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Tribunale di Brescia, sentenza del 21 marzo 2023, n. 642 – contratto di leasing, usurarietà del tasso di interesse, scostamento tra tasso di leasing e tasso praticato, interessi moratori

In tema di contratti di leasing, l’interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati, ciò perché l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva. In particolare, nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale si dovrà avere riguardo al tasso-soglia applicabile al momento dell’accordo, mentre, ove i presupposti della mora, la valutazione di usurarietà riguarderà l’interesse concretamente praticato dopo l’inadempimento.

Pertanto, ove il contratto di leasing immobiliare sia in essere alla data di introduzione del giudizio, l’interesse giuridicamente apprezzabile della società utilizzatrice ad agire per ottenere la – eventuale – declaratoria di nullità (per usurarietà) della pattuizione relativa agli interessi moratori, consiste nell’evitarne l’applicazione nell’ipotesi di un proprio – futuro ed eventuale – inadempimento.

L’eventuale (lieve) difformità tra il tasso di leasing contrattualmente indicato e il tasso di leasing effettivamente applicato potendo dipendere da diverse variabili (ive incluse, il pagamento in via eventualmente anticipata anziché posticipata degli interessi, la rateazione dell’obbligo di restituzione) non significa che vi sia stata applicazione di un tasso di interesse difforme dal tasso annuo nominale, né tantomeno viene in rilievo un fenomeno di anatocismo. Pertanto, dalla dedotta difformità non potrebbe mai derivare la nullità parziale del contratto ai sensi dell’articolo 117 t.u.b. con conseguente applicazione del tasso legale sostitutivo (sia esso quello previsto dall’articolo 117, comma settimo, t.u.b. per il caso di inosservanza dei commi quarto e sesto ovvero quello previsto dall’art. 1284 c.c.), né la necessaria prevalenza del primo tasso (indicato) sul secondo (concretamente applicato), risultando perciò escluso il diritto dell’utilizzatore di ripetere gli importi (in ipotesi) versati in eccedenza. Potrebbe se del caso ravvisarsi (in caso di significativa difformità) responsabilità civile per inadempimento dell’obbligazione di trasparenza, ove l’utilizzatore alleghi e provi, che qualora il tasso di leasing fosse stato correttamente rappresentato non avrebbe stipulato il contratto o lo avrebbe stipulato altrove a più favorevoli condizioni.

La pattuizione di interessi moratori in misura usuraria ha natura autonoma e, pertanto, l’eventuale nullità della stessa non si estenda a quella relativa agli interessi corrispettivi, qualora leciti.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso da una società, utilizzatrice, nei confronti di società di leasing finalizzato a far accertare l’usuriarietà della pattuizione relativa agli interessi e/o la nullità della relativa pattuizione per indeterminatezza del tasso contrattuale.

Nella vicenda oggetto del giudizio, in particolare, la società aveva stipulato un contratto di leasing avente ad oggetto l’acquisto di un immobile in relazione al quale, secondo la ricostruzione dell’attore, le previsioni contrattuali relative agli interessi risultavano viziate per: (i) applicazione di un “Tasso Leasing applicato” (TAE) superiore al “Tasso Leasing contrattuale” (TAN); (ii) usurarietà del tasso stabilito per gli interessi moratori; e (iii) indeterminatezza del tasso contrattuale.

A tal fine, la società richiedeva, inter alia, l’accertamento: (i) in via principale, della nullità del contratto di leasing, con condanna della società convenuta alla restituzione, in favore della società, di tutte le somme pagate che non siano imputabili al solo capitale finanziato; (ii) in via subordinata, della nullità della pattuizione relativa agli interessi corrispettivi, ex art. 117, comma sesto, t.u.b., quale conseguenza dell’indicazione di un TAN inferiore TAE, con conseguente rideterminazione del piano di ammortamento mediante applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117, comma settimo, lett. a), t.u.b.; e (iii) in ulteriore subordine, della nullità per usurarietà della pattuizione relativa agli interessi moratori, con conseguente gratuità del contratto ex art. 1815 c.c. e condanna della società concedente alla restituzione di tutto quanto indebitamente percepito a titolo di interessi.

