Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 28 giugno 2023, n. 1112 – contratti bancari, prova scritta del credito, contratto monofirma, fideiussione, nullità parziale per violazione della normativa antitrust

Qualora una banca intenda far valere in giudizio il credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l’andamento del medesimo dall’inizio e per l’intera durata del suo svolgimento, senza interruzioni (cfr. Cass. n. 23856/2021). Gli estratti conto non costituiscono tuttavia l’unico mezzo di cui la banca possa utilmente avvalersi ai fini della dimostrazione delle operazioni effettuate sul conto corrente e, quindi, del suo credito nei confronti del correntista. Pertanto, in assenza di limitazioni al riguardo, è possibile desumere la relativa prova dalle schede dei movimenti ovvero da altri atti o documenti idonei ad attestare il compimento dei negozi da cui derivano, nonché il titolo, la natura e l’importo delle operazioni, oltre che l’annotazione in conto delle relative partite (cfr. Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 2435/2020; Cass. n. 1077/2021; Cass. n. 38976/2021 e Cass. n. 1538/2022). Va invece esclusa la possibilità per la banca di provare l’ammontare del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dell’estratto notarile delle sue scritture contabili o dell’estratto di saldaconto, dai quali risulti il mero saldo del conto (cfr. Cass. n. 11543/2019).

Ai fini della prova del credito della banca, l’assenza degli estratti conto per il periodo iniziale del rapporto non è astrattamente preclusiva di un’indagine contabile per il periodo successivo, potendo questa attestarsi sulla base di riferimento più sfavorevole per il creditore istante quale, a titolo esemplificativo, quella di un calcolo che preveda l’inesistenza di un saldo debitore alla data dell’estratto conto iniziale. Pertanto, nell’ipotesi in cui la banca creditrice non abbia prodotto il primo estratto conto, si ritiene corretto effettuare il calcolo dei rapporti di dare e avere tra le parti partendo dal “saldo zero” (cfr. Cass. n. 24153/2017; Cass. n. 13258/2017).

La mancanza della firma della banca sui contratti bancari che, ai sensi dell’art. 117, 1° co., TUB, devono essere redatti per iscritto e devono essere consegnati al cliente è priva di rilievo ai fini della loro validità, potendosi applicare al riguardo il principio espresso in materia di contratti di intermediazione finanziaria, secondo il quale ai fini della validità del contratto è sufficiente che questo sia redatto per iscritto, che sia sottoscritto dal cliente e che a quest’ultimo ne sia consegnata una copia, potendo desumersi il consenso dell’istituto di credito o dell’intermediario dai comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (cfr. Cass., S.U., n. 898/2018; Cass., S.U., n. 1653/2018; Cass. n. 19298/2022; Cass. n. 8124/2022; Cass. n. 9187/2021; Cass. n. 14646/2018; Cass. n. 16270/2018; Cass. n. 14243/2018). 

In caso di lamentata nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust, vale il principio secondo il quale i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, 2° co., lett. a), l. n. 287/1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, 3° co., della legge citata e dell’art. 1419 c.c., limitatamente alle clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass., S.U., n. 41994/2021; Cass., n. 15146/2023; Cass., n. 15275/2023; Cass., n. 11333/2023; Cass., n. 9071/2023).

Princìpi espressi in grado d’appello nell’ambito di una controversia concernente l’opposizione al decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto agli opponenti il pagamento, in favore della banca opposta, del saldo debitore relativo a due rapporti di conto corrente da questa intrattenuti con uno degli opponenti e garantiti dalla fideiussione prestata dall’altro.

