Sentenza dell’11 settembre 2020 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

Il mancato deposito dei bilanci relativi agli esercizi pregressi nonché quello di apertura della liquidazione, non consentendo di ricostruire in alcun modo le cause del depauperamento del patrimonio sociale, costituisce circostanza sufficiente a considerare integrata una condotta illecita del socio unico, amministratore unico e poi liquidatore della società, essendo ignota la sorte delle rilevanti attività risultanti dall’ultimo bilancio approvato.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di un’azione volta nei confronti del socio unico ex amministratore e liquidatore per ottenere il risarcimento del danno patito per la definitiva perdita del credito. In particolare, la società attrice aveva provveduto inizialmente a chiedere in via bonaria alla società debitrice il pagamento della somma dovuta, avendo poi appreso che la società era stata posta in liquidazione volontaria e successivamente cancellata dal Registro delle Imprese, ha richiesto il pagamento del danno al liquidatore della società, in assenza di giustificazioni dello stesso in ordine alla cancellazione della società nonostante risultasse dall’ultimo bilancio approvato un rilevante attivo patrimoniale e un consistente patrimonio netto positivo.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 15 giugno 2020 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

L’apposizione del timbro postale ai fini della “data certa” sul documento che contiene il contratto, nulla dice quanto al luogo della sua conclusione, atteso che il documento può essere stato senz’altro sottoscritto in un luogo e successivamente, nel corso della stessa giornata, presentato presso un ufficio postale in una provincia diversa per l’apposizione del timbro.

Il corrispettivo del trasferimento delle quote sociali è rappresentato dal pagamento del relativo prezzo. In caso di cessione di quota, i vari apporti di denaro eseguiti dai soci in favore della società non sono necessariamente ricompresi nel sinallagma contrattuale, in difetto di idonea prova quanto alla effettiva natura dei versamenti, dal momento che gli stessi possono avere forma di finanziamenti ordinari (con conseguente credito restitutorio “pieno”), di finanziamenti ex art. 2467 c.c. (con conseguente credito restitutorio postergato) o anche di meri conferimenti di capitale di rischio, potendo quindi circolare anche indipendentemente dal trasferimento delle quote. 

Qualora le parti abbiano contrattualmente stabilito il trasferimento della quota sociale senza il pagamento di alcun prezzo, l’eccezione di inadempimento relativa al mancato rimborso della quota dei versamenti effettuati medio tempore dal socio “quali finanziamenti alla società” non può utilmente essere invocata dal socio a sostegno dell’eccezione ex art. 1460 c.c. (Conf. Cass. n. 2720/2009).

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di un’azione volta ad ottenere l’ordine al convenuto di procedere a tutti gli adempimenti necessari per l’effettiva corretta intestazione della quota in esecuzione di una scrittura privata con la quale le parti avevano riconosciuto che la quota del capitale sociale della società era stata sottoscritta dall’attore in misura del 50% in nome e per conto proprio e in misura del restante 50% in nome proprio ma per conto, su mandato fiduciario, del convenuto.

Sempre in forza della medesima scrittura, il convenuto si era obbligato a cedere all’attore, a sua semplice richiesta, la quota detenuta in forza del mandato fiduciario conferitogli, senza alcuna somma a titolo di prezzo della stessa essendo già stato oggetto di accordo tra le parti. Il convenuto si era dichiarato disponibile al trasferimento della quota, ma subordinatamente al rimborso dei finanziamenti eseguiti nel frattempo in favore della società, sollevando altresì eccezione di inadempimento, che è stata ritenuta impropriamente svolta.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 4 giugno 2020 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

È inammissibile, perché nuova, la domanda di risarcimento del danno presentata nei confronti di una s.r.l. e del socio, qualora l’attore, con la memoria ex art. 183, 6° comma, n. 1, c.p.c., aggiunga alla domanda originaria una domanda (nuova) di condanna nei confronti del socio stesso quale liquidatore della società, abbandonando la domanda nei confronti della società perché cancellata dal Registro delle Imprese. Alla medesima conclusione si perviene anche qualora si ritenga tale domanda siccome sostitutiva dell’originaria proposta nei confronti della società, perché avanzata verso un soggetto diverso da quello originario, a nulla rilevando la (occasionale) presenza in giudizio del convenuto nella differente veste di socio della società cancellata.

Principi espressi nel rigettare l’azione volta ad ottenere la condanna di una s.r.l. in liquidazione e dei soci al pagamento del compenso professionale per l’incarico di liquidatore svolto e subordinatamente al risarcimento in via equitativa per presunto inadempimento contrattuale.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza dell’8 ottobre 2019 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

La competenza in tema di azione revocatoria ordinaria si determina in relazione al credito cautelato con tale azione (conf. Cass. n. 5402/2004).

Costituisce una condotta che rivela un’inescusabile negligenza del liquidatore e determina un chiaro danno per i creditori sociali, ai quali sono stati sottratti i beni (o il loro ricavato) destinati alla loro soddisfazione, l’alienazione della gran parte dei beni strumentali della società in liquidazione e la contestuale, immediata e inspiegabile rinuncia, da parte del liquidatore, del credito nei confronti della società acquirente.

In tema di azione revocatoria, sono soggetti a revoca, ai sensi dell’art. 2901 c.c., i contratti definitivi stipulati in esecuzione di un contratto preliminare, ove sia provato il carattere fraudolento del negozio con il quale il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria del contratto definitivo, indipendentemente da un’apposita domanda volta a far dichiarare l’inefficacia del contratto preliminare.

Il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non è configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, che può, invece, avere ad oggetto l’eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato; pertanto, la sussistenza del presupposto dell’“eventus damni” per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. in capo all’acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti (conf. Cass. n. 15215/2018).

Principi espressi in accoglimento parziale dell’azione volta ad ottenere la condanna del liquidatore di s.r.l nonché la declaratoria di revoca dell’atto di alienazione dei beni da parte del liquidatore alla moglie, in attuazione degli accordi contenuti nel verbale di separazione.

L’attore lamentava di aver maturato un credito nei confronti della società e che, dopo aver ottenuto decreto ingiuntivo, le parti avevano concordato lo stralcio del credito garantito da cambiali con scadenza mensile, titoli che a loro volta non erano più stati soddisfatti. 

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)