Tribunale di Brescia, sentenza del 15 novembre 2023, n. 2920 – appalto, clausola risolutiva espressa, risoluzione per inadempimento

In materia di contratto di appalto di fornitura non sussiste un divieto generale di affidamento congiunto della progettazione ed esecuzione dei lavori, ma una regola generale che la stazione appaltante, nella sua discrezionalità, può ben derogare senza che tale decisione sia sindacabile dalla controparte contrattuale che, nel momento in cui ha deciso di partecipare alla gara e di concludere il contratto, era a conoscenza della portata delle obbligazioni assunte.

In caso di inadempimento dell’appaltatore la facoltà della stazione appaltante di sciogliersi dal contratto, ai sensi dell’art. 108 del Codice degli Appalti, concorre autonomamente con quella di apporre una clausola risolutiva espressa, espressione di una posizione non autoritativa ma paritetica della P.A. e governata dalla disciplina civilistica (Cfr. Cass. n. 21740/2016).

Principi espressi nell’ambito di un giudizio promosso da una società volto ad accertare la risoluzione di un contratto d’appalto con effetto retroattivo e a far condannare l’appaltatore alla restituzione di quanto trattenuto a seguito dell’intervenuta risoluzione del contratto e al pagamento delle penali.

(Massime a cura di Edoardo Abrami)




Sentenza del 14 ottobre 2021 – Giudice designato: dott. Lorenzo Lentini

In materia di rapporti di leasing vige la regola di riparto dell’onere della prova generalmente applicabile alla responsabilità contrattuale, con la conseguenza che compete al creditore l’onere di allegare il titolo e l’altrui inadempimento e al debitore l’onere di provare la corretta esecuzione dell’obbligazione di pagamento (principalmente) dei canoni periodici, nel caso di finanziamento che presenta un piano di ammortamento predefinito. Pertanto, la parte che agisce a titolo di indebito oggettivo ha l’onere di allegare e provare i fatti a fondamento della propria pretesa. Ne consegue che tale onere non può ritenersi assolto mediante un mero rinvio alla perizia di parte, non essendo il giudice tenuto a ricercare all’interno della documentazione versata in atti quegli elementi in fatto che spetta unicamente alla parte interessata introdurre in giudizio, ritualmente e tempestivamente, all’interno dell’atto difensivo (conf. Trib. Brescia, ord. 10.2.2020).

In materia di leasing resta impregiudicata la facoltà per l’utilizzatore, nell’ipotesi in cui il valore residuo dell’immobile superi l’importo spettante al concedente in forza della clausola penale, di agire in un autonomo giudizio ai fini della restituzione della differenza (conf. Trib. Brescia, 9.7.2021). Invero, soltanto nel relativo giudizio il ricavato della vendita del bene potrà costituire un controcredito da opporre in compensazione.

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso dall’utilizzatrice (nel caso di specie una s.r.l.) e dal fideiussore (nel caso di specie una s.p.a.) avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale aveva loro ingiunto il pagamento in favore di una banca della somma dovuta a titolo di canoni scaduti e interessi di mora risultanti dall’estratto conto del rapporto contrattuale (i.e. contratto di leasing immobiliare), risolto dalla concedente per inadempimento dell’utilizzatrice, giusta clausola risolutiva espressa.

In particolare, gli opponenti eccepivano: i) la carenza di prova scritta del credito, anche alla luce delle disposizioni dell’art. 1, comma 137, L. 124/2017; ii) la condotta della concedente contraria a buona fede, stante la repentina interruzione delle trattative avviate; iii) la violazione della L. 108/96, poiché il TAEG applicato al leasing risulterebbe notevolmente superiore rispetto al tasso soglia; iv) la nullità della fideiussione ex art. 2 della L. 287/90, per conformità allo schema elaborato dall’ABI nel 2003.

(Massima a cura di Simona Becchetti)




Sentenza del 4 febbraio 2021 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

La presenza in atti della copia di un atto
notarile, anche se non dichiarata conforme, o se sprovvista di idonea
attestazione da parte dell’ufficiale rogante, costituisce di per sé dato più
che sufficiente per inferirne la rituale e regolare formazione. Il che conduce
a ritenere pienamente valido il contratto di compravendita, con conseguente
pari validità dei collegati contratti di locazione finanziaria.

