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Sentenza dell’11 dicembre 2018, n. 3360 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

La protezione accordata dall’ordinamento ai modelli non registrati ha, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento CE n. 6/2002, una durata circoscritta all’arco temporale dei tre anni decorrenti dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta. Tale protezione assicura al titolare del modello non registrato il diritto di vietare la commercializzazione di prodotti che riproducano il modello tutelato soltanto qualora l’utilizzazione contestata sia derivata dalla copiatura del modello oggetto di protezione. Ipotesi, questa, che non ricorre qualora si tratti di un’opera creativa realizzata in modo indipendente da un terzo e si possa ragionevolmente ritenere che costui non conoscesse il disegno o modello del titolare.

Non è tutelabile il modello comunitario non registrato che sia privo di carattere individuale. Tale requisito ricorre nel caso in cui, alla stregua di un giudizio sintetico, l’utilizzatore tragga dall’osservazione del modello la fondata sensazione di un’impressione generale diversa da quella suscitata da qualsiasi modello divulgato anteriormente. 

In relazione all’utilizzo di un determinato packaging l’imitazione servile è ipotizzabile qualora un’impresa adotti illecitamente per i propri prodotti confezioni che riprendono gli attributi estetici o le forme delle confezioni dei prodotti di un concorrente, sempre che siano dotati di capacità distintiva, in quanto idonei a ricollegare quel determinato prodotto al suo produttore.

L’appropriazione di pregi ricorre qualora un’impresa, in forme pubblicitarie, attribuisca ai propri prodotti qualità non possedute, ma appartenenti ai prodotti dell’impresa concorrente. Deve trattarsi di qualità intrinseche del prodotto oggettivamente dotate di capacità individualizzante, essendo pregi assolutamente peculiari propri del concorrente e predicati del prodotto; pertanto detti pregi non possono riguardare il packaging, dovendo riguardare piuttosto il suo contenuto, dal momento che in qualsiasi mercato la confezione di una determinata merce non è oggetto di opzione preferenziale autonoma e disgiunta dal suo contenuto, al netto della forza attrattiva dagli espedienti estetici di marketing.

Il conferimento di un premio per la categoria packaging non attesta alcuna capacità individualizzante della confezione sul mercato di riferimento, qualora la premiazione avvenga all’esito di un concorso cui partecipano soltanto gli operatori che si sono iscritti volontariamente ed escluda qualsiasi valutazione comparativa di portata generale tra prodotti del medesimo settore, idonea a individuare capacità individualizzanti da elevare a pregi di un prodotto. 

L’illecita concorrenza per agganciamento parassitario consiste in un indebito “travaso” di notorietà dal soggetto più noto a quello meno noto, circostanza che porta ad escludere sotto il profilo logico la configuarabilità di tale fattispecie nel caso in cui sia ravvisabile un travaso di notorietà anomalo, ossia dal soggetto meno noto a quello più noto. 

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda di accertamento della violazione dei diritti di su un disegno o modello comunitario non registrato avente ad oggetto il packaging di prodotti alimentari, nonché́ del compimento di illeciti concorrenziali, con conseguenti richieste inibitorie e di risarcimento del danno asseritamente subito. 

Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che il modello comunitario non registrato vantato dalla società attrice fosse privo del requisito del carattere individuale e in ogni caso che la realizzazione del packaging della concorrente fosse un’opera di creazione indipendente, non lesiva dei diritti della prima. 

Il Tribunale ha escluso inoltre la configurabilità dell’imitazione servile delle confezioni dei prodotti dell’attrice in quanto le stesse risultavano essere prive di capacità individualizzante nella misura in cui le caratteristiche estetiche evocate apparivano del tutto standardizzate e prive di distintività. L’idea asseritamente creativa da cui aveva tratto origine il packaging in questione rinveniva infatti il suo nucleo centrale nell’utilizzo di sacchetti da forno comunemente impiegati per contenere il pane per commercializzare tramezzini.