Il Tribunale ha rigettato le domande proposte dalla parte attrice nei confronti della società di leasing e, per pertanto, ha condannato la società al pagamento delle spese di lite.

(Massime a cura di Giorgio Peli)




Sentenza del 4 maggio 2021, n. 1220 – Giudice designato: Dott. Raffaele Del Porto

Secondo la sentenza delle Sezioni Unite n.19597/2020, anche gli
interessi moratori possono avere natura usuraria e, tuttavia, l’autonomia della
relativa pattuizione fa sì che l’eventuale nullità della stessa non si estenda
a quella relativa agli interessi corrispettivi, qualora pattuiti in misura
lecita.

Secondo la medesima sentenza delle Sezioni Unite n. 19597/2020,
sussiste l’interesse dell’utilizzatore ad agire, anche in caso di svolgimento
regolare del rapporto in corso, per vedere accertata la nullità di una clausola
sugli interessi moratori “perché (cfr., fra le altre, Cass., 31 luglio 2015, n.
16262) l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica
necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente
uno stato di incertezza oggettiva”.

La previsione di risoluzione anticipata del
contratto di leasing è da ricondurre alla disciplina della clausola
penale, con la conseguenza che il rimedio applicabile nel caso di manifesta
eccessività della penale pattuita non è quello della gratuità del contratto di
cui all’art. 1815 c.c., bensì quello della reductio ad aequitatem della
penale eccessiva contemplato dall’art 1384 c.c.  

In caso di scostamento tra il tasso di leasing indicato e
quello concretamente applicato, laddove gli interessi concretamente corrisposti
dalla società utilizzatrice siano addirittura inferiori a quelli ricavabili in
base al piano di ammortamento sulla base del tasso contrattuale, è da
escludersi la indeterminatezza del tasso pattuito (in presenza di uno
scostamento non significativo, ed anzi irrisorio) e la sussistenza di un
diritto alla restituzione degli importi pagati in eccedenza (nel caso di
specie, insussistenti).

La difformità tra il tasso di leasing ed il tasso
effettivamente praticato può dipendere da diverse variabili: anche se detta
difformità si risolve a vantaggio della banca, con un suo arricchimento di
fatto, ciò non significa che vi sia stata applicazione di un tasso di interesse
difforme dal tasso annuo nominale (né tantomeno viene in rilievo un fenomeno di
anatocismo). Lo scostamento (di lieve entità) rilevato tra il tasso leasing
indicato rispetto a quello effettivamente applicato assume pertanto natura
fisiologica, poiché il primo si esprime su base annua indipendentemente dalla
periodicità dei pagamenti previsti.

Dalla difformità tra il tasso di leasing ed il tasso
effettivamente praticato non potrebbe mai derivare la nullità parziale del
contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, ma potrebbe, se del caso,
ravvisarsi (in ipotesi di significativa difformità) responsabilità civile per
inadempimento dell’obbligazione di trasparenza, ove l’utilizzatore alleghi e
provi, ad esempio, che, qualora il tasso leasing fosse stato
correttamente rappresentato, egli non avrebbe stipulato il contratto o lo
avrebbe stipulato altrove a più favorevoli condizioni.

Non sussiste violazione delle norme in materia di trasparenza
laddove il contratto di leasing evidenzi, in modo sufficientemente
chiaro, le condizioni economiche applicate al finanziamento, quali ad esempio:
la durata dell’operazione, il corrispettivo globale della locazione
finanziaria, il numero e l’ammontare dei canoni, la periodicità e la
decorrenza, il prezzo per l’eventuale acquisto alla scadenza del contratto, il
parametro di indicizzazione, il tasso degli interessi di mora, il tasso interno
di attualizzazione e le singole spese.

