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Ordinanza dell’8 gennaio 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

In tema di sequestro
conservativo, il requisito del periculum in mora
può essere integrato, in via anche alternativa, sia da elementi oggettivi,
riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo
qualitativo (ad esempio la liquidità dei beni ivi inclusi) e quantitativo, in
rapporto all’entità del credito fatto valere, sia da elementi soggettivi,
connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con
modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del
patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

I principi sono stati espressi
nel giudizio volto ad ottenere la concessione del sequestro conservativo nei
confronti dei sindaci di una s.p.a. per l’asserita responsabilità concorrente
di costoro in relazione a condotte omissive poste in essere dall’amministratore
unico della predetta società, conseguenti al mancato versamento di imposte e
contributi previdenziali.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 24 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini della concessione del sequestro conservativo nei confronti degli ex amministratori della società fallita, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via alternativa, da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) o quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, ovvero da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

In particolare, in ipotesi in cui il patrimonio del resistente risulti incapiente rispetto all’ingente credito fatto valere dal ricorrente, il requisito del periculum in mora deve ritenersi sussistente, quanto meno sotto il profilo oggettivo.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso dal fallimento di una società per azioni avverso l’ordinanza, emessa in contraddittorio tra le parti, che aveva parzialmente modificato il provvedimento di sequestro conservativo concesso, con decreto inaudita altera parte, nei confronti degli ex amministratori della società, poi fallita. In particolare, l’ordinanza veniva reclamata nella parte in cui revocava la misura cautelare concessa nei confronti dell’ex consigliere delegato alla luce del difetto del requisito del periculum in mora.

Più in dettaglio, sotto il profilo del fumus boni iuris, non contestato dal reclamante, l’ordinanza attribuiva rilevanza alla prosecuzione dell’attività sociale a dispetto dell’avvenuta perdita del capitale, occultata mediante l’iscrizione a bilancio di ingenti importi per imposte anticipate in violazione dei principi contabili che disciplinano la materia.

Mentre, con riferimento al periculum in mora, l’ordinanza reclamata aveva disposto la revoca del predetto sequestro nei confronti del reclamato, in considerazione del fatto che il medesimo “è tuttora proprietario di beni immobili e non risulta aver posto in essere alcun atto volto alla dissipazione del patrimonio nel lungo lasso di tempo intercorso tra la dichiarazione di fallimento e il deposito del ricorso introduttivo di questo giudizio”. 

Il fallimento, al riguardo, evidenziava la sussistenza del pericolo da infruttuosità, derivante dalla incapienza patrimoniale del reclamato rispetto all’ingente danno cagionato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 1° marzo 2019, n. 225 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

Di regola il trasferimento di risorse dalla capogruppo a favore di società controllate, sottoposte a comune attività di direzione e coordinamento, non determina di per sé un depauperamento patrimoniale a danno della capogruppo, laddove il conseguente incremento di valore delle partecipate trovi adeguata rappresentazione nel bilancio della controllante. A differenza, dunque, dei trasferimenti di risorse “verso l’alto”, ossia dalle controllate in favore della capogruppo, laddove i rischi di sottrazione di valore e di distrazione patrimoniale sono insiti nella natura dell’operazione e richiedono perciò la configurazione di vantaggi compensativi, nel caso opposto l’apporto finanziario a sostegno delle società del gruppo, a prescindere dalla veste in concreto assunta (versamento in conto capitale ovvero copertura di perdite), in assenza di profili di anormalità non può essere sindacato ex post e riqualificato.

In tema di sequestro conservativo (richiesto ante causam) a fronte dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., qualora le operazioni contestate (agli amministratori) siano caratterizzate dal conflitto di interessi e siano altresì qualificabili come “operazioni personali”, in quanto aventi per oggetto (e per effetto) quello di mettere a disposizione dei soci e amministratori (o comunque di soggetti a loro correlati in quanto familiari o titolari di cariche all’interno di società del gruppo) beni aziendali per finalità personali, l’onere di provare la congruità delle operazioni incombe sugli amministratori, stante una presunzione semplice di iniquità delle condizioni praticate, derivante dalle predette circostanze.