È stata infine esclusa la possibilità di ravvisare nel caso di specie un’ipotesi di appropriazione di pregi o di agganciamento parassitario per l’assenza dei relativi presupposti.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 5 aprile 2019 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

Stante il disposto dell’art. 99, co. 1, c.p.i. che fa salva la disciplina della concorrenza sleale, l’insussistenza dei requisiti per accordare al know-how la tutela offerta dal c.p.i. non fa venire meno l’applicabilità dei principi generali in tema di concorrenza sleale, dovendosi ritenere condotta contraria ai principi della correttezza tra imprenditori lo sfruttamento abusivo di altrui informazioni tecniche o commerciali, aventi carattere riservato (sia pure non “segreto”) e apprezzabile valore economico, di cui l’imprenditore sia venuto in possesso per circostanze fortuite (nel caso di specie, l’esistenza di una passata trattativa tra la società attrice ed un cliente della società convenuta aveva consentito a quest’ultimo di trattenere indebitamente disegni, progetti e altro materiale tecnico, rientrante nella esclusiva titolarità di parte attrice, e di metterlo a disposizione di un diverso “fornitore”, ovvero la società convenuta, al fine di ottenere condizioni commerciali più competitive).

In mercati caratterizzati dalla realizzazione di commesse sulla base di progetti condivisi dal committente e dalla particolare qualificazione dei soggetti che vi operano, l’imitazione di “aspetti esteriori” non è idonea a costituire un illecito confusorio laddove il profilo estetico degli impianti realizzati non rivesta carattere centrale nell’aggiudicazione degli appalti e non sia elemento tale da generare vantaggi competitivi, né rischi di confusione in capo ai fruitori, essendo questi in grado di distinguere i prodotti forniti e i servizi resi dai diversi operatori del mercato in questione. 

L’indebito utilizzo di informazioni riservate tecniche altrui integra la fattispecie “generale” di cui all’art. 2598, n. 3), c.c., sicché deve ritenersi escluso che tale condotta possa integrare altresì l’attività di appropriazione di pregi di cui all’art. 2598, n. 2), c.c.

Non può trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno derivante da atti di concorrenza sleale laddove il danno sofferto in conseguenza della condotta avversaria non risulti provato. In particolare, in ipotesi in cui l’agente lamenti un pregiudizio da ricondurre alla categoria della “perdita di chance”, incombe su quest’ultimo l’onere di provare la sussistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (conf. Cass. n. 15385/2011).

Deve ritenersi infondata la domanda di tutela di cui all’art. 99 l.d.a. in difetto dei presupposti di applicazione della suddetta norma, presupponendo la medesima il carattere di originalità del progetto ingegneristico (conf. Trib. Milano 31.05.2016). In ogni caso, l’esercizio del diritto all’equo compenso è altresì condizionato alla previa esecuzione degli adempimenti di cui all’art. 99, co. 2, l.d.a., sicché in caso di mancata esecuzione la domanda deve ritenersi infondata anche alla luce del disposto di cui all’art. 11 del regolamento per l’esecuzione della l.d.a.

Allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte, il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (conf. Cass. n. 23637/2016). Argomentando a contrariosi ricava che laddove il C.T.U. abbia esaminato i rilievi mossi dai consulenti di parte e replicato puntualmente, non sussiste in capo al tribunale l’onere di motivazione sul punto, onere già compiutamente assolto dal perito.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso nei confronti della concorrente s.n.c., ai fini dell’accertamento degli illeciti di concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1), 2) e 3), c.c. e della violazione dei diritti autorali connessi di cui all’art. 99 l.d.a.; per l’effetto, l’attore chiedeva: (i) di inibire la prosecuzione degli illeciti eventualmente accertati ai sensi degli artt. 2599 c.c., 99 l.d.a. e 156 l.d.a.; (ii) di ordinare la restituzione di documenti contenenti informazioni riservate e di inibirne qualunque utilizzo futuro; (iii) il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti; (iv) la pubblicazione della sentenza; (v) la fissazione di una penale per ciascuna violazione.

Al riguardo, l’attrice lamentava: (i) l’indebito sfruttamento di dati tecnico-commerciali di sua proprietà trasmessi in forma riservata e in sede precontrattuale ad alcuni potenziali clienti, che li avevano successivamente messi a disposizione della società convenuta; (ii) la realizzazione di impianti con identiche caratteristiche di lay-out ossia estetiche e non necessariamente tecniche; (iii) l’appropriazione di pregi.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 13 maggio 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

Concorre nell’inadempimento