Decreto del 16 dicembre 2016 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Ai fini del riconoscimento del privilegio c.d. artigiano di cui all’art. 2751-bis, n. 5, c.c., il creditore deve provare il possesso dei requisiti richiesti dalla “legge-quadro” (i.e. la l. n. 443/1985) al momento dello svolgimento della prestazione; sicché, per il caso in cui l’impresa sia organizzata in forma societaria, detto onere probatorio non può ritenersi assolto laddove il creditore si sia limitato a dar prova della propria iscrizione all’albo delle imprese artigiane e del mancato superamento dei limiti fissati dalla legge quanto al numero dei dipendenti, dovendo lo stesso altresì provare, ai sensi dell’art. 3, comma secondo, l. n. 443/1985, (i) che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e (ii) che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.

In tema di opposizione allo stato passivo, il ricorrente ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto del privilegio richiesto (conf. Cass. n. 13758/2005).

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso dal creditore, nel caso di specie, un’impresa artigiana, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo che aveva disposto l’ammissione del credito integralmente al chirografo, non ritenendo sussistenti i presupposti richiesti ai fini del riconoscimento del privilegio c.d. artigiano.

L’opponente, in particolare, chiedeva l’ammissione del credito al privilegio ex art. 2751-bis, n. 5, c.c., in quanto, al momento della prestazione, l’impresa: (i) risultava iscritta all’albo delle imprese artigiane tenuto dalla Provincia di riferimento; (ii) svolgeva attività di posa in opera di pietre, marmi, graniti e ceramiche; (iii) aveva un numero di dipendenti inferiore al limite indicato dalla legge per le imprese che non lavorano in serie; (iv) i suoi quattro soci erano tutti lavoranti.

Sul punto il Tribunale, ritenuta insufficiente la prova fornita dall’opponente circa la sussistenza dei presupposti di fatto del privilegio richiesto, ha rigettato l’opposizione, confermando l’ammissione del credito in via meramente chirografaria.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 6 maggio 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

In tema di opposizione allo stato passivo, in ipotesi di sopravvenuta dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa della società cooperativa opponente deve ritenersi esclusa l’applicazione della previsione dell’interruzione automatica del processo ex art. 43 l. fall., trattandosi di disposizione speciale rispetto alla disciplina generale di cui agli artt. 299 e 300 c.p.c. e pertanto non suscettibile di applicazione analogica, dovendo, invece, trovare applicazione l’art. 300 c.p.c.

Peraltro, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione del processo, non è sufficiente la sola conoscenza da parte del curatore dell’evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto effetto interruttivo è in concreto destinato a operare; detta conoscenza deve inoltre essere “legale”, cioè acquisita non in via di mero fatto ma tramite una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (conf. Cass. n. 6331/2013 e n. 5650/2013).

In tema di ammissione al passivo, ai fini del riconoscimento del delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro ex art. 2751-bis, n. 5, c.c. è necessario e sufficiente che il credito sia pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e che l’apporto lavorativo di questi ultimi sia prevalente rispetto al lavoro dei dipendenti non soci; ne consegue che, a differenza di quanto accade con riferimento al privilegio artigiano, non è possibile il ricorso a parametri diversi da quelli indicati, collegati a canoni funzionali o dimensionali ovvero a comparazioni fra lavoro dei soci e capitale investito (conf. Cass. n. 12136/2014).

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso dal creditore, nel caso di specie, una società cooperativa, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo che aveva disposto l’ammissione integralmente al chirografo dei crediti dalla stessa vantati nei confronti di una s.r.l., poi fallita; il provvedimento opposto, in particolare, aveva escluso la sussistenza del privilegio previsto per gli enti cooperativi “per limiti aziendali incompatibili e non (risultando) dimostrata la prevalenza del lavoro manuale”.

Nelle more del giudizio, veniva disposto l’assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa della società cooperativa opponente, che si costituiva in giudizio, e a seguito del quale il fallimento eccepiva l’estinzione del processo, ritenendo decorso il termine di tre mesi per la riassunzione del giudizio “colpito” da interruzione automatica ex art. 43, ultimo comma, l. fall. 

Sul punto il Tribunale, rigettate le eccezioni relative all’estinzione del processo e all’inammissibilità e tardività delle difese di parte opponente, accertata la sussistenza dei requisiti necessari ai fini del privilegio richiesto, ha parzialmente accolto l’opposizione e, in riforma del decreto di esecutività dello stato passivo, ha disposto l’ammissione di parte del credito dell’opponente al privilegio ex art. 2751-bis, n. 5, c.c.

(Massima a cura di Marika Lombardi)