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Tribunale di Brescia, ordinanza del 6 febbraio 2023 – s.r.l., clausola compromissoria, azione di sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare di approvazione del bilancio ex art. 2378 comma terzo c.c.

Tra i «diritti disponibili relativi al rapporto sociale» ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, suscettibili di tutela arbitrale laddove sia presente in statuto una valida clausola compromissoria, è compreso il diritto di impugnazione (ed eventualmente anche di sospensione dell’esecuzione) della delibera di approvazione del bilancio il cui iter di formazione sia viziato da un’asserita illegittima esclusione di un socio dal quorum costitutivo e deliberativo. Si tratta infatti di vizi attenenti al rapporto tra singolo socio e società, pertanto «disponibili» ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003. Diversamente, i vizi attinenti al contenuto informativo del bilancio, legati cioè a una violazione dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, trascendono l’interesse del singolo e coinvolgono diritti indisponibili ai sensi della norma summenzionata, poiché le norme imperative poste a presidio dei  detti requisiti sono dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria, altresì a garanzia dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrino in rapporto (cfr. Cass. n. 20674/2016; Cass. n. 13031/2014).

Il quinto comma dell’art. 35 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari e agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera. Tale ultimo potere ha natura eccezionale in quanto costituisce una rilevante deroga alla regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 818 c. p.c. e 669-quinquies c. p.c., per cui la domanda cautelare si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito.

Principi espressi nel contesto di un rigetto di un reclamo cautelare promosso dal reclamante avverso un’ordinanza in cui il giudice istruttore aveva dichiarato l’incompetenza del Tribunale – per la presenza in statuto di una valida clausola compromissoria – a pronunciarsi sul ricorso avente come petitum la sospensione dell’efficacia di una delibera di approvazione del bilancio. Il giudice di seconde cure conferma l’incompetenza del Tribunale adito e, inoltre, ravvisa in ogni caso la carenza del periculum in mora, a seguito della valutazione comparativa degli interessi del socio e della società richiesta dall’art. 2378, comma quarto, c.c.

(Massime a cura di Giovanni Gitti)




Tribunale di Brescia, sentenza del 20 gennaio 2023, n. 125 – clausola compromissoria, controversie societarie, dimissioni volontarie, compenso degli amministratori

Gli amministratori sono legati alla società da un rapporto di immedesimazione organica, non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato, né a quello di collaborazione coordinata e continuativa. Esso, piuttosto, deve essere ascritto all’area del lavoro professionale autonomo ovvero qualificato come rapporto societario tout court (Cass. n. 2759/2016). Partendo da tale assunto, l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. anche Cass. n. 13956/2016, SS.UU. n. 1545/2017, Cass. n. 285/2019) ha chiarito la natura lato sensu societaria delle controversie che contrappongono la società al suo amministratore (o viceversa).

Di conseguenza, le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo “interno” dell’attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale quello alla spettanza del compenso), sono compromettibili in arbitri, ove nello statuto della società sia presente una clausola compromissoria in tal senso (Cass. n. 2759/2016).

Tale conclusione è corroborata anche dal criterio ermeneutico estensivo di cui all’art. 808-quater c.p.c., il quale sancisce che “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”.

I princìpi sono stati espressi nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con il quale era stato ingiunto a una società, di cui la parte opponente era amministratore, di pagare a quest’ultimo una somma a titolo di residuo compenso, oltre a interessi e spese, per l’attività prestata sino alla data delle sue dimissioni. La società opponente ha eccepito l’incompetenza dell’autorità giudiziaria ordinaria – dalla quale sarebbe dipesa la nullità del decreto ingiuntivo da essa pronunciato – facendo rilevare la presenza nel proprio statuto di una clausola compromissoria. Detta clausola avrebbe imposto, oltre all’esperimento di un previo tentativo di conciliazione, la devoluzione in arbitri – inter alia – di qualsiasi controversia promossa da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero promossa nei loro confronti, avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. Avendo l’amministratore opponente aderito all’eccezione di “competenza arbitrale”, il Tribunale di Brescia ha revocato il decreto ingiuntivo e, sempre per effetto della suddetta competenza arbitrale, ha dichiarato il suo difetto a conoscere ogni ulteriore domanda proposta nel merito.

