1

Sentenza del 25 marzo 2021 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

In caso di esercizio dell’opzione per l’acquisto dei titoli di
privativa industriale da parte della società, opzione prevista dall’art. 64, c.
3, c.p.i., il dies a quo del termine di prescrizione del diritto al
pagamento del prezzo della cessione, dovendosi ritenere verificato un effetto
traslativo già al momento del deposito della domanda di brevetto a nome della
società, decorre dalla data di deposito della domanda medesima.

Sul piano letterale, tutte le disposizioni contenute nell’art. 64,
c. 3, c.p.i. prevedono, quale destinatario passivo, il “datore di lavoro”,
soggetto che evidentemente non è ravvisabile all’interno del rapporto
contrattuale tra amministratore e società, riconducibile alla fattispecie
negoziale del mandato. Inoltre, discutendosi di disposizioni speciali, esse non
sono suscettibili di applicazione analogica, dovendosi ritenere che la tutela
dell’inventore non dipendente sia assicurata dal ricorso ai rimedi generali
previsti dall’ordinamento.

Principi
espressi all’esito del giudizio promosso dall’ex amministratore di una società
al fine di ottenere il pagamento di una somma a titolo di canone per l’uso
esclusivo da parte della società di invenzioni effettuate dal medesimo durante
l’incarico di amministratore ovvero il riconoscimento di un importo a titolo di
“equo premio” per le invenzioni realizzate.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Ordinanza del 17 ottobre 2017 – Giudice estensore: dott.ssa Vincenza Agnese

La fattispecie di cui all’art. 98 c.p.i. è connotata dalla presenza di specifici requisiti che devono essere tutti allegati e provati dalla parte che invoca la relativa tutela, sicché anche l’assenza di uno solo di essi impedisce di sussumere i relativi fatti nell’alveo normativo del codice della proprietà industriale.

Costituisce atto di concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1 e 2, c.c. la realizzazione di dispositivi meccanici sulla base di disegni e progetti, ancorché non coperti da brevetto, identici a quelli utilizzati per realizzare i medesimi dispositivi del concorrente.

Nell’ambito di un procedimento cautelare, quanto al periculum, stante la natura dei diritti violati, la pericolosità del ritardo deve essere considerata insita nelle conseguenze irreversibili che gli atti di concorrenza sleale possono produrre sul mercato nel tempo necessario a far valere il diritto in via ordinaria. A tale riguardo, la perdita di clientela, rappresentando il tipico effetto dannoso dell’attività concorrenziale illecita, integra gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile.

Principio espresso in sede cautelare, a seguito di ricorso proposto in corso di causa, con il quale veniva invocata la tutela di cui agli artt. 98 e 99 c.p.i. e quella di cui agli artt. 2598 e ss. c.c. Escluso il fumus della violazione dell’art. 98 c.p.i., per la ritenuta insussistenza, ad un esame sommario, del requisito della novità delle informazioni segrete oggetto di causa, è stato invece ritenuto sussistente il fumus della concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598, nn. 1 e 2, c.c., avendo la resistente commissionato ad una società di lavorazioni meccaniche la produzione di mandrini sulla base di un disegno identico a quello utilizzato per realizzare i medesimi prodotti abitualmente commissionati dalle ricorrenti. È stato inoltre reputato sussistente il requisito del periculum in mora, rappresentato dal rischio di perdita di clientela che avrebbe potuto conseguire all’attività concorrenziale illecita, integrante gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile.

Ord. 17.10.2017

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Decreto del 13 luglio 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Gianluigi Canali

Il procedimento di determinazione giudiziale del valore della quota disciplinato all’art. 2473, co. 3, c.c. può trovare applicazione solo quando, pacifiche fra le parti la validità ed efficacia del recesso, risulti controverso, unicamente, il valore della partecipazione da rimborsare al socio receduto.

Il principio è stato espresso in ipotesi di ricorso ex art. 2473, co. 3, c.c. per la determinazione giudiziale del valore di liquidazione della quota promosso dal socio receduto ai sensi dell’art. 2473, co. 2, c.c., ritenuto che la durata della società, palesemente eccedente l’aspettativa di vita dei soci, giustificasse l’esercizio del recesso espressamente contemplato dalla norma citata per il caso di società contratta a tempo indeterminato. Nel giudizio, in particolare, si costituiva la società resistente contestando la legittimità del recesso esercitato dal socio.

Il Tribunale, accertata la natura controversa del recesso esercitato dal socio, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

(Massima a cura di Marika Lombardi)