Sentenza del 24 giugno 2019 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Relatore: dott.ssa Alessia Busato

In assenza di limitazioni convenzionali, il soggetto che sia stato amministratore ovvero dipendente di una società può ben intraprendere un’attività lavorativa nel medesimo settore nel quale operava quale amministratore ovvero dipendente, così da non veder azzerata la professionalità acquisita e senza che ciò costituisca violazione del divieto di concorrenza.

Non può ritenersi contrario a correttezza il fatto che il soggetto già amministratore ovvero dipendente intrattenga rapporti commerciali con un cliente della società nel quale operava quale amministratore ovvero dipendente, qualora non vi sia la prova che tali rapporti siano conseguenza di un diverso comportamento scorretto (derivante ad esempio dall’acquisizione di notizie riservate, da attività denigratoria o altro).

L’acquisizione di un numero irrisorio di clienti parametrato al totale di quelli della società asseritamente svantaggiata non può qualificarsi quale sviamento della clientela, specialmente in assenza di qualsivoglia comportamento idoneo a svantaggiare l’impresa altrui.

Principi espressi in una vertenza in materia di atti di concorrenza sleale ex art. 2598 co. 3 c.c. nella quale, secondo parte attrice, i convenuti avrebbero perpetrato a danno della stessa una serie di atti incompatibili con la precedente carica di amministratore della società attrice e con la successiva qualità di amministratore unico e socio di altra società concorrente. Il difetto di allegazione probatoria e l’assenza di un qualunque danno causalmente imputabile ai convenuti, hanno indotto la corte a decidere nel senso di rigettare tutte le domande attoree.

(Massima a cura di Demetrio Maltese)




Ordinanza del 13 maggio 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

Concorre nell’inadempimento dell’obbligo di segretezza contrattualmente assunto la società che utilizzi impropriamente materiale nel possesso di altra ove vi sia coincidenza fisica tra i componenti del consiglio di amministrazione di quest’ultima e i collaboratori dell’altra. Il comprovato utilizzo del materiale e la coincidenza soggettiva fanno infatti presumere la cessione di materiale da parte di una nei confronti dell’altra.

L’uso di cataloghi pubblicitari, codici alfanumerici e, all’interno degli stampati, di fotografie che ritraggono lo stabilimento e i dipendenti di altra società, costituiscono atti di concorrenza sleale per confusorietà ex art. 2598, n. 1. c.c.

L’utilizzo della reference list di altra società costituisce atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi ex art. 2598, n. 2, c.c.

Ai fini della tutela prevista all’art. 98 c.p.i., gli specifici requisiti indicati nella disposizione medesima devono essere integralmente allegati e provati, sicché anche l’assenza di uno solo di essi impedisce di sussumere i relativi fatti nell’alveo normativo del codice della proprietà industriale.

Inoltre, il richiamo al requisito della segretezza, interpretato alla luce dei riferimenti contenuti nelle lettere a), b), c), va inteso come attinente in primo luogo alla novità delle informazioni.

La perdita di clientela, rappresentando il tipico effetto dannoso dell’attività illecita, integra gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile; l’irreparabilità del danno deriva dall’obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato eventualmente perduta e dall’impossibilità di addivenire nel futuro giudizio di merito ad una esatta quantificazione del pregiudizio patrimoniale arrecato all’immagine e agli interessi della società pregiudicata.

La dichiarazione di volontà della società di stipulare un accordo di impegno, in assenza di impegno effettivo, quale, esemplarmente, la volontaria soggezione a penali concordate con la controparte, non vale ad escludere il pericolo di una successiva reiterazione di condotte illecite.

(Conforme a Trib. di Milano, 18 aprile 2011).

Principi applicati in ipotesi di accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto di un ricorso, ex art. 700 c.p.c. e 2598 c.c., volto ad ottenere: l’inibitoria dell’utilizzo di materiale della società ricorrente da parte di altre concorrenti; l’inibitoria della commercializzazione e della pubblicizzazione di prodotti aventi le medesime caratteristiche di quelli della ricorrente; la distruzione del materiale promozionale, utilizzato dalle resistenti, frutto di riproduzione di quello della ricorrente; la previsione di una penale per ogni giorno di ritardo e per la violazione dell’inibitoria; e, infine, la pubblicazione dell’ordinanza sui quotidiani nazionali ed esteri, nonché sul sito delle società resistenti.

Ord. 13.5.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)