La dichiarazione della concedente di volersi
avvalere dell’effetto risolutivo derivante dalla clausola risolutiva espressa
ha la funzione di rimettere all’interessato la scelta di avvalersi o meno dell’effetto
risolutivo conseguente ai presupposti per la risoluzione, già interamente
verificatisi. Invero, i presupposti per la risoluzione di diritto sono
costituiti dalla presenza della clausola e dalla ricorrenza della situazione di
fatto da essa considerata (e cioè dall’inadempimento nel pagamento del canone),
mentre la dichiarazione di risoluzione, per la funzione sua propria, ben può
essere espressa anche con l’atto introduttivo del giudizio

Principi espressi a seguito del giudizio
di appello promosso dall’utilizzatore di un contratto di leasing immobiliare
avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la sua domanda volta a far
dichiarare la nullità di un contratto e in subordine la mancata risoluzione per
inadempimento dell’utilizzatore.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 30 settembre 2020 – Presidente relatore: Dott. Donato Pianta

Gli interessi moratori non hanno natura
remunerativa, bensì risarcitoria, in quanto la loro funzione è quella di tenere
indenne la controparte dal danno causato dal ritardo nel proprio adempimento.
Essi sono assoggettabili alla disciplina dell’usura e anche la sola pattuizione
di interessi moratori usurari è sufficiente all’applicazione delle suddette
norme. 

La pattuizione contrattuale degli
interessi moratori non può ritenersi usuraria se il criterio di calcolo
applicato al fine di determinare il tasso soglia di tali interessi è corretto,
in quanto applica la maggiorazione di 2,1 punti percentuali del TEGM riferito
all’interesse corrispettivo.

Se viene accertata la natura usuraria
degli interessi moratori, unica conseguenza è la debenza dei soli interessi
corrispettivi e non l’azzeramento degli interessi dovuti.

Non sussiste indeterminatezza nelle
condizioni del contratto di leasing laddove si riscontrano, nel testo
contrattuale, l’indicazione del costo del bene finanziato, la durata del
contratto, la periodicità, il numero e l’importo dei canoni a carico
dell’utilizzatore, il tipo di tasso applicato e l’eventuale criterio di
indicizzazione del tasso stesso.

E’ applicabile anche al leasing il principio espresso con
riferimento ai mutui ad ammortamento, secondo il quale la formazione delle rate
di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi,
attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico
del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta
in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento –
che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Sicché il
fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di
adempiervi in via differita nel tempo, non è sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne
l’autonomia (si veda, in parte motiva, Cass. Civ., sez. I, 22 maggio 2014, n.
11400); di conseguenza, non si configura l’ipotesi di anatocismo.

È ritenuta legittima la stipulazione di un contratto di leasing
“a tasso indicizzato”, in cui ciascun rateo è legato ad un parametro
finanziario di riferimento pattuito dai contraenti ed inserito in una specifica
clausola contrattuale di indicizzazione. Tale clausola non è però autonoma,
essendo un elemento accessorio e non scindibile rispetto al contratto di cui fa
parte, ragion per cui deve essere assoggettato alla medesima disciplina cui
deve essere sottoposto il contratto nel suo complesso. Di conseguenza non può
nemmeno ritenersi necessaria la stipulazione di un contratto-quadro, non
essendo in presenza di alcuno strumento finanziario autonomo e a sé stante.

E’
da ritenersi valida la clausola risolutiva espressa laddove la sua operatività,
prevista espressamente per il “mancato o ritardato adempimento, anche parziale,
di uno degli obblighi assunti dall’Utilizzatore”, è specificata con l’esplicito
richiamo delle varie fattispecie rilevanti: il
profilo d’inadempimento è dunque delineato in modo puntuale e specifico.

Principi espressi a seguito dell’impugnazione della sentenza del
Tribunale, al fine di vedere dichiarata la nullità del contatto di
leasing per usurarietà del tasso di interesse.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)