Ai fini della concessione del sequestro conservativo ante causam, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via anche alternativa, sia da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) e quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, sia da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

I principi sono stati espressi nei giudizi di reclamo (poi riuniti) promossi dagli amministratori (e soci) di una società per azioni, poi fallita, avverso l’ordinanza pronunciata ante causam, strumentale all’avvio dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., che aveva concesso il sequestro conservativo di tutti i beni ed i crediti di cui questi erano titolari. 

Sotto il profilo del fumus boni iuris, l’ordinanza attribuiva rilevanza alle seguenti contestazioni: (i) l’erogazione di finanziamenti da parte della capogruppo in favore di società controllate, seguiti dalla rinuncia alla restituzione delle somme finanziate; (ii) l’omessa riscossione dei canoni di locazione dell’immobile locato ad alcuni dei reclamanti e a persone legate all’altro amministratore da rapporti di parentela, stante il conflitto di interessi ravvisabile in capo agli amministratori/reclamanti; (iii) la prosecuzione dell’attività a dispetto dell’avvenuta perdita del capitale sociale, occultata mediante l’inserimento a bilancio di poste contabili attive fittizie o comunque erronee.

Sotto il profilo del periculum in mora, l’ordinanza cautelare risultava motivata, sul piano oggettivo, dal carattere ingente dei danni cagionati dagli amministratori alla società e ai creditori e dalla consistenza qualitativa dei loro patrimoni, peraltro sproporzionati rispetto all’importo dei presumibili danni sino alla concorrenza del quale la misura cautelare veniva concessa, e, sul piano soggettivo, dall’atteggiamento dei resistenti, orientato al perseguimento di interessi personali a discapito di quelli societari.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 30 ottobre 2018 – Giudice designato: dott. Raffaele Del Porto

In tema di sequestro conservativo, deve ritenersi sussistente il requisito del fumus boni iuris laddove l’amministratore “di diritto” di una società a responsabilità limitata (poi fallita) abbia ceduto, dopo la perdita del capitale sociale e la cessazione, di fatto, dell’attività d’impresa, un ramo d’azienda, con trasferimento all’acquirente della parte più significativa dell’attivo sociale, a fronte di un corrispettivo “irrisorio”, senza acquisire, al contempo, adeguate garanzie quanto all’effettivo pagamento dei debiti inerenti il ramo d’azienda ceduto. In tal caso il danno può essere quantificato in misura pari all’ammontare di tali debiti non pagati dall’acquirente ed ammessi al passivo del fallimento dell’alienante.

La mera partecipazione di un soggetto alla stipula di un atto, in ipotesi, alla cessione di un ramo d’azienda, non può, per il suo carattere isolato, costituire prova idonea di quella condotta reiterata che, per giurisprudenza costante, è necessaria per la configurabilità del ruolo di amministratore di fatto.

(Conforme a Cass. n. 4045/2016).

Ai fini della concessione del sequestro conservativo, il fumus della responsabilità dell’amministratore “di fatto” di società di capitali non può essere ricavato da generiche allegazioni della curatela relative a violazioni di carattere formale (quale, esemplarmente, l’omessa tenuta di contabilità adeguata), qualora non siano dedotte eventuali conseguenze lesive, legate alle prime da idoneo nesso causale.

Il requisito del periculum in mora può essere desunto anche da elementi oggettivi, rappresentati dall’elevata entità del credito vantato dal ricorrente in rapporto alla consistenza patrimoniale del debitore, nella specie neppure conoscibile sulla base di informazioni attendibili.

 Principi espressi in ipotesi di parziale riforma del provvedimento, concesso inaudita altera parte, che aveva autorizzato il sequestro conservativo nei confronti dell’amministratore “di diritto” e dell’amministratore “di fatto” di s.r.l. fallita, a fronte dell’accertamento della responsabilità risarcitoria di questi ultimi per il danno patito dalla società (poi fallita), causalmente collegato alla (specifica) condotta negligente consistente nell’aver ceduto un ramo d’azienda, con trasferimento all’acquirente della parte più significativa dell’attivo sociale, senza aver acquisito adeguate garanzie quanto all’effettivo pagamento dei debiti inerenti il ramo d’azienda ceduto.

