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Ordinanza del 20 luglio 2018 – Presidente relatore: dott. Raffaele Del Porto

Nell’ambito del procedimento di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedimento che ha autorizzato il sequestro conservativo nei confronti degli amministratori di una società fallita, ai quali siano stati addebitati, fra l’altro, la mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e l’illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa in un’ottica non meramente conservativa, è precluso l’espletamento di una consulenza tecnica diretta a ricostruire l’effettivo aggravio nel corso degli esercizi sociali del deficit causato da siffatti comportamenti, trattandosi di mezzo istruttorio che, per la sua complessità, risulta incompatibile con la natura sommaria di tale procedimento.

In tema di sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere l’intento di porre in essere, al fine di sottrarsi all’adempimento, atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio.

(Conforme a Cass. nn. 6460/1996; 2139/1998; 2081/2002).

Principi espressi in ipotesi di parziale riforma, in sede di reclamo, del provvedimento, concesso ante causam, con il quale era stato autorizzato il sequestro conservativo in danno degli amministratori di una s.r.l. fallita, a fronte del fumus della loro responsabilità per atti di “mala gestio” posti in essere a danno della società gestita, consistenti nella mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e nella prosecuzione illegittima dell’attività di impresa per finalità non conservative.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)

Ord. 20.7.2018




Ordinanza del 6 giugno 2018 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Rosa

In tema di concorrenza sleale, ai fini della concessione dell’inibitoria a seguito di descrizione, se è vero che la domanda cautelare non può poggiare su mere illazioni o spericolate induzioni fattuali, è altresì vero che la logica propria dell’istituto cautelare è quella della prevenzione del danno o del maggior danno, sicché sarebbe incoerente a tale ratio pretendere la compiuta attuazione di un programma di sviamento di clientela quale presupposto della misura.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo expromosso da una s.p.a. ed altri soggetti persone fisiche (parte reclamata) nei confronti di due s.r.l. (reclamate), avverso l’ordinanza cautelare che aveva parzialmente accolto le domande cautelari proposte dalle reclamate 

Il Tribunale, in parziale riforma dell’ordinanza impugnata, ha parzialmente accolto il reclamo disponendo la riduzione del periodo di divieto.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 5 febbraio 2018 – Presidente relatore: dott. Stefano Rosa

In tema di concorrenza sleale, ai fini della concessione della misura cautelare dell’inibitoria a seguito di descrizione, appare incoerente rispetto alla ratiodell’istituto, che risponde ad una logica di prevenzione del danno o del maggior danno, pretendere la compiuta attuazione di un programma di sviamento e storno di clientela e collaboratori quale presupposto della misura, risultando sufficiente l’acquisizione, in sede di descrizione, di consistenti indizi circa la natura potenzialmente non lecita dell’attività svolta dal soggetto contro il quale la predetta misura sia richiesta. 

Nel caso di specie, in particolare, in sede di descrizione erano state rinvenute numerose e-mail ad oggetto lavorativo sul telefono cellulare dell’amministratore (di fatto) della società contro cui la misura era stata richiesta, ritenendosi pertanto che il carattere personale del mezzo informatico adoperato per i contatti commerciali e l’occultamento della (inequivoca) qualità di amministratore (di fatto) deponessero per una occulta utilizzazione di dati commerciali pertinenti alla società ricorrente in sede cautelare, intesa a determinare una più agevole collocazione sul mercato della concorrente di nuova costituzione (contro cui la misura era stata chiesta).

Il principio è stato espresso nel giudizio di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. promosso da una s.r.l.s. (reclamante) nei confronti di una s.r.l. (reclamata) avverso l’ordinanza cautelare che aveva inibito alla reclamante e all’amministratore (di fatto) della medesima società di intrattenere rapporti commerciali, per un periodo di tempo determinato, con taluni clienti ed intermediari della reclamata.

