alla parte mutuante, il cui unico
interesse, giuridicamente apprezzabile, risulta quindi essere quello alla
tempestiva restituzione delle somme erogate, con gli interessi pattuiti. Il che riconduce la fattispecie all’ipotesi della
mera enunciazione dei motivi dell’atto da parte del mutuatario, come tale
certamente inconferente. Ciò conduce ad escludere la
prospettata nullità dei due finanziamenti per inottemperanza dello scopo
pattuito.

Laddove non previsto da una specifica
clausola negoziale, le obbligazioni derivanti rispettivamente dal mutuo e dal
rapporto di conto corrente sono tra loro autonome: infatti, l’obbligo
restitutorio in capo al mutuatario permane immutato sia in caso di impiego
della somma erogatagli per la finalità prospettata, e cioè ad estinzione totale
o parziale del saldo negativo di conto corrente, sia in caso di impiego di essa
per altre finalità; inoltre, l’estinzione totale o parziale del saldo negativo
di conto corrente ha luogo indipendentemente dalla provenienza della provvista,
sia quindi che derivi dal finanziamento in questione, sia che derivi da
conferimento di capitale da parte dei soci o da finanziamento da parte di altri
intermediari.

E’ da escludersi la nullità del mutuo
per indeterminatezza del tasso di finanziamento laddove la determinazione del
tasso di interesse, con riferimento al periodo di variabilità, è realizzata
mediante richiamo a parametri di formazione esterna, di indubbia conoscibilità,
e di non equivoca applicazione.

Principi espressi a seguito dell’impugnazione della sentenza con
la quale il tribunale aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso, a favore
dell’istituto di credito, per il pagamento della somma residua del contratto di
mutuo del quale gli appellanti erano fideiussori. Gli appellanti hanno
argomentato la propria domanda sostenendo la nullità del contratto di mutuo.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 27 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott.ssa Alessia Busato

La mancata conclusione dell’accordo di cessione delle quote di s.r.l. rende privi di causa i trasferimenti patrimoniali eventualmente occorsi, sicché anche quando le trattative non si siano concluse per fatto di colui che ha effettuato i trasferimenti, le somme versate costituiscono un indebito, potendo semmai rilevare la condotta di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1337 c.c.

Principio espresso nel contesto di un’azione di annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 c.c. e di risarcimento dei danni.

(Massima a cura di Giovanni Gitti)




Ordinanza del 24 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini della concessione del sequestro conservativo nei confronti degli ex amministratori della società fallita, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via alternativa, da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) o quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, ovvero da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

In particolare, in ipotesi in cui il patrimonio del resistente risulti incapiente rispetto all’ingente credito fatto valere dal ricorrente, il requisito del periculum in mora deve ritenersi sussistente, quanto meno sotto il profilo oggettivo.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso dal fallimento di una società per azioni avverso l’ordinanza, emessa in contraddittorio tra le parti, che aveva parzialmente modificato il provvedimento di sequestro conservativo concesso, con decreto inaudita altera parte, nei confronti degli ex amministratori della società, poi fallita. In particolare, l’ordinanza veniva reclamata nella parte in cui revocava la misura cautelare concessa nei confronti dell’ex consigliere delegato alla luce del difetto del requisito del periculum in mora.

Più in dettaglio, sotto il profilo del fumus boni iuris, non contestato dal reclamante, l’ordinanza attribuiva rilevanza alla prosecuzione dell’attività sociale a dispetto dell’avvenuta perdita del capitale, occultata mediante l’iscrizione a bilancio di ingenti importi per imposte anticipate in violazione dei principi contabili che disciplinano la materia.

Mentre, con riferimento al periculum in mora, l’ordinanza reclamata aveva disposto la revoca del predetto sequestro nei confronti del reclamato, in considerazione del fatto che il medesimo “è tuttora proprietario di beni immobili e non risulta aver posto in essere alcun atto volto alla dissipazione del patrimonio nel lungo lasso di tempo intercorso tra la dichiarazione di fallimento e il deposito del ricorso introduttivo di questo giudizio”. 

Il fallimento, al riguardo, evidenziava la sussistenza del pericolo da infruttuosità, derivante dalla incapienza patrimoniale del reclamato rispetto all’ingente danno cagionato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 21 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott.ssa Angelica Castellani

Ai fini dell’applicazione del disposto di cui all’art 2409 c.c., non è incompatibile con la presenza di un organo amministrativo collegiale la denuncia di gravi irregolarità mossa nei confronti di una parte soltanto dei componenti di detto organo, posto che la presenza di un consiglio di amministrazione non implica che le decisioni assunte a maggioranza dei suoi membri siano soggettivamente riferibili, quali gravi irregolarità, sempre e comunque a tutti i suoi componenti.

I requisiti richiesti ai fini dell’accoglimento del ricorso ex art 2409 c.c. sono l’attualità delle irregolarità censurate e il potenziale danno per la società. Tale procedimento, infatti, ha natura e finalità latu sensu cautelari, in quanto diretto all’emanazione di provvedimenti, disposti nell’interesse della società ad una corretta amministrazione, che si esauriscono in misure cautelari e provvisorie (conf. Cass. n. 30052/2011 e Cass. n. 6615/2005).

Sotto il primo profilo, le condotte oggetto di denuncia devono essere attuali, non essendo consentita l’adozione di provvedimenti da parte del tribunale laddove i comportamenti censurati abbiano esaurito i loro effetti, posto che il procedimento ex art. 2409 c.c. mira al riassetto amministrativo e non ha finalità immediatamente sanzionatorie (conf. App. Milano, 27.2.1992; App. Cagliari, 13.2.2004.

Sotto il secondo profilo anzidetto, le gravi irregolarità che possono essere denunciate ex art 2409 c.c. devono caratterizzarsi per potenzialità lesiva nei riguardi della società o di una sua controllata ed essere idonee a porre in pericolo il patrimonio sociale o a procurare grave turbamento all’attività sociale. Pertanto, deve ritenersi esclusa l’applicazione del controllo giudiziario a tutte quelle irregolarità informative o puramente formali che, nonostante possano essere gravi, non sono normalmente idonee a produrre effetti negativi immediati e diretti sul patrimonio o sull’attività sociale.

Principi espressi in ipotesi di rigetto di ricorso ex art 2409 c.c. promosso da alcuni soci della società nei confronti di alcuni membri del consiglio di amministrazione asseritamente responsabili di gravi irregolarità nella gestione della società.

(Massime a cura di Giorgio Peli)




Sentenza del 15 gennaio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Permane la causa assicurativa – e pertanto non è nullo per assenza di causa – di un contratto derivato finanziario anche se stipulato non in contestualità con il contratto in cui ha fonte il rischio economico dal quale ci si assicura mediante il derivato medesimo.

Principio espresso nel contesto di un’azione di risoluzione di un contratto derivato finanziario del tipo capped interest swap in relazione ad un contratto di mutuo a tasso variabile indicizzato all’andamento del tasso dell’Euribor.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)