(Massime a cura di Chiara Alessio)




Tribunale di Brescia, sentenza dell’11 novembre 2022, n. 2740 – clausola compromissoria, legittimazione attiva del curatore speciale, annullamento del contratto ex art. 2475 ter c.c., azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

Qualora nello statuto di una s.r.l. sia inserita una clausola compromissoria (da ritenere valida ex art. 34 d. lgs. 5/2003 applicabile ratione temporis) che devolva ad un collegio arbitrale qualunque controversia che dovesse insorgere fra i soci o fra questi e la società, incluse le controversie promosse dagli amministratori o nei loro confronti, per questioni attinenti al rapporto sociale in materia di diritti disponibili, la competenza dell’arbitro sussiste, in ipotesi di litisconsorzio necessario, anche nel caso in cui solo uno dei litisconsorti sollevi l’eccezione di arbitrato.

Qualora sia nominato un curatore speciale di una s.r.l., al fine di consentire a questa di partecipare al giudizio avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità dell’amministratore unico verso la società medesima, il potere rappresentativo del primo non lo legittima a formulare anche una domanda di annullamento del contratto di cessione d’azienda concluso dall’amministratore in conflitto di interessi, attesa l’eterogeneità tra gli oggetti delle due domande.

In relazione alla domanda di annullamento del contratto concluso in conflitto d’interessi con la s.r.l. dall’amministratore che ne ha la rappresentanza ex art. 2475 ter c.c., il socio è carente di legittimazione attiva, dal momento che tale domanda può essere formulata solo dalla società.

Con l’azione revocatoria il creditore può domandare, ai sensi dell’art. 2901 c.c., che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. L’attore ha in tal caso l’onere di provare anzitutto di essere creditore del contraente che ha disposto del proprio patrimonio con l’atto oggetto della domanda.

Principi espressi nel giudizio promosso dall’asserita socia di una s.r.l. volto a ottenere: (i) l’accertamento della sua qualità di partecipante alla compagine sociale; (ii) il risarcimento del danno cagionato alla s.r.l. partecipata  dall’amministratore  a fronte della cessione dell’azienda ad altra s.r.l. in conflitto di interessi e a prezzo notevolmente inferiore rispetto al suo valore effettivo; (iii) la revoca del convenuto  dalla carica di amministratore della s.r.l. e la nomina di un amministratore giudiziario; (iv) la revoca ex art. 2901 c.c. dell’atto con il quale la società partecipata aveva trasferito l’azienda alla cessionaria.

Il Tribunale  ha dichiarato: (i) la propria incompetenza in relazione alla domanda di accertamento della qualifica di socia della s.r.l. in capo all’attrice e all’azione di responsabilità dalla stessa proposta nei confronti dell’amministratore della s.r.l., attesa la presenza nello statuto di una clausola compromissoria ; (ii) la carenza di legittimazione attiva di parte attrice e della s.r.l., in persona del suo curatore speciale, con riguardo alla domanda di annullamento del contratto di cessione di azienda  oggetto di causa; (iii) la carenza di legittimazione attiva di parte attrice con riguardo alla domanda di revoca  di detto contratto di cessione di azienda.

(Massime a cura di Simona Becchetti)




Sentenza del 6 maggio 2021 – Giudice designato: Dott.ssa Marina Mangosi

Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e
giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle
parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in
funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della
posizione dedotta in giudizio (conf. Cass., Sez. Un., n. 21928/2018).

Qualora il contratto contenga sia una clausola compromissoria sia
una clausola che individui il foro territorialmente competente, la coesistenza
delle due previsioni – e sempre che la volontà compromissoria dei contraenti
sia chiara ed insuscettibile di interpretazioni alternative – deve essere
risolta sulla base dei principi di ordine generale in materia di
interpretazione delle clausole contrattuali di cui agli artt. 1362, 1° co., e
1363 c.c. e di conservazione del contratto ex art. 1367 c.c., in forza
del quale  non solo che il contratto
o  sue singole clausole devono essere
“interpretate nel senso in cui possano avere un qualche effetto”; ma anche che
il contratto “non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia
potenziale non subisca alcuna limitazione” (conf. Cass. n. 8301/07).