Nella specie, il decreto concesso inaudita altera parte è stato riformato, nella parte in cui aveva autorizzato il sequestro conservativo ai danni dell’amministratore “di diritto”, limitatamente all’importo fino a concorrenza del quale tale misura cautelare è stata concessa, mentre è stato revocato nella parte in cui aveva autorizzato il sequestro conservativo ai danni dell’amministratore “di fatto”.

Ord. 30.10.2018

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 30 ottobre 2018 – Giudice designato: Dott. Davide Scaffidi

In tema di responsabilità dei componenti degli organi sociali per l’aggravamento del dissesto patrimoniale, costituiscono elementi rilevanti ai fini della qualificazione della natura dissipativa degli atti di disposizione: il titolo di erogazione a fondo perduto, l’atto abdicativo di rinuncia al credito, il titolo di cessione del credito in assenza di corrispettivo o di finanziamento infruttifero con scarsa probabilità di recupero del capitale e in assenza di richieste di restituzione. In ipotesi in cui tali atti siano disposti in favore di società asseritamente controllate o collegate, per esimersi da responsabilità, i componenti degli organi sociali devono dare prova dell’esistenza di specifici vantaggi compensativi in favore dei creditori sociali idonei a neutralizzare gli svantaggi immediati ad essi procurati.

Principi espressi in ipotesi di parziale accoglimento della domanda cautelare di sequestro conservativo promossa dal curatore di una s.r.l. ai danni degli amministratori e dei sindaci della società, poi fallita, a fronte dell’accertamento della responsabilità risarcitoria dei medesimi in conseguenza di atti di natura distrattiva.

Più precisamente, la curatela contestava ai resistenti le seguenti condotte:

i) aver omesso di adottare i provvedimenti di legge allorché la situazione contabile manifestava un patrimonio netto negativo o comunque aver omesso di rilevare la causa di scioglimento della società per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;

ii) aver erogato indebitamente, anche a seguito dell’emersione dell’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, finanziamenti a fondo perduto e prestiti con scarsa probabilità di recupero del capitale, senza peraltro che vi fosse stata alcuna richiesta di restituzione, nonché aver ceduto gratuitamente crediti in favore di altre società facenti parte del medesimo gruppo con disposizioni estranee all’oggetto sociale, operazioni disposte in una situazione di conflitto di interessi (stante la identica composizione soggettiva dell’organo gestorio o comunque la presenza tra essi di stretti rapporti di parentela);

iii) aver sostenuto costi il cui onere doveva essere sopportato da soggetti diversi dalla società fallita.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 20 luglio 2018 – Presidente relatore: dott. Raffaele Del Porto

Nell’ambito del procedimento di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedimento che ha autorizzato il sequestro conservativo nei confronti degli amministratori di una società fallita, ai quali siano stati addebitati, fra l’altro, la mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e l’illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa in un’ottica non meramente conservativa, è precluso l’espletamento di una consulenza tecnica diretta a ricostruire l’effettivo aggravio nel corso degli esercizi sociali del deficit causato da siffatti comportamenti, trattandosi di mezzo istruttorio che, per la sua complessità, risulta incompatibile con la natura sommaria di tale procedimento.

In tema di sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere l’intento di porre in essere, al fine di sottrarsi all’adempimento, atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio.

(Conforme a Cass. nn. 6460/1996; 2139/1998; 2081/2002).

Principi espressi in ipotesi di parziale riforma, in sede di reclamo, del provvedimento, concesso ante causam, con il quale era stato autorizzato il sequestro conservativo in danno degli amministratori di una s.r.l. fallita, a fronte del fumus della loro responsabilità per atti di “mala gestio” posti in essere a danno della società gestita, consistenti nella mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e nella prosecuzione illegittima dell’attività di impresa per finalità non conservative.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)

Ord. 20.7.2018




Ordinanza del 13 luglio 2018 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

In tema di sequestro conservativo, deve ritenersi sussistente il requisito del fumus boni iuris laddove l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, poi fallita, abbia omesso di accertare, sulla base delle risultanze del bilancio di esercizio, l’avvenuta verificazione della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4), c.c. e di assumere i provvedimenti di cui all’art. 2482-ter c.c.

