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Tribunale di Brescia, sentenza del 25 settembre 2023, n. 2378 – atti di concorrenza sleale, concorrenza parassitaria, concorrenza parassitaria c.d. diacronica e c.d. sincronica

Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, l’art. 2598, n. 1, c.c. identifica come atti di concorrenza sleale, tra gli altri, l’utilizzo di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, ovvero l’imitazione servile di prodotti di un concorrente; individua, infine, un’ipotesi, avente valore residuale, che consiste nel compimento, con qualsiasi altro mezzo, di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente. Detta clausola consente di accordare tutela ad una varietà di fattispecie non singolarmente identificate, tra le quali può essere menzionata quella dell’imitazione di materiale pubblicitario altrui, dell’utilizzo nei propri depliant e sito internet di fotografie con la medesima inquadratura e disposizione dei prodotti usati dal concorrente e con medesime frasi pubblicitarie nonché l’imitazione di parte dei contenuti del sito internet e delle modalità di presentazione dei servizi del concorrente attraverso i social network.

Va esclusa la concorrenza sleale confusoria ex art. 2598, n. 1, c.c. nel caso in cui i marchi figurativi di due imprese concorrenti siano formati da segni distintivi in gran parte diversi, scritti in modalità grafiche e stilistiche differenti e accompagnati da disegni dalle forme geometriche difformi, e siano accomunati unicamente da un segno denominativo rappresentato dalla denominazione generica dei prodotti contraddistinti.

La concorrenza c.d. parassitaria è una forma di concorrenza sleale riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 2598, n. 3, c.c., che consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti, ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale (Cass. n. 25607/2018; Cass. n. 22118/2015). Tale comportamento si manifesta tramite una pluralità di atti che, considerati isolatamente, possono anche essere, in sé, non illeciti, ma che, presi nel loro insieme, lo diventano in quanto rappresentano la continua e ripetuta imitazione delle iniziative del concorrente e, quindi, lo sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui attraverso una molteplicità di azioni – o un comportamento globale – poste in essere contemporaneamente (Cass. n. 9387/1994). Una simile imitazione delle altrui proposte commerciali può, inoltre, considerarsi illecita esclusivamente se messa in atto a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (concorrenza parassitaria c.d. diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (concorrenza parassitaria c.d. sincronica), con la precisazione che, per “breve”, deve intendersi sia quell’arco di tempo durante il quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari dal lancio della novità in termini di incassi, pubblicità e avviamento, sia il periodo durante il quale l’iniziativa è considerata tale dai clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto. Ciò in quanto il nostro ordinamento accorda tutela alla creatività esclusivamente per un tempo determinato, ossia fin quando l’iniziativa possa considerarsi originale, conseguentemente allorquando l’originalità viene meno, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o di commerciare è divenuto patrimonio ormai comune di conoscenze e di esperienze di quanti operano nel settore, l’imitazione non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda (Cass n. 25607/2018; Cass. n. 13423/2004).

Princìpi espressi nell’ambito di un giudizio instaurato da una società a responsabilità limitata operante nel settore del commercio di alimenti e bevande alcoliche e non alcoliche volto a far accertare che diverse condotte, riferibili ad un’impresa concorrente, costituivano atti di concorrenza sleale, così da ottenere, per l’effetto, l’inibitoria di tali comportamenti, oltre al risarcimento del danno subito ed alla pubblicazione della sentenza. 

(Massime a cura di Giulio Bargnani)




Ordinanza del 2 luglio 2021 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

La sussistenza di un adeguato fumus boni iuris in materia di concorrenza sleale deve essere costituita da elementi diversi e ulteriori rispetto alla mera e fisiologica concorrenza tra imprese.

In merito allo sviamento di clientela, l’eventuale sussistenza di coincidenze in relazione alla perdita di clienti non può considerarsi di per sé sottrazione di clientela in mancanza di allegazioni sufficientemente precise, in quanto la mera conoscenza delle abitudini ed esigenze dei clienti rientra nel patrimonio professionale e personale del lavoratore (specialmente quando si discute di un numero limitato di clienti). 

Per quanto attiene, invece, allo sfruttamento altrui di segreti ovvero di informazioni riservate, la parte danneggiata è tenuta ad allegare specificamente le caratteristiche di tali informazioni e di produrne in giudizio evidenza documentale. 

Con riferimento, poi, allo storno di dipendenti, affinché il fatto possa essere sussunto nella relativa fattispecie a tutela della concorrenza, non è sufficiente il mero storno unitariamente considerato, essendo altresì necessario valutare i mezzi concretamente utilizzati dal concorrente, le modalità di reclutamento del personale e gli effetti destrutturanti sull’altrui organizzazione aziendale, oltre a elementi come il numero di dipendenti e le mansioni ad essi attribuite. 

Infine, ai fini della qualificazione di un determinato comportamento nella categoria della concorrenza sleale parassitaria, l’elemento determinante consiste nel «continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda».

Tali principi sono stati espressi nel corso di un procedimento finalizzato all’ottenimento di un provvedimento inibitorio tra una società e un ex dipendente, che ha dato vita a nuova realtà imprenditoriale operante nel medesimo settore. 

(Massime a cura di Marta Arici)