In ipotesi di coesistenza in un contratto di una clausola
arbitrale e di una clausola che stabilisca la competenza del tribunale
ordinario, il cui contenuto faccia riferimento a tutte le ipotetiche
controversie originate dal contratto, l’intenzione delle parti deve essere
considerata nel senso della possibilità di poter ricorrere al collegio
arbitrale in via alternativa rispetto al ricorso al tribunale non potendosi
escludere la giurisdizione statale rispetto al collegio arbitrale, qualora non
sia possibile ricostruire la volontà delle parti stesse (conf. Cass. n.
22490/2018).

Principi espressi nel procedimento promosso da una società che
aveva stipulato con un Comune due differenti contratti aventi ad oggetto,
quanto al primo, la concessione di derivazione idrica relativa a due impianti
di produzione idroelettrica e, quanto al secondo, la regolamentazione dei
rapporti economici relativamente alla cessione del diritto di superficie da
parte del Comune su terreni di sua proprietà interessati dalle opere funzionali
allo sfruttamento della concessione. Tali contratti contenevano due clausole
apparentemente contrastanti: una clausola compromissoria con la quale veniva
deferita ad arbitri ogni controversia e una seconda che devolveva alla
competenza esclusiva del foro territorialmente competente qualsiasi
controversia insorta in relazione alla validità, esecuzione o interpretazione del
contratto.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 5 marzo 2021 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Nel caso di opposizione al decreto
ingiuntivo emesso nei confronti del socio di s.r.l. per il versamento di somme
in conto capitale, la causa petendi attiene a rapporti sociali nell’ambito
di società di capitali, materia di competenza delle sezioni specializzate in
materia di impresa.

Nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, in ipotesi di adesione della parte opposta all’eccezione di incompetenza
formulata dalla parte opponente, il provvedimento decisorio non può che
assumere la forma della sentenza (cfr. Cass. n. 14594/2012), poiché l’adesione
della parte opposta all’eccezione di incompetenza formulata dalla controparte comporta
non soltanto la cancellazione della causa dal ruolo, ma anche la revoca dell’ingiunzione,
essendo necessario un provvedimento espresso che impedisca al decreto
ingiuntivo di continuare a produrre effetti in pendenza del giudizio di merito
(cfr. Cass. n. 25180/2013).

I principi sono stati espressi
nel giudizio di opposizione promosso dal socio di una s.r.l. in liquidazione
avverso il decreto ingiuntivo,
provvisoriamente
esecutivo, che lo condannava al pagamento immediato di una somma “
a
titolo di versamento in conto capitale allo scopo di rendere proporzionale alle
quote sociali il contributo erogato dai soci per il sostegno delle attività
imprenditoriali” della società.

L’opponente, in particolare, formulava
eccezione di incompetenza basata sulla clausola compromissoria statutariamente
prevista, cui aderiva la convenuta, ritualmente costituitasi.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 4 agosto 2020 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

È fondata l’eccezione di incompetenza del Tribunale a conoscere della domanda di risarcimento danni per gli atti di mala gestio, asseritamente compiuti dall’amministratore di una società, quando l’azione, diretta a verificare la correttezza dell’operato dell’organo gestorio della società, coinvolge “diritti disponibili relativi al rapporto sociale”, che risultano ricompresi nella clausola compromissoria prevista statutariamente in forza della quale sono devolute alla cognizione di un arbitro le eventuali controversie insorte fra i soci o fra i soci e la società, anche se promosse da amministratori e sindaci o revisore, ovvero nei loro confronti, anche non soci e che abbiano per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

Ai fini dell’accoglimento di un’azione di illecito concorrenziale, volta all’accertamento della fattispecie di sviamento di clientela e al conseguente risarcimento del danno, l’attore deve fornire la prova di specifiche condotte di natura illecita in contrasto con le regole di corretta concorrenza e dell’effettiva incidenza causale di dette condotte rispetto al danno patito.