Principi espressi all’esito del giudizio promosso da una società a
responsabilità limitata che chiedeva accertarsi l’usurarietà del tasso di
interesse in relazione a due contratti di
leasing,
il primo mobiliare ed il secondo immobiliare, e di conseguenza dichiararsi la
gratuità dei contratti in questione, con restituzione delle somme non dovute, o
in subordine la rideterminazione dei tassi di interesse e la restituzione di
quanto indebitamente incassato dalla società di
leasing.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 27 giugno 2018 – Presidente: Dott. Giuseppe Magnoli – Consigliere relatore: Dott.ssa Vittoria Gabriele

L’annotazione in conto di una posta di interessi illegittimamente
addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito  di quest’ultimo, o una riduzione del credito
di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel
senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria nei termini sopra
indicati in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà
agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa,
ma non potrà agire per la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da
parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione,
potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di
credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la
restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi
interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente
all’atto della chiusura del conto (in termini Cass. n. 798/2013 e
Cass., S.U., n. 2448/2010).

Pertanto, a conto aperto, ovvero in presenza di un
saldo negativo di conto corrente chiuso, la pretesa restitutoria del
correntista può trovare accoglimento soltanto ove lo stesso indichi di quali rimesse chiede la restituzione ed
in relazione a quali presupposti alle stesse dovrebbe essere attribuita natura
solutoria e non ripristinatoria, in relazione ad un conto corrente su cui è
incontestato abbiano operato delle aperture di credito.

La decisione è stata resa a seguito del giudizio di appello promosso
da una società in nome collettivo avverso la sentenza del Tribunale che aveva
rigettato la domanda volta a far dichiarare l’illegittimità delle poste passive
a favore dell’istituto di credito, nonché l’usurarietà del tasso di interesse,
con conseguente condanna dell’istituto medesimo alla restituzione delle somme
indebitamente addebitate o riscosse.

(Massima a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 30 maggio 2018 – Presidente: Dott. Giuseppe Magnoli – Consigliere relatore: Dott. Giuseppe Magnoli

Ancorché eventualmente ricompresa nel
medesimo articolo del contratto, la clausola di determinazione dell’interesse
moratorio è autonoma e ben distinta da quella di determinazione dell’interesse
corrispettivo. Di conseguenza, l’eventuale invalidità
della clausola relativa al tasso moratorio non si estende a quella relativa
all’interesse corrispettivo, che resta
valida e pienamente efficace anche nel caso in cui la prima risulti nulla
perché usuraria.

Se il tasso
soglia viene superato dall’interesse moratorio ma non anche da quello
corrispettivo, la pattuizione del primo è nulla ma non quella del secondo; non
è infatti possibile mescolare i piani, quello dell’interesse corrispettivo, che
è dovuto sempre, con quello dell’interesse moratorio, che è dovuto solo in caso
di ritardo nel rimborso, e quindi in caso di inadempimento.

Per chiara disposizione di legge (art.1224 cpv. cc), di regola il
tasso mora si sostituisce e non si aggiunge al tasso corrispettivo pattuito,
ciò potendosi verificare soltanto in caso di espressa pattuizione convenzionale
in tal senso.

Nei
c.d. mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura
composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità
di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad
oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la
corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente
distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che nella rata esse
concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in via
differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la natura né ad
eliminarne l’autonomia (Cassazione n. 11400/2014).

Secondo l’art.3 della delibera CICR del 9 febbraio 2000,
l’anatocismo realizzato in conseguenza dell’inadempimento nel versamento del
rateo di ammortamento è da ritenersi pienamente legittimo ed efficace ove
sussista pattuizione al riguardo nel contratto di mutuo e quest’ultimo sia
stato stipulato nel vigore della delibera medesima.

La decisione è stata resa a seguito dell’impugnazione, ad opera
dei fideiussori del mutuatario, della sentenza del Tribunale che aveva
confermato il decreto ingiuntivo emesso a loro carico e a favore dell’istituto
di credito mutuante; gli appellanti chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo
opposto, previo accertamento della nullità/invalidità/inefficacia, totale o
parziale, del contratto di mutuo per usurarietà del tasso di interesse.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)