Tribunale di Brescia, sentenza del 26 aprile 2023, n. 971 – contratto di locazione finanziaria, leasing traslativo, risoluzione per inadempimento, riduzione ad equità della clausola penale

Ai contratti di locazione finanziaria di tipo traslativo risolti anteriormente al 29 agosto 2017 – data di entrata in vigore della l. n. 124/2017 – continua ad applicarsi analogicamente, quanto alla risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, l’art. 1526 c.c. Pertanto, anche previsioni contrattuali più gravose rispetto alla disciplina stabilita dall’art. 1, c. 138, l. n. 124/2017, le quali, nel rispetto dell’art. 1526 c.c., preservino l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni prevedendo la decurtazione dalle somme ancora dovute dall’utilizzatore di quanto ottenuto dal concedente dalla vendita del bene, possono ritenersi valide.

Quando, per la risoluzione anticipata di un contratto di locazione finanziaria traslativa, le parti hanno pattuito una clausola penale che attribuisce al concedente il diritto a ottenere il valore attuale del restante corrispettivo previsto nel contratto, incluso il prezzo dell’opzione finale di acquisto, detratto quanto eventualmente ricavato dalla vendita del bene concesso in locazione finanziaria ovvero a titolo di indennizzi assicurativi o risarcimenti, al netto di oneri e spese, è ammessa la riduzione ad equità da parte del giudice della clausola penale in ragione della non congruità del prezzo di vendita del bene rispetto al valore di mercato. Nel caso in esame, il Tribunale ha operato la riduzione in oggetto, ritenendo che lo scomputo dal debito dell’utilizzatore di una somma significativamente inferiore rispetto a quella che il concedente avrebbe potuto conseguire rivendendo il bene al prezzo di mercato, leda ingiustamente gli interessi dell’utilizzatore e legittimi l’applicazione dell’art. 1384 c.c.

I princìpi sono stati espressi in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di somme asseritamente dovute a seguito della risoluzione di un contratto di locazione finanziaria di tipo traslativo per inadempimento della società utilizzatrice.

In particolare, la società utilizzatrice aveva presentato opposizione a decreto ingiuntivo per: i) sentire dichiarata la nullità, per contrasto con la disciplina introdotta dalla l. n. 124/2017, della clausola delle condizioni generali di contratto che stabiliva l’applicazione di una penale in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore; e, in subordine, ii) per ottenere la riduzione ad equità, ai sensi dell’art. 1384 c.c., della clausola penale pattuita.

Quanto al primo profilo, il Tribunale ha escluso che l’art. 1 c. 138 della l. n. 124/2017 si potesse applicare al contratto in esame, essendo quest’ultimo stato risolto prima del 29 agosto 2017, data di entrata in vigore della disposizione citata, non avendo questa efficacia retroattiva (Cass. SS.UU. n. 2061/2021). Pertanto, anche condizioni contrattuali eccedenti quanto previsto dall’art. 1 c. 138 della l. n. 124/2017 non potevano di per sé ritenersi nulle. Applicando analogicamente l’art. 1526 c.c., esse potevano ritenersi valide a condizione che il rischio dell’ingiusta locupletazione in capo al concedente fosse escluso, quanto meno in via di princìpio, prevedendo la decurtazione dalle somme ancora dovute dall’utilizzatore di quanto ottenuto dalla vendita del bene.

Rispetto al secondo profilo, il Tribunale ha accertato, mediante c.t.u., che il bene precedentemente concesso in locazione finanziaria era stato venduto a un prezzo significativamente inferiore rispetto al suo valore di mercato, con conseguente lesione ingiustificata dell’interesse dell’utilizzatore. Per queste ragioni, il giudice ha ridotto l’importo finale dovuto a titolo di penale dalla società utilizzatrice alla concedente.