In tema di illecito concorrenziale, il mero dato del sensibile calo del fatturato realizzato dall’attore nei confronti del cliente costituisce un elemento indiziario, privo peraltro dei necessari caratteri di precisione e gravità, che non consente di ritenere provata un’effettiva attività illecita produttiva di un danno.

In tema di illecito concorrenziale, si esclude la sussistenza di alcun danno patito dall’attore con riferimento a particolari clienti, quando il fatturato realizzato nei confronti di detti clienti sia andato progressivamente aumentando raggiungendo il suo picco proprio prima della proposizione dell’azione.

Principi espressi in relazione all’azione proposta da una società tesa ad ottenere il risarcimento di tutti i danni cagionati, per atti di mala gestio, dall’ex amministratore e quale corresponsabile di illecito concorrenziale commesso nella (nuova) qualità di direttore del settore vendita della società concorrente.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 23 marzo 2018 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l’unica regolamentazione del rapporto da esse voluta. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo (conf., ex multis, Cass. n. 30735/2017). Conseguentemente, non può trovare applicazione la clausola compromissoria contenuta nel contratto preliminare, laddove la stessa non sia prevista anche nel definitivo ovvero in altro separato accordo contestualmente concluso. 

La prescrizione quinquennale di cui all’art. 2949, co. 1, c.c. opera con riguardo ai diritti che scaturiscono dal rapporto societario, e cioè dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta dal contratto di società o che derivano dallo svolgimento della vita sociale, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d’essere negli ordinari rapporti giuridici che una società (o il singolo socio) può contrarre al pari di ogni altro soggetto (conf., ex multis, Cass. n. 21903/2013). Pertanto, soggiacciono al termine di prescrizione ordinario i rapporti giuridici aventi titolo nel contratto di cessione di partecipazione azionaria stipulato tra il singolo socio e il soggetto acquirente della partecipazione ceduta.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso dal curatore fallimentare nei confronti dei soci di una s.p.a., con cui il medesimo chiedeva: (i) da un lato, la declaratoria di nullità per violazione dell’art. 2358 c.c. del contratto preliminare di cessione delle azioni stipulato tra di essi, quali promittenti venditori, e la società poi fallita, quale promissaria acquirente, nonché dei successivi contratti di vendita e, (ii) dall’altro, la condanna dei convenuti alla restituzione di quanto da ognuno di essi incassato a titolo di prezzo per la cessione.

I convenuti si costituivano in giudizio eccependo, preliminarmente, l’incompetenza/difetto di giurisdizione del tribunale adito in ragione della clausola compromissoria contenuta nel contratto preliminare (e non prevista nei definitivi), nonché il decorso della prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c. delle domande di nullità dei predetti contratti.

Sul punto il Tribunale, rilevato che le somme chieste in restituzione erano state corrisposte in forza dei singoli contratti di cessione (produttivi dell’effetto traslativo), e non del contratto preliminare, accertata l’infondatezza delle eccezioni di carenza di giurisdizione/incompetenza del tribunale adito e di prescrizione dell’azione di nullità, ha rigettato le domande preliminari formulate da parte convenuta, disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 17 agosto 2017, n. 2563 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Raffaele Del Porto

Quando lo statuto di una società cooperativa prevede la devoluzione ad arbitri di tutte le controversie insorgenti tra i soci o tra i soci e la società aventi ad oggetto diritti disponibili, nelle controversie medesime deve ricomprendersi anche l’opposizione del socio cooperatore avverso il diniego del proprio recesso di cui all’art. 2532, secondo comma, c.c.; e ciò anche se, come nel caso di specie, sia lo stesso statuto a prevedere che tale opposizione debba essere proposta avanti al tribunale.

Lo scoordinamento testuale tra la clausola compromissoria ed altre disposizioni statutarie “di tutela del socio” (ossia, in generale, volte a sottrarre talune decisioni dalla discrezionalità degli organi sociali – quali, tipicamente, quelle relative all’esclusione o recesso del socio) deve trovare soluzione alla stregua della volontà dei contraenti, sicuramente rinvenibile nella prevalenza della generale cognizione arbitrale statuita dallo stesso statuto per il contenzioso endosocietario.

