Tribunale di Brescia, sentenza del 9 luglio 2025, n. 3004 – revoca amministratore S.r.l. per giusta causa

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Le revoca dell’amministratore di società a responsabilità limitata può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea dei soci, anche in assenza di giusta causa, ma, essendo il rapporto di amministrazione riconducibile quale species a sé stante al genus del mandato, l’amministratore revocato ante tempus senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno, per il principio di cui  all’art. 1725, comma 1°, c.c., salvo espressa pattuizione statutaria o convenzionale in senso contrario (cfr. Cass. n. 4586/2023).

La facoltà di revocare a propria discrezione gli amministratori trova, pertanto, un limite nel presupposto della giusta causa: non, però, nel senso che questa sia condizione di efficacia della deliberazione di revoca, la quale resta in ogni caso ferma e non caducabile (salvi eventuali vizi suoi propri), assumendo, invece, la giusta causa il più limitato ruolo di escludere in radice l’obbligo risarcitorio, altrimenti previsto a carico della società per il fatto stesso del recesso anticipato dal rapporto prima della sua scadenza naturale, come stabilita all’atto della nomina (cfr. Cass. n. 2037/2018).

Deve ritenersi giusta causa di revoca degli amministratori quella circostanza o fatto sopravvenuto, non necessariamente integrante un inadempimento, tale da influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto, ad esempio facendo venir meno l’affidamento riposto dai soci, al momento della nomina, sulle attitudini e sulle capacità dell’amministratore, o, in generale, facendo venir meno il rapporto di fiducia tra soci e amministratore (cfr. Cass. n. 7425/2012).

L’accertamento del venir meno del rapporto fiduciario, quale presupposto della delibera di revoca, è rilevante ai fini di integrare una giusta causa di revoca del mandato solo quando i fatti che abbiano determinato il venir meno dell’affidamento siano oggettivamente valutabili come fatti idonei a mettere in forse la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore. In caso contrario lo scioglimento del rapporto fiduciario deriva da una valutazione soggettiva della maggioranza dell’assemblea che legittima da un lato, il recesso ad nutum, e dall’altro che l’amministratore revocato senza una giusta causa richieda il risarcimento del danno derivatogli dalla revoca del mandato (cfr. Cass. n. 23381/2013).

La ricorrenza di una giusta causa di revoca dell’amministratore, quand’anche riconducibile alla compromissione del pactum fiduciae, deve essere verificata assumendo ad oggetto della valutazione esclusivamente le contestazioni formulate nella delibera, e non fatti ulteriori, tantomeno sopravvenuti.

In tema di revoca dell’amministratore di società di capitali, le ragioni che integrano la giusta causa, ai sensi dell’art. 2383, comma 3°, c.c. devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori. In tale ambito spetta alla società l’onere di dimostrare la sussistenza di una giusta causa di revoca, trattandosi di un fatto costitutivo della facoltà di recedere senza conseguenze risarcitorie (cfr. Cass. n. 2037/2018).

Nella struttura chiusa della S.r.l., a base personalistica, all’amministratore ben può essere assegnato un ruolo esclusivamente operativo, talché la dedotta mancanza di capacità gestorie – suscettibile per l’appunto di essere valutata come giusta causa di revoca – necessariamente deve essere verificata alla luce dei parametri di diligenza e di perizia propri di quell’attività.

Il risarcimento del danno (indennizzo) spetta all’ex amministratore con incarico a tempo determinato ai sensi dell’art. 1725, comma 1°, c.c. a prescindere dal fatto che la delibera di revoca sia stata impugnata o meno, essendo esclusivamente rilevante, ai presenti fini, soltanto la mancanza di una giusta causa di revoca.

Principi espressi nell’ambito di un giudizio, dinanzi al Tribunale, volto ad accertare l’assenza di giusta causa della revoca dell’amministratore di una S.r.l., e a far condannare la società convenuta al risarcimento del danno arrecato all’attore con riferimento alla mancata percezione dei compensi che lo stesso avrebbe percepito quale consigliere nel triennio dell’incarico.

(Massime a cura di Edoardo Abrami)