(Massime a cura di Giada Trioni)




Tribunale di Brescia, sentenza del 23 marzo 2023 n. 663 – contratto di locazione finanziaria, leasing traslativo, risoluzione per inadempimento, clausola penale

Nei casi di risoluzione per inadempimento dei contratti di locazione finanziaria di tipo traslativo, il comma 138 dell’art. 1 della legge n. 124/2017 riconosce all’utilizzatore il diritto a vedersi corrispondere il ricavato della vendita del bene oggetto di leasing da parte del concedente, dedotte le somme dovute per canoni scaduti e non pagati, del capitale a scadere, del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale e degli ulteriori crediti maturati sino alla vendita.

Il meccanismo previsto dal comma 138 dell’art 1 della legge n. 124/2017  può operare a condizione che l’utilizzatore restituisca il bene e ponga cioè il concedente nelle condizioni di ricollocare il bene sul mercato, poiché evidenti ragioni di logica e di interpretazione secondo buona fede e correttezza del contratto impediscono un’applicazione della normativa che consenta all’utilizzatore di beneficiare dei propri inadempimenti per paralizzare il diritto di credito della concedente e impedire a quest’ultima l’incasso dei canoni scaduti (oltre che di quelli a scadere e delle restanti somme che le spettano).

Devono ritenersi legittime quelle statuizioni pattizie con cui le parti, in applicazione del principio sinallagmatico cui è improntato l’elemento causale del negozio giuridico, risolvono il possibile squilibrio delle prestazioni mediante la previsione che la concedente, una volta ricollocato il bene sul mercato, debba decurtare l’importo così ottenuto dalle somme ancora dovute dall’utilizzatore.

Il giudice che ritenga che le parti abbiano pattuito una clausola penale, prevedendo, per il caso della risoluzione anticipata, il diritto del concedente di trattenere tutte le rate pagate a titolo di corrispettivo del godimento nonostante il mantenimento della proprietà, ha il potere di ridurre detta penale, in modo da contemperare, secondo equità, il vantaggio che essa assicura al contraente adempiente ed il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva di trarre dalla regolare esecuzione del contratto, procedendo alla stima del bene secondo il valore di mercato al momento della restituzione (salvo che non sia stato già venduto o altrimenti allocato, considerando, nel qual caso, i valori conseguiti) e poi detrarre tale valore dalle somme dovute dall’utilizzatore al concedente, con diritto del primo all’eventuale residuo (cfr. Cass. n. 10249/2022).

La riduzione della penale contrattuale attinente a un contratto di locazione finanziaria di tipo traslativo non può essere in concreto concessa se al momento dell’introduzione della controversia il bene immobile non è ancora stato rilasciato in favore del concedente e se non vi siano elementi idonei a ritenere che, in ragione del presumibile valore di realizzo del bene immobile da restituirsi, la società di leasing possa ottenere una somma maggiore rispetto a quella che avrebbe conseguito con il corretto adempimento del contratto ovvero se ciò non appare in concreto verosimile.

I principi sono stati espressi nell’ambito del giudizio di opposizione avverso un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per il pagamento di somme ancora dovute dall’utilizzatrice alla concedente, nell’ambito di un contratto di locazione finanziaria di tipo traslativo.

(Massime a cura di Giada Trioni)




Tribunale di Brescia, sentenza del 2 marzo 2023, n. 354 –contratto di locazione finanziaria, inadempimento, azioni di risoluzione o riduzione del prezzo, responsabilità del concedente

In un processo in cui le parti contestano reciproci inadempimenti, non è rilevante la dichiarazione – ai sensi dell’art. 1456, comma 2, c.c. – con cui una parte intende avvalersi della clausola risolutiva espressa pattuita, se il comportamento antecedente della stessa costituisce già di per sé inadempimento rilevante idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione giudiziale – ai sensi dell’art. 1453 c.c. – presentata dalla controparte.

Come è pacificamente riconosciuto, il contratto di leasing finanziario si caratterizza per l’esistenza di un collegamento negoziale in forza del quale, ferma restando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale, l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno eventualmente sofferto. In mancanza di un’espressa previsione normativa, però, l’utilizzatore non può esercitare anche l’azione di risoluzione o di riduzione del prezzo del contratto di vendita tra il fornitore ed il concedente, rispetto al quale esso è estraneo. Tali facoltà sono ammesse solo in presenza di specifica clausola contrattuale, con la quale il concedente trasferisce la propria posizione sostanziale in capo all’utilizzatore (cfr. SS.UU. n. 19785/2015).

