Tribunale di Brescia, decreto di accoglimento del 10 marzo 2025, n. 87 – volontaria giurisdizione, società per azioni, convocazione giudiziale dell’assemblea, mutamento organo gestorio, abuso di maggioranza, sospensione necessaria del giudizio

L’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Tribunale in tema di convocazione dell’assemblea dei soci è subordinato alla ricorrenza dei seguenti presupposti: a) deve essere fatta richiesta di convocazione da parte di un socio che rappresenti una porzione qualificata del capitale sociale; b) la richiesta deve contemplare l’indicazione specifica degli argomenti da trattare in assemblea; c) gli argomenti indicati dal socio non devono rientrare tra quelli per i quali la legge prevede una competenza esclusiva degli amministratori o, comunque, tra quelli che sono oggetto di un progetto o di una relazione predisposta dagli amministratori; d) alla richiesta di convocazione deve seguire il rifiuto ingiustificato o l’inerzia degli amministratori o, in loro vece, dei sindaci.

Potendo il fiduciario, in quanto proprietario effettivo, disporre del bene a lui intestato in modo valido ed efficace nel rapporto con i terzi e comportando l’eventuale violazione degli obblighi derivanti dal negozio fiduciario unicamente la responsabilità risarcitoria del fiduciario inadempiente nei confronti del fiduciante (Cass. n. 3314/1959 e Cass. n. 1838/1980), la violazione di un patto fiduciario avente ad oggetto la titolarità di partecipazioni sociali, anche laddove accertata tramite contenzioso, non lascia venir meno il carattere effettivo della proprietà del capitale sociale formalmente intestata al fiduciario.

Nell’ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria non può trovare applicazione l’istituto della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in quanto ove sorga, nelle more del giudizio, una questione pregiudiziale della quale il giudice deve conoscere ai fini della definizione della lite, lo stesso è tenuto a pronunciarsi su detta questione incidenter tantum, con effetti limitati alla definizione del procedimento e senza forza di giudicato (Cass. n. 3653/2023).

L’abusività dell’esercizio del diritto a richiedere la convocazione assembleare deve essere valutata raffrontando, in via prognostica, da un lato gli effetti dell’approvazione della delibera assembleare adottata in senso conforme alla volontà del socio richiedente e, dall’altro, l’eventuale derivante pregiudizio sull’interesse sociale.

Considerando che in qualsiasi società di capitali la maggioranza ha il diritto di affidare la governance della società ad amministratori a sé graditi, nominati a propria insindacabile discrezione, l’eventuale approvazione di una delibera di mutamento dell’organo di gestione – pur laddove asseritamente volta all’estromissione di amministratori sgraditi dalle mansioni gestorie – non presenta, di per sé, né pregiudizi per l’interesse sociale, né profili di abuso dei diritti in capo alla maggioranza.

In caso di convocazione giudiziale dell’Assemblea dei soci in presenza di motivi di contrasto all’interno di una compagine sociale fortemente polarizzata, è opportuna la nomina di un soggetto terzo quale Presidente dell’Assemblea, a cui demandare ogni attività funzionale alla convocazione delle parti.

Princìpi espressi in esito ad un procedimento di volontaria giurisdizione avviato dal socio di maggioranza di una società per azioni per ottenere la convocazione ex art. 2367, c. 2, c.c. di un’assemblea avente come ordine del giorno “il mutamento della natura dell’organo gestorio, da monocratico a collegiale”, più volte domandata sia all’organo gestorio che di controllo e da questi rifiutata. Si costituisce nel procedimento il socio di minoranza della società, nonché amministratore unico della stessa, adducendo la necessaria sospensione della lite in attesa della definizione di altro contenzioso riguardante la titolarità della partecipazione detenuta dal socio di maggioranza nonché la natura abusiva dell’istanza di controparte, essendo questa asseritamente finalizzata ad estrometterlo dalla gestione e dalla partecipazione stessa alla compagine sociale.

(Massime a cura di Ilaria Porro)




Decreto del 23 ottobre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

Nelle società per azioni, ai sensi dell’art. 2367 c.c., i soci hanno il diritto di ricorrere al tribunale per ottenere la convocazione dell’assemblea soltanto qualora le ragioni addotte dagli organi sociali appaiano ingiustificate. È evidente, pertanto, che non sussiste (più) un diritto incondizionato dei soci alla convocazione dell’assemblea, essendo consentito un apprezzamento ad opera degli amministratori e dei sindaci e, quindi, un vaglio sulla correttezza dell’iniziativa della minoranza.

Così, esemplarmente, l’assenza di adeguata motivazione, che può anche desumersi dalla non perseguibilità dello scopo, nonché una valutazione di potenziale lesività della richiesta formulata dai soci di minoranza giustificano il rifiuto degli amministratori.

In ipotesi, come nel caso concreto, in cui la richiesta di aumento di capitale (formulata dai soci di minoranza) si inserisca in un contesto di indebitamento e non sia finalizzata alla copertura delle perdite risulta necessario – ancorché l’aumento di capitale non rientri necessariamente tra quelle materie che ex lege richiedono un progetto o una relazione degli amministratori – che gli amministratori predispongano una relazione quantomeno “giustificativa” dell’operazione.

Principi espressi in ipotesi di rigetto di ricorso promosso dal socio di minoranza di una s.p.a., in stato di indebitamento, per ottenere la convocazione giudiziale dell’assemblea, ex art. 2367 c.c., ai fini della deliberazione di un aumento di capitale “di scopo”, diverso dalla copertura delle perdite, genericamente determinato (nel «rapportarsi con le autorità locali»), verosimilmente non perseguibile (in ragione dello stato di indebitamento), nonché potenzialmente lesivo per la società (per l’esistenza di un accordo tra la medesima e le banche creditrici in base al quale le modificazioni statutarie non preventivamente autorizzate comportano l’accelerazione da parte degli istituti di credito della riscossione dei propri crediti).

D. 23.10.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)