Sentenze del 22 marzo 2018, n. 906 e 21 giugno 2018 – Giudice estensore: dott. Luciano Ambrosoli

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È lecita la clausola contrattuale del contratto di leasing che determina l’interesse di mora per rinvio all’art. 5, primo comma, del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 (che risulta in fatto superflua, in quanto il medesimo tasso troverebbe applicazione anche in mancanza di pattuizione), giacché in nessun caso può reputarsi illecito, per contrarietà alla disciplina in materia di usura o per altra causa, il tasso di interesse fissato in base ai parametri applicabili per legge.

Peraltro, la stessa previsione normativa, ai sensi del d.lgs. n. 231/2002 e del novellato art. 1248 c.c., di criteri di fissazione del tasso di mora che ben possono determinare il superamento della soglia usuraria corrobora l’opinione della generale estraneità dei tassi di mora alla disciplina in materia di usura, dettata esclusivamente per corrispettivi e remunerazioni in genere del finanziamento.

Conformemente a logica e a lettera dell’art. 1815 c.c., l’eventuale nullità della clausola relativa all’interesse di mora non può estendersi all’autonoma e lecita previsione relativa all’interesse corrispettivo, posta la diversa natura degli interessi corrispettivi e di quelli moratori e l’autonomia delle pattuizioni contrattuali relative agli uni e agli altri.

Deve ritenersi infondata in diritto la contestazione di usura sopravvenuta.

(Conforme a Cass. Sez. Unite 19 ottobre 2017, n. 24675).

Il piano di ammortamento costante, c.d. alla francese, previsto nel contratto di leasing, non importa né indeterminatezza del tasso né automatica e surrettizia capitalizzazione di interessi e non è perciò tout court in contrasto con il divieto di anatocismo né con i doveri di trasparenza, trattandosi in fatto di un meccanismo che prevede rate composte da una quota di capitale ed una quota di interessi calcolata sul capitale residuo in modo che, nel progredire dell’ammortamento, la quota capitale cresce progressivamente mentre quella per interessi (calcolata solo sul capitale residuo e non sugli interessi già scaduti) è via via decrescente.

(Conforme a Cass. 22 maggio 2014, n. 11400).

La mancata menzione del TAEG e dell’ISC non determina, in sé, la nullità del contratto di leasing, in quanto, secondo le prescrizioni della Banca d’Italia adottate in attuazione dell’art. 117, ottavo comma, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, detti indicatori non rientrano nel contenuto tipico determinato di tale contratto.

Il criterio dell’indicizzazione compiutamente disciplinato nel documento sottoscritto dalle parti e allegato al contratto di leasing fondato sulle variazioni di un parametro oggettivo (quale, esemplarmente, il tasso Euribor come rilevato e pubblicato su Il Sole 24 Ore) rispetto ad un incide base di riferimento consensualmente definito in una percentuale determinata alla data della stipulazione non importa potestà unilaterale e discrezionale di modifica delle condizioni contrattuali da parte del concedente, risultando dunque conforme alla previsione dell’art. 118 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385.

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda di accertamento dell’illiceità delle condizioni contrattuali praticate da una società di leasing, e di conseguente ripetizione degli importi indebitamente versati, a fronte dell’asserita usurarietà dei tassi di mora dalla stessa praticati in quanto superiori al tasso di soglia usurario determinato all’epoca della stipulazione del contratto, nonché dell’asserita illegittima previsione di piano di ammortamento c.d. alla francese.

Sent. 22.3.2018, n. 906

Sent. 21.6.2018

(Massima a cura di Marika Lombardi)