Il dovere del concedente di agire per la risoluzione o al riduzione del prezzo non è un obbligo generale del concedente in leasing, che ricorra ni qualsiasi contratto di locazione finanziaria, ma che si configura solo in quei casi in cui, mancando clausole di trasferimento della posizione del concedente e non essendo configurabile una generica legittimazione attiva dell’utilizzatore nei confronti del fornitore (se non per le azioni di adempimento o di risarcimento), l’utilizzatore si trovi privo di tutela.

Solo nell’ipotesi in cui l’utilizzatore sia impossibilitato ad agire autonomamente nei confronti del fornitore (per chiedere la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo), il concedente potrà essere chiamato a rispondere, a titolo di responsabilità contrattuale, per un’eventuale negligenza nell’adempiere al suo dovere di cooperazione e per la violazione del principio di buona fede. Sicché, il contratto di leasing può essere risolto solo in caso di assoluta impossibilità per l’utilizzatore di recuperare alcunché dal fornitore.

Qualora un contratto preveda più prestazioni, la valutazione dell’inadempimento per la risoluzione giudiziale, ai sensi dell’art. 1453 c.c., deve essere effettuata dal giudice con riferimento a ciascuna di esse. (Ad esempio, nell’ipotesi di compravendita di più macchinari, anche se inseriti in un ciclo produttivo, il giudice dovrà tenere conto delle funzionalità, dei vizi e dei difetti di ciascun bene).

I principi sono stati espressi nel corso di un giudizio di appello ove il tribunale ha respinto la domanda di risoluzione di un contratto di locazione finanziaria, rispetto al quale le parti contestavano reciproci inadempimenti.

(Massime a cura di Giada Trioni)




Tribunale di Brescia, sentenza del 23 gennaio 2023, n. 126 – contratto di locazione finanziaria, fallimento dell’utilizzatore in pendenza del contratto e scioglimento dello stesso, obblighi restitutori

In caso di fallimento dell’utilizzatore di un contratto di locazione finanziaria, se il curatore fallimentare richiede lo scioglimento del contratto ai sensi del combinato disposto degli artt. 72 l. fall. comma primoe 72-quater comma primo, il concedente ha diritto alla restituzione del bene oggetto del contratto.

Non si può rimettere all’arbitrio del concedente la scelta se vendere o meno il bene restituito, rendendo così, nella seconda ipotesi, inapplicabile il dettato dell’art. 72-quater l. fall., frustrando di conseguenza il diritto del conduttore fallito e quindi della procedura.

Inoltre, il concedente è comunque obbligato a riconoscere al fallimento il valore indicato dall’art.  72-quater, comma terzo, l. fall., anche se la vendita o altre modalità di collocazione del bene non si sono verificate a causa della negligenza del concedente.

La finalità della procedura di realizzazione del valore di cui all’art. 72-quater, comma terzo, l. fall. è di operare una comparazione di valori tra il credito residuo del concedente ed il valore residuo del bene stesso, in quanto con tale differenza si intende sia soddisfare il credito residuo del concedente sia destinare al fallimento l’ulteriore somma che eventualmente dovesse rimanere. Pertanto, è del tutto irrilevante che tale disposizione non preveda un termine per la vendita, non potendo il concedente procrastinare arbitrariamente la vendita o collocazione del bene, specie in casi in cui il valore residuo del bene ecceda di gran lunga il credito residuo del concedente, poiché, altrimenti, impedirebbe al fallimento, con un comportamento contrario a buona fede, di esercitare il diritto garantito dalla disposizione a riscuotere la differenza.

Principi espressi nel corso di un giudizio in appello avviato da una società di leasing (concedente) per un’asserita errata interpretazione da parte del giudice di prime cure dell’art. 72 – quater, comma terzo, l. fall.

(Massime a cura di Giovanni Gitti)