(Massime a cura di Edoardo Compagnoni)




Corte d’Appello di Brescia, sentenza 27 febbraio 2023, n. 320 – contratti bancari, mutuo, usura, conseguenze dell’autonomia degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori, ammortamento alla francese, anatocismo, danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi

In tema di usura, non può dubitarsi della diversità ontologica tra interessi corrispettivi, che regolano l’attuazione del programma contrattuale, e interessi moratori, che predeterminano l’ammontare del risarcimento in caso di inadempimento, cui consegue l’autonomia delle pattuizioni contrattuali relativi all’uno e all’altro tipo di interesse, quand’anche esse siano dedotte in una medesima clausola del contratto. Conseguentemente, nell’accertamento del superamento del tasso-soglia di usura, non è possibile procedere al cumulo dei due tassi di interesse (cfr. Cass. n. 14472/2022; Cass. n. 26286/2019). Per le stesse ragioni, l’eventuale nullità delle pattuizioni relative agli interessi di mora non si estende alla pattuizione concernente gli interessi corrispettivi (cfr. Cass. n. 9327/2020).

Nella verifica del superamento delle soglie usurarie non è possibile cumulare voci di costo del credito corrispondenti a distinte funzioni. In particolare, la commissione di estinzione anticipata – avente natura di clausola penale per il recesso – non è computabile ai fini della verifica di usurarietà, giacché non è collegata, se non indirettamente, all’erogazione del credito e, pertanto, non ne costituisce remunerazione (cfr. Cass. n. 7532/2022).

È sempre possibile esperire, anche in assenza di inadempimento, un’azione di mero accertamento dell’usurarietà degli interessi moratori. Laddove essa venga accolta, il mutuante, quale conseguenza dell’inefficacia della clausola recante determinazione convenzionale dell’interesse moratorio, ex art. 1224 c.c., ha l’onere di fornire la prova dell’esistenza di un danno da ritardo ulteriore rispetto all’interesse corrispettivo.

La strutturazione di un piano di ammortamento alla francese secondo lo schema c.d. a rate costanti (in cui il valore delle rate rimane costante del tempo, di modo che con il progredire delle rate diminuisca, in ciascuna di esse, la quota da imputarsi agli interessi mentre aumenta correlativamente quella imputabile al rimborso del capitale) non implica di per sé anatocismo, trattandosi di una mera modalità di adempimento delle obbligazioni di rimborso (cfr. Cass. n. 11400/2014). Gli interessi, infatti, sono calcolati applicando il tasso pattuito, di volta in volta, sul capitale residuo risultante dalla detrazione dal capitale originario di quello già rimborsato.

Il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia postula la prova che tale segnalazione sia effettivamente avvenuta. Non è sufficiente, a tal fine, produrre una comunicazione dell’istituto di credito che si limiti a minacciare tale segnalazione né è invocabile come prova indiretta della medesima la decadenza del debitore segnalato da talune cariche.

I princìpi sono stati espressi nel giudizio d’appello promosso dal titolare di una ditta individuale avverso l’ordinanza del giudice di primo grado  denunciando: i) l’usurarietà del contratto di mutuo, in quanto il cumulo degli interessi corrispettivi e di mora avrebbe determinato il superamento del tasso-soglia di usura; ii) l’indeterminatezza delle pattuizioni contrattuali – in particolare, quella del piano di ammortamento applicato – da cui deriverebbe l’impossibilità di stabilire il tasso effettivo del mutuo, con conseguenze sostituzione di diritto ex art. 1284 c.c. del tasso di interesse con quello legale ovvero con quello stabilito all’art. 117 TUB; iii) l’illegittimità dell’ammortamento, qualificato come alla francese, in quanto anatocistico; iv) l’illegittimità dell’indicizzazione dei tassi contrattuali all’Euribor, in quanto esso costituirebbe il frutto di un’intesa anticoncorrenziale ai sensi della L. 287/1990; e v) l’illegittimità della segnalazione alla Centrale Rischi effettuata dalla creditrice e il risarcimento del conseguente danno.

(Massime a cura di Leonardo Esposito)




Corte d’Appello di Brescia, sentenza dell’11 novembre 2022, n. 1364 – contratti bancari, mutuo di scopo, mutuo solutorio, anatocismo, ammortamento alla francese, usura

Il mutuo concesso al fine di estinguere debiti pregressi (c.d. “mutuo solutorio”) non è nullo per contrarietà alla legge o all’ordine pubblico, costituendo il ripianamento della passività una possibile modalità di impiego dell’importo mutuato. Deve dunque confermarsi il superamento dell’indirizzo giurisprudenziale per cui tale contratto sarebbe illecito o simulato, in quanto il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito è previsto dalla stessa normativa vigente (Cass. 23419/2022).