La reclamante, in particolare, chiedeva la revoca dell’ordinanza impugnata o comunque la riduzione del periodo di divieto, affermando la sostanziale inettitudine della documentazione acquisita in sede di descrizione a comprovare un’attività illecita – sul piano concorrenziale – ad essa imputabile.

Sul punto il Tribunale, ritenuta la descrizione quale momento di presumibile interruzione dell’attività illecita (sul piano concorrenziale), in parziale riforma dell’ordinanza impugnata, ha parzialmente accolto il reclamo disponendo la riduzione del periodo di divieto.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 26 luglio 2017 – Presidente: dott. Stefano Rosa, Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Secondo l’interpretazione preferibile, l’art. 591-ter c.p.c. disciplina un rimedio – quello del reclamo al giudice dell’esecuzione contro gli atti del professionista delegato – di natura “preventiva”, funzionale cioè a consentire l’intervento giudiziale nel corso delle operazioni di vendita in caso di “difficoltà”, prima che dette operazioni giungano a compimento; conseguentemente, non può trovare accoglimento il ricorso ex art. 591-ter c.p.c. promosso dopo la conclusione delle operazioni di vendita, non essendo, peraltro, tale strumento processuale, utilmente proponibile nemmeno al fine di ottenere la sospensione dell’efficacia del decreto di trasferimento, nonché della validità del precetto notificato, la cui opposizione può essere eventualmente proposta, ricorrendone i presupposti, nelle forme di cui all’art. 615 c.p.c.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso, ex artt. 591-ter e 669-terdecies c.p.c., dal debitore esecutato avverso il provvedimento di aggiudicazione emesso a conclusione delle operazioni di vendita.

Il ricorrente, in particolare, chiedeva (con contestuale istanza di sospensione) l’accertamento dell’inefficacia di tale atto, nonché di quelli presupposti, connessi e consequenziali, fondata sull’inapplicabilità della disciplina di cui art. 571, co. 2, c.p.c., in quanto, in tesi, l’esperimento di vendita avrebbe dovuto considerarsi “prosecuzione di (altra) precedentemente sospesa”. Sul punto il Tribunale, accertata l’inammissibilità delle domande proposte, ha rigettato il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 28 novembre 2016 – Presidente relatore: dott. Stefano Rosa

In tema di concorrenza sleale, una volta concesso il provvedimento di autorizzazione alla descrizione inaudita altera parte, l’oggetto del contendere nella fase della conferma del provvedimento all’esito del contraddittorio (art. 129, ult. co., c.p.i.) non è più quello dell’opportunità della previa audizione della parte resistente, ma semplicemente la verifica dei presupposti di accoglimento del ricorso, tenute presenti anche le ragioni del soggetto passivo della descrizione.

Per la descrizione i presupposti del fumus e del periculum si atteggiano in modo peculiare rispetto alla generale teorica dei provvedimenti cautelari, assumendo connotati vicini all’accertamento tecnico preventivo di diritto comune: ed invero, la descrizione non attiene alla violazione della privativa, ma all’acquisizione della prova stessa altrimenti impossibile, antieconomica o comunque disagevole ed il provvedimento positivo non acclara – dunque – la violazione ma solo l’ammissibilità-rilevanza del materiale probatorio di cui si chiede l’acquisizione od il confezionamento attraverso l’accesso dell’organo pubblico e del perito ausiliario incaricati dell’esecuzione.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. promosso da una s.p.a. (reclamante) nei confronti di una s.r.l. (reclamata), avverso l’ordinanza con la quale erano state rigettate le domande cautelari della reclamante.

Con il predetto ricorso, in particolare, la reclamante aveva chiedo di ordinare ai sensi dell’art. 129 c.p.i. la descrizione del prodotto in potenziale interferenza con il brevetto europeo dalla medesima vantato.

Il giudice designato della sezione feriale aveva concesso il provvedimento richiesto (descrizione) e l’incombente veniva eseguito con rilevante acquisizione documentale.