Allo stesso modo, la clausola compromissoria (e, dunque, l’incompetenza del tribunale) si estende anche all’eventuale domanda di condanna al pagamento di prestazioni conferite dal socio nel periodo della pretesa operatività del recesso, afferendo anch’essa al contenzioso endosocietario.

Principi espressi in ipotesi di rigetto dell’opposizione avanzata dal socio cooperatore (nel caso di specie, una società semplice) dinanzi al tribunale avverso il diniego consigliare del proprio recesso in presenza di clausola compromissoria.

Sent. 17.8.2017, n. 2563

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 31 marzo 2017 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

È valida la clausola compromissoria di società cooperativa che attribuisca il potere di nomina dell’arbitro unico, a cui sia devoluta la decisione delle controversie insorte tra i soci e la società, al presidente di un ordine professionale che abbia prestato la propria opera in favore della società medesima; il presidente di un ordine professionale deve, infatti, considerarsi soggetto indipendente rispetto ad entrambe le parti ed eventuali ragioni di incompatibilità della persona fisica (che rivesta tale incarico) possono essere risolte mediante la sua astensione.

In tema di società cooperativa, non costituisce atto di licenziamento la deliberazione consigliare di esclusione del socio che comporti l’automatica estinzione del rapporto di lavoro in essere tra il socio e la società medesima, con conseguente possibilità di devolvere ad arbitri il relativo giudizio di impugnazione.

I principi sono stati espressi nei giudizi (riuniti per connessione oggettiva e soggettiva) di impugnazione delle deliberazioni consigliari di esclusione del socio di due società cooperative, promossi, dal socio escluso, in presenza, in entrambi gli statuti, di clausole compromissorie.

L’attore, in particolare, chiedeva: (i) preliminarmente, l’accertamento dell’invalidità delle clausole compromissorie, fondata su due ordini di ragioni: da un lato, la circostanza per cui il soggetto deputato alla designazione dell’arbitro unico era il presidente di un ordine professionale che aveva prestato la propria opera in favore delle società e, dall’altro, l’affermazione secondo cui la devoluzione ad arbitri di giudizi inerenti rapporti di lavoro implicherebbe la rinuncia ai diritti di difesa del lavoratore, in violazione dell’art. 2113 c.c.; (ii) nel merito, la declaratoria di nullità delle deliberazioni con cui i consigli di amministrazione delle due società cooperative l’avevano escluso e, conseguentemente, la riammissione come socio con reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.

Sul punto il Tribunale, accertata la validità delle clausole compromissorie, esclusa la natura di atti di licenziamento delle deliberazioni di esclusione del socio, ha dichiarato il difetto di competenza del giudice ordinario, in favore di quella arbitrale.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 12 gennaio 2017 – Giudice designato: dott. Raffaele Del Porto

L’art. 2378, co. 3, c.c. stabilisce il necessario collegamento fra la pendenza del giudizio di merito e la possibilità di formulare l’istanza cautelare di sospensione e l’art. 35, co. 5, d.lgs. 5/2003 affida (eccezionalmente) agli arbitri il potere di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare in presenza di clausola compromissoria che ricomprenda nel suo ambito l’impugnazione della stessa. Da ciò ne deriva l’incompetenza del giudice ordinario a decidere sull’istanza cautelare di sospensione della deliberazione impugnata, anche in pendenza della causa di merito avanti a sé, senza che possa deporre in senso contrario il disposto dell’art. 669-quater, co. 1, c.p.c.

I principi sono stati espressi in ipotesi di ricorso cautelare promosso dal socio di s.p.a. nei confronti della società, in presenza di clausola compromissoria, al fine di ottenere la sospensione dell’esecuzione della deliberazione in conseguenza della presunta violazione di norme relative al procedimento di scissione, alla convocazione dell’assemblea e ai diritti (essenzialmente di recesso) del socio; norme poste tutte a esclusiva tutela di interessi di portata meramente individuale.

(Massima a cura di Marika Lombardi)