La qualificazione del finanziamento come mutuo di scopo (in specie, solutorio), anziché come mutuo ordinario con semplice enunciazione dei motivi, dipende dalla comune volontà delle parti dedotta in contratto. Tale qualificazione impone l’accertamento dell’esistenza di un preciso e ben individuabile interesse del mutuante al raggiungimento degli obiettivi indicati nella clausola di scopo, la quale deve imporre al mutuatario l’utilizzo delle somme ricevute per la realizzazione delle particolari finalità dedotte nel contratto. In caso contrario, tale clausola dovrà intendersi come meramente enunciativa degli intendimenti del mutuatario, a lui solo riferibili e dunque privi di rilievo giuridico (App. Brescia, 29 gennaio 2020 resa nel procedimento 1197/17 RG; App. Brescia, 1344/2015).

L’adozione di un piano di ammortamento c.d. “alla francese” (che prevede la restituzione del finanziamento in rate composte da una quota di capitale e una quota di interessi calcolata sul capitale residuo, in modo tale che al progredire dell’ammortamento la quota di capitale cresca e quella di interessi diminuisca) non implica automaticamente anatocismo, in quanto il calcolo degli interessi è di regola effettuato sul capitale residuo da restituire al finanziatore. A partire dalla quota di interessi riferita alla singola rata, infatti, viene determinata per differenza la quota capitale la cui restituzione viene portata a riduzione del debito. In tal modo, l’interesse non è produttivo di altro interesse e viene separato dal capitale. La costituzione composita delle rate di rimborso attiene esclusivamente alle modalità di adempimento delle due obbligazioni restitutorie poste a carico del mutuatario (quella relativa al capitale e quella relativa agli interessi), che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che esse concorrano nella stessa rata non è sufficiente a mutarne la natura o a escluderne l’autonomia (Cass. 11400/2014).

Il costo di estinzione anticipata del mutuo non deve essere incluso nel calcolo del TEGM (necessario per la determinazione del tasso usurario rispetto all’operazione posta in essere), in quanto tale spesa è meramente eventuale dovendosi applicare nel solo caso di estinzione anticipata del mutuo. Infatti, non è un effetto che consegue direttamente alla stipula del contratto di mutuo, ma un effetto che può scaturire solo nel momento in cui si verifichino eventi che esulano dalla regolare esecuzione del contratto medesimo. Poiché la disciplina antiusura impone il confronto tra soli dati omogenei, l’importo della penale non può essere incluso tra le voci rilevanti ai sensi della L. 108/1996.

I princìpi esposti sono stati espressi in relazione ad una controversia riguardante la stipulazione, da parte di una società, di alcuni contratti di conto corrente e di mutuo da rimborsarsi secondo un piano di ammortamento c.d. “alla francese”. Rimasta insoluta l’obbligazione restitutoria, la banca creditrice aveva ottenuto l’emanazione di un decreto ingiuntivo, impugnato dalla debitrice e dai suoi garanti, i quali, in prime cure, avevano sollevato plurime contestazioni. Giunta la causa al grado d’appello, deciso con la sentenza massimata, quanto ai contratti di mutuo gli appellanti: (a) contestavano la nullità dei contratti in ragione della qualificazione dei medesimi quali mutui di scopo; (b) lamentavano la natura anatocistica degli interessi pagati nell’ammortamento alla francese; ed infine (c) rilevavano il superamento del tasso-soglia di usura previsto dalla L. 108/1996, poiché nel calcolo del TEGM – parametro base per il computo del tasso usurario – sarebbe stato necessario includere anche i costi di estinzione anticipata del mutuo.

(Massime a cura di Leonardo Esposito)