Ai fini della concessione della misura cautelare del sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via anche alternativa, sia da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) e quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, sia da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

In particolare, sotto il profilo del periculum c.d. soggettivo, assume rilievo la mancata tenuta delle scritture contabili, la quale costituisce una circostanza sintomatica di un atteggiamento di trascuratezza e disinteresse verso le sorti della società, dalla quale non è ragionevole desumere alcuna prognosi favorevole circa la spontanea salvaguardia della garanzia patrimoniale generica dovuta ai creditori (conf. Trib. Milano 28.05.2017).

Sotto il profilo del periculum c.d.  oggettivo, può assumere rilevanza l’esistenza di controversie in materia successoria idonee a compromettere l’integrità del patrimonio delle parti.

 Nell’ambito dei giudizi di responsabilità degli amministratori di società fallite ex art. 146 l. fall. il criterio di quantificazione del danno più adeguato è quello dei c.d. “netti patrimoniali”, il quale consente di apprezzare l’effettivo contributo del soggetto, anche sul piano causale, alla verificazione del pregiudizio concretamente ascrivibile alla condotta lamentata, che nel caso di specie è rappresentata dalla illegittima prosecuzione dell’attività sociale.

I principi sono stati espressi nei giudizi di reclamo promossi dall’amministratore unico e dagli amministratori “di fatto” di una società a responsabilità limitata, poi fallita, avverso l’ordinanza che aveva concesso il sequestro conservativo ai danni dei medesimi, pronunciata nell’ambito di un’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. 

Al riguardo, i reclamanti contestavano la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, nonché il criterio di quantificazione del danno, concludendo per la revoca del provvedimento cautelare.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 27 aprile 2017 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Ad escludere i presupposti cautelari, nell’ambito di un sequestro conservativo, non può rilevare la circostanza per cui gli altri coobbligati solidali sarebbero “ampiamente solvibili”. Alla luce dei principi generali in tema di solidarietà, infatti, come il creditore ha diritto di soddisfarsi per l’intero sul patrimonio di uno qualsiasi dei condebitori a sua insindacabile scelta, così deve essergli riconosciuto anche il diritto di cautelarsi nei confronti di quel medesimo debitore per il timore di perdere la garanzia del suo credito, senza che si possa tenere conto della presenza a suo favore della garanzia generica del patrimonio degli altri coobbligati.

Principio espresso in ipotesi di rigetto del reclamo proposto avverso l’ordinanza che, confermando il provvedimento reso inaudita altera parte, aveva autorizzato il sequestro conservativo dei beni e dei crediti di un amministratore di s.p.a. fallita verso il quale il fallimento aveva promosso l’azione di responsabilità ex artt. 2932-2394 c.c. Il Tribunale ha affermato che, ritenuti sussistenti i requisiti del periculum in mora e del fumus boni iuris, non è idonea ad escludere la sussistenza dei presupposti cautelari la presenza di coobbligati solidali “ampiamente solvibili”, formulando il principio di cui alla massima.

Ord. 27.4.2017

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Ordinanza del 7 ottobre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Ai fini dell’accoglimento del ricorso per il sequestro conservativo, ex art. 671 c.p.c., proposto a cautela della domanda risarcitoria di merito di cui all’art. 2395 c.c., deve ritenersi sussistente il fumus boni iuris laddove il socio ricorrente fornisca, anche mediante perizia di parte, l’evidenza che l’amministratore abbia perfezionato e progettato operazioni gestorie con l’intento di dissimulare ai terzi il reale stato di crisi della società, rappresentando in bilancio una situazione economico-patrimoniale della medesima non veritiera.

Nel qual caso, tenendo conto delle predette operazioni, può ulteriormente ritenersi sussistente il requisito del periculum in mora.

In ossequio al principio di generale prudenza, ricavabile dal combinato disposto degli artt. 2423 bis e 2426, primo comma, n. 8, c.c., i crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzo e detta valutazione deve tenere conto, tra l’altro, del grado di solvibilità del debitore.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto della domanda cautelare di sequestro conservativo ai danni dell’amministratore di s.p.a., a fronte dell’accertamento di responsabilità personale exart. 2395 c.c., che ha indotto altra s.p.a. all’acquisto di una partecipazione pari al 10% del capitale sulla base di un bilancio non veritiero e verosimilmente priva di valore.

Ord. 7.10.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)