Sentenza del 1° aprile 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

In materia di rapporti di leasing vige la regola di riparto dell’onere della prova generalmente applicabile alla responsabilità contrattuale, con la conseguenza che compete al debitore provare l’adempimento (i.e. principalmente il pagamento dei canoni) e al creditore la mera allegazione del titolo e dell’altrui inadempimento, onere che deve ritenersi compiutamente assolto attraverso la produzione del contratto e dell’estratto conto.

In materia di leasing traslativo, la clausola contrattuale che, in caso di risoluzione del contratto, deduce dal credito spettante alla parte concedente, in forza dell’applicazione della penale contrattuale, il valore residuo dell’immobile (risultante da perizia ovvero dal valore di mercato insito nel prezzo della vendita a terzi), non viola alcuna norma inderogabile in materia di locazione, dovendo pertanto ritenersi pienamente valida ed efficace, in quanto conforme alle previsioni della l. n. 124/2017.

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso dai fideiussori del debitore principale avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale aveva ingiunto loro il pagamento in favore di una società di leasing  della somma dovuta a titolo di canoni scaduti e interessi di mora, derivanti dal contratto di leasing immobiliare sottoscritto dal debitore principale. 

In particolare, gli opponenti eccepivano, tra l’altro:

(i) l’incertezza del credito azionato in via monitoria dalla  concedente, non avendo questa esplicitato i conteggi effettuati per la sua determinazione, e in ogni caso l’erroneità dell’importo ingiunto;

(ii) la riconducibilità del contratto al leasing traslativo, con applicabilità dell’art. 1526 c.c. e conseguente infondatezza della richiesta di pagamento di canoni che la concedente “in realtà sarebbe tenuta a restituire”.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 19 marzo 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

La clausola penale contenuta nel contratto di leasing che prevede che, in caso di risoluzione per inadempimento, il “ricavato dalla vendita del bene” sarà dedotto dal credito residuo non si pone in contrasto con l’art. 1526 c.c., riproducendo le previsioni dell’art. 1, co. 138, l. n. 124/2017, e pertanto deve essere reputata pienamente valida ed efficace (cfr. Cass., S.U., n. 2061/2021).

I principi sono stati espressi nell’ambito del procedimento promosso con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dalla società utilizzatrice di un immobile concesso in leasing, che contestava la pretesa avversaria del pagamento della somma richiesta “a titolo di indennizzo, per i canoni, alla data di risoluzione, non ancora scaduti e del prezzo di eventuale acquisto finale, oltre relativi interessi convenzionali e di mora ed eventuali spese quantificate al momento del pagamento”, rilevando la violazione dell’art. 1526 c.c. e precisando di avere provveduto alla restituzione dell’immobile.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 5 febbraio 2021 – Presidente: Dott.ssa Alessia Busato – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

In materia di leasing, il ricorso al tasso sostitutivo ex art. 117 d.lgs. 385/1993 trova applicazione nelle ipotesi, invero eccezionali, in cui non sia assolutamente determinabile il tasso di interesse del rapporto, situazione che non può ritenersi  sussistente qualora il corrispettivo del rapporto e le altre condizioni economiche siano illustrati chiaramente nel frontespizio del contratto.

Sotto il profilo della trasparenza, è sufficiente che il contratto di leasing riporti il “tasso leasing”, in quanto il t.a.e.g. va indicato solo se la parte utilizzatrice gode della disciplina di favore riservata ai consumatori.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso dalla parte utilizzatrice di un contratto di leasing immobiliare avverso l’ordinanza che aveva disposto il rilascio dell’immobile alla medesima concesso in godimento a seguito della risoluzione del contratto. 

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 28 gennaio 2021 – Giudice designato: Dott.ssa Angelica Castellani

E’ da escludersi l’indeterminatezza delle
condizioni economiche del contratto di leasing immobiliare, laddove il testo negoziale contenga
tutte le specifiche condizioni economiche praticate al rapporto, tra cui, in
particolare: il valore di realizzazione del compendio immobiliare oggetto di leasing, la durata del rapporto, il corrispettivo globale
della locazione finanziaria, il numero, la periodicità, la decorrenza e l’ammontare
dei canoni, il prezzo per l’eventuale acquisto alla scadenza del contratto, il
parametro di indicizzazione, il tasso degli interessi di mora, il tasso interno
di attualizzazione e le singole spese.

L’art. 3 della delibera CICR 9.2.2000,
in attuazione della delega conferitale dal legislatore del t.u.b., prevede che “nelle
operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del
prestito avvenga mediante pagamento di rate con scadenze temporali predefinite,
in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla
scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre
interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento”;
pertanto, ricorrendo tali presupposti, è da escludersi l’anatocismo in caso di
applicazione dell’interesse moratorio ad una rata già comprensiva di interessi
e altri oneri.

La pretesa di conseguire, per il tramite della
declaratoria di nullità del saggio dell’interesse moratorio, l’accertamento
della gratuità dell’intero rapporto è infondata, posto che, in caso di
pattuizione di interessi moratori usurari, l’effetto invalidante di cui al
secondo comma dell’art. 1815 c.c. rimarrebbe circoscritto a detto onere e non potrebbe
estendersi alla pattuizione relativa all’interesse corrispettivo.

Principi espressi all’esito del giudizio
promosso dal concedente al fine di ottenere la risoluzione del contratto di
leasing per inadempimento
dell’utilizzatore.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)