È legittimo l’esercizio parziale, da parte del socio di una s.r.l., dell’opzione a ricostituire il capitale sociale interamente perso per perdite, vale a dire la sottoscrizione di una porzione di capitale inferiore a quella precedentemente posseduta (previo ripianamento delle perdite in una corrispondente porzione, altrettanto inferiore alla precedente percentuale di partecipazione al capitale). Non può, conseguentemente, trovare accoglimento la tesi secondo cui, in caso di perdita totale del capitale sociale, l’opzione per il ripianamento delle perdite e la ricostituzione del capitale può esercitarsi solamente per l’intera quota anteriormente posseduta.
L’art. 2482 quater c.c. – relativo alla riduzione del capitale per perdite e ai derivanti diritti dei soci – e l’art. 2482 bis c.c. – in tema di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale – tra il resto prevedono che, in caso di riduzione del capitale per perdite, in misura inferiore o superiore ad un terzo, sia esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione. Le fattispecie disciplinate da tali norme implicano, quindi, che si realizzi una mera riduzione del valore del capitale immesso da ciascun socio – che in nessun modo potrebbe essere sopportata in misura differente da quella proporzionale alla quota di capitale da ciascun socio conferita – rivelandosi del tutto inconferenti ove si discuta dell’azzeramento del valore del capitale (e della sua conseguente ricostituzione) e non già della sua riduzione.
Il principio della responsabilità limitata in virtù del quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio si pone in aperto contrasto con la preclusione (illegittima) per il singolo socio di ricostituire il capitale in misura inferiore alla percentuale posseduta anteriormente alla perdita totale del capitale stesso, così obbligandolo a partecipare alla copertura delle perdite in misura pari a quella precedente all’azzeramento. Un tale (errato) assunto implicherebbe, infatti, che il socio debba rispondere delle perdite in misura superiore all’entità del capitale originariamente conferito. Peraltro nessuna norma di legge impone che il socio debba ritrovarsi a scegliere se ripianare le perdite in proporzione alla quota precedentemente posseduta – mantenendo inalterata la misura della propria originaria partecipazione – ovvero perdere la qualità di socio, essendo la possibilità di ricostituire il capitale in misura soltanto parziale conforme al principio di autonomia contrattuale.
Sussiste il periculum in mora idoneo a giustificare la concessione del provvedimento del sequestro giudiziario ex art. 670, co. 1, c.p.c., ogniqualvolta vi sia controversia in ordine alla titolarità della quota. Quest’ultima rende, infatti, opportuno scongiurare il pericolo che – nelle more della proposizione della causa – la quota possa essere alienata a terzi in buona fede, così definitivamente vanificando l’aspettativa della parte che richiede tutela cautelare di vedere salvaguardata la sua qualità di socio. Tale obiettivo viene agevolmente raggiunto affidando ad un soggetto terzo ed estraneo alla lite la custodia della quota.
Princìpi espressi nel procedimento di reclamo avverso l’ordinanza con la quale, in accoglimento di un ricorso ai sensi dell’art. 670 c.p.c., era stato autorizzato il sequestro giudiziario della quota di una s.r.l. L’originario ricorrente – qui parte reclamata – affermava di essere stato illegittimamente pretermesso dalla compagine sociale in conseguenza di una determinazione societaria con la quale non era stata ritenuta validamente esercitata da parte dello stesso la sottoscrizione del capitale in misura parziale ed inferiore rispetto alla partecipazione originariamente detenuta.
(Massime a cura di Giulio Bargnani)