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Ordinanza del 9 ottobre 2018 – Giudice istruttore: dott. Lorenzo Lentini

In caso di ricorso in corso di causa per sequestro giudiziario della quota di una s.r.l. (nel caso concreto il 50% di essa), ceduta in violazione della clausola statutaria di prelazione, può ravvisarsi l’esistenza del requisito del fumus boni iuris laddove nel giudizio di merito pendente venga domandato l’accertamento della nullità o, in subordine, dell’inefficacia della cessione ed il trasferimento della quota a favore dell’istante ai sensi dell’art. 2932 c.c.

Alle clausole di prelazione previste negli statuti di società di capitali può essere attribuita efficacia reale sicché, in caso di violazione, le stesse sono opponibili anche al terzo acquirente, il quale ben può conoscerne l’esistenza mediante l’esame dello statuto (conf. Cass. n. 12797/2012). Pertanto al socio pretermesso può essere riconosciuto il diritto di riscatto onde assicurare la piena effettività della tutela giudiziaria; diversamente, qualora gli venisse accordato unicamente il rimedio risarcitorio, sarebbe posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato in caso di violazione della prelazione c.d. convenzionale con effetti meramente obbligatori.

In caso di decesso del socio pretermesso, il diritto di prelazione può essere esercitato dai suoi eredi, ancorché lo statuto preveda la facoltà dei soci superstiti di continuare l’attività d’impresa con gli eredi o di liquidare a questi la quota del socio defunto.

Il periculum in mora è integrato dalla necessità di provvedere, nelle more del giudizio di cognizione, alla custodia dei beni di cui è controversa la proprietà, impedendo il compimento di atti di alienazione o comunque idonei a pregiudicare i diritti vantati dai ricorrenti.

In un contesto altamente conflittuale può essere opportuna la nomina di un custode giudiziale della partecipazione societaria contesa, allo scopo di assicurare una gestione della stessa idonea a preservarne il valore mediante un prudente esercizio dei diritti, amministrativi e patrimoniali, da essa scaturenti.

Principi espressi in accoglimento del ricorso, proposto in corso di causa, per sequestro giudiziario di una quota di s.r.l. (nel caso concreto il 50% di essa) ceduta in violazione di una clausola statutaria di prelazione. Gli eredi del socio pretermesso promuovevano un giudizio nei confronti della società partecipata e degli altri due soci superstiti, chiedendo l’accertamento della nullità o, in subordine, dell’inefficacia della cessione intercorsa fra questi ultimi, e domandando, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento a loro favore della metà della quota ceduta, atteso che anche l’acquirente era socio della medesima società e titolare del diritto di prelazione; in subordine rispetto a tale ultima domanda, chiedevano il risarcimento del danno.

Ord. 9.10.2018

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Ordinanza del 17 ottobre 2017 – Giudice estensore: dott.ssa Vincenza Agnese

La fattispecie di cui all’art. 98 c.p.i. è connotata dalla presenza di specifici requisiti che devono essere tutti allegati e provati dalla parte che invoca la relativa tutela, sicché anche l’assenza di uno solo di essi impedisce di sussumere i relativi fatti nell’alveo normativo del codice della proprietà industriale.

Costituisce atto di concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1 e 2, c.c. la realizzazione di dispositivi meccanici sulla base di disegni e progetti, ancorché non coperti da brevetto, identici a quelli utilizzati per realizzare i medesimi dispositivi del concorrente.

Nell’ambito di un procedimento cautelare, quanto al periculum, stante la natura dei diritti violati, la pericolosità del ritardo deve essere considerata insita nelle conseguenze irreversibili che gli atti di concorrenza sleale possono produrre sul mercato nel tempo necessario a far valere il diritto in via ordinaria. A tale riguardo, la perdita di clientela, rappresentando il tipico effetto dannoso dell’attività concorrenziale illecita, integra gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile.

Principio espresso in sede cautelare, a seguito di ricorso proposto in corso di causa, con il quale veniva invocata la tutela di cui agli artt. 98 e 99 c.p.i. e quella di cui agli artt. 2598 e ss. c.c. Escluso il fumus della violazione dell’art. 98 c.p.i., per la ritenuta insussistenza, ad un esame sommario, del requisito della novità delle informazioni segrete oggetto di causa, è stato invece ritenuto sussistente il fumus della concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598, nn. 1 e 2, c.c., avendo la resistente commissionato ad una società di lavorazioni meccaniche la produzione di mandrini sulla base di un disegno identico a quello utilizzato per realizzare i medesimi prodotti abitualmente commissionati dalle ricorrenti. È stato inoltre reputato sussistente il requisito del periculum in mora, rappresentato dal rischio di perdita di clientela che avrebbe potuto conseguire all’attività concorrenziale illecita, integrante gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile.

Ord. 17.10.2017

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Sentenza del 16 maggio 2017 – Giudice estensore: dott. Stefano Franchioni

Nel caso in cui il fallimento di un consorzio agisca per ottenere la condanna dei consorziati, enti pubblici, al pagamento di una somma a titolo di ripianamento delle perdite subite e ad essi imputabili, nonché a titolo di ristoro delle spese sostenute per loro conto e dei danni sofferti, non trova fondamento l’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quella del giudice amministrativo, poiché si tratta di una controversia avente ad oggetto posizioni di diritto soggettivo derivanti da ragioni di credito, che, dunque, non rientra tra quelle concernenti la formazione, conclusione ed esecuzione di un accordo tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della l. 241/1990.

Nel caso in cui il fallimento di un consorzio faccia valere in giudizio un diritto già ricompreso nel patrimonio del fallito, la clausola compromissoria contenuta nello statuto dell’ente fallito, che demanda ad un arbitro la definizione delle controversie tra consorziati e tra questi ed il consorzio, è ad esso opponibile, anche alla luce del principio generale secondo il quale dal fallimento dell’ente non consegue l’estinzione dello stesso (arg. ex art. 118 l. fall.).

Principi espressi in ipotesi di accoglimento dell’eccezione di incompetenza del giudice ordinario in relazione ad una domanda proposta dal fallimento di un consorzio avente ad oggetto il ripianamento, da parte dei consorziati (enti pubblici), delle perdite subite e ad essi imputabili, nonché il ristoro delle spese sostenute per loro conto e dei danni sofferti, alla luce della clausola compromissoria prevista nello statuto del consorzio. Il Tribunale ha ritenuto opponibile al fallimento detta clausola, posto che il curatore, nell’esercitare diritti del fallito già ricompresi nel suo patrimonio alla data del fallimento, ne deve sopportare i relativi limiti, tra i quali rientra, a pieno titolo, l’operatività della clausola compromissoria.

Sent. 16.5.2017

(Massima a cura di Roberta Benedini)