Convocate le parti e costituitasi la società resistente, il nuovo giudice designato rigettava il petitum, revocando il provvedimento emesso inaudita altera parte.

Sul punto il Tribunale, in accoglimento del reclamo proposto, ha riformato l’ordinanza impugnata, confermando il provvedimento autorizzativo della descrizione adottato dal primo giudice designato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 17 agosto 2016 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

La proposizione del reclamo ex art. 591-ter c.p.c. avverso gli atti del professionista delegato non soggiace a uno specifico termine di legge, dovendosi tuttavia escludere che detto reclamo possa proporsi sine die, anche al fine di conferire stabilità agli atti della procedura esecutiva, dovendosi pertanto concludere che le parti e gli interessati possano proporre reclamo avverso gli atti del delegato, fino all’emissione del provvedimento conclusivo della fase procedimentale del quale l’atto impugnato fa parte.

In applicazione di tale principio va ritenuto inammissibile, perché tardivo, il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. diretto a censurare i ribassi operati nell’ambito dei precedenti esperimenti di vendita andati deserti, trattandosi, all’evidenza, di reclamo avverso atti del professionista delegato relativi a fasi procedimentali ormai concluse (conf. Trib. Brescia, ord. 22 luglio 2016).

La regola contenuta nell’art. 2929 c.c., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l’assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori, ma ad essi obbligatoriamente prodromici (conf., tra le più recenti, Cass. n. 26930/2014, n. 13824/2010, n. 21682/2009).

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo, ex artt. 624 e 669-terdecies c.p.c., promosso dal debitore esecutato avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione aveva respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione immobiliare, proposta nel contesto di opposizione ex art. 617, co. 2, c.p.c. avverso il provvedimento pronunciato dal medesimo giudice ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c.

Il reclamante, in particolare, chiedeva l’accertamento dell’illegittimità degli atti compiuti dal professionista delegato, non avendo, in tesi, il professionista rispettato la sequenza di “vendita senza incanto-vendita con incanto” ed avendo il medesimo violato le disposizioni sui “ribassi” di cui agli artt. 569, co. 3, 576 e 591 c.p.c.

Sul punto il Tribunale, accertato il difetto del requisito del fumus boni iuris, ha rigettato il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 21 giugno 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

L’art. 2476, secondo comma, c.c. riconosce al socio non amministratore un diritto soggettivo di natura potestativa, esercitabile, anche nelle s.r.l. dotate di collegio sindacale (o di sindaco unico), individualmente ed in via autonoma senza che sia necessario preventivamente identificare un vincolo di strumentalità con azioni diverse o con finalità probatorie specifiche.

Tale diritto si estende a tutta la documentazione sociale che possa fornire elementi utili in ordine all’amministrazione della società.

Il limite all’esercizio del diritto, come riconosciuto dalla costante giurisprudenza, è esclusivamente quello derivante dal canone di buona fede, non potendosi dunque formulare richieste di carattere ripetitivo, vessatorio, ostruzionistico od emulativo, mentre in via generale non sono opponibili al socio esigenze di riservatezza o di tutela della concorrenza.

Tuttavia, ove sussistano elementi di rischio, anche in chiave di verosimiglianza, connessi all’accesso del socio, il giudice può disporre specifiche modalità attuative che, da un lato, consentano al socio di esaminare la documentazione sociale, e, dall’altro, tutelino la società da un utilizzo illecito delle informazioni fornite: così, esemplarmente, l’accesso alla contabilità può avvenire indirettamente tramite un professionista scelto dal socio e gradito dalla società.

Principi espressi in ipotesi di parziale accoglimento di reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso, ex art. 700 c.p.c., promosso dal socio al fine di ottenere l’ordine agli amministratori di consentirgli di eseguire, o far eseguire da professionista di sua fiducia, una ispezione ex art. 2476 c.c.

Ord. 21.6.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)