Qualora lo statuto di un’associazione preveda che l’associato possa recedere ad nutum, senza tuttavia derogare espressamente all’art. 24 c.c., si deve ritenere, in base ad un’interpretazione conforme al principio di buona fede di cui all’art. 1366 c.c. e del principio generale secondo cui, nei rapporti di durata a tempo indeterminato, il recesso ad nutum è consentito con un congruo preavviso (cfr. Cass. n. 2629/2024), che trovi applicazione il termine di efficacia del recesso previsto dal secondo comma dell’art. 24 c.c.
Nel caso in cui, nel corso di un’assemblea straordinaria, gli associati abbiano erroneamente ritenuto il recesso di un associato come immediatamente efficace, tale circostanza non è sufficiente a manifestare, in modo chiaro, univoco e con effetti ab origine e definitivi, una volontà derogatoria rispetto al termine di efficacia previsto dall’art. 24, secondo comma, c.c.
La qualificazione del recesso come atto recettizio rileva ai fini del suo perfezionamento, che si verifica con la comunicazione al destinatario, ma non implica necessariamente che i suoi effetti debbano prodursi contestualmente; questi, infatti, possono essere legittimamente differiti a un momento successivo rispetto alla manifestazione di volontà.
Principi espressi nell’ambito di un giudizio di reclamo, dinanzi al Tribunale, volto a ottenere l’integrale riforma dell’ordinanza cautelare con cui il primo Giudice aveva rigettato la richiesta di emissione di un provvedimento inibitorio dell’utilizzo contraffattorio di segni simili o identici ai marchi di titolarità della reclamante, divenuto asseritamente illecito a seguito del recesso di quest’ultima dall’associazione, alla cui sussistenza era subordinato il legittimo utilizzo dei marchi da parte della reclamata.
(Massime a cura di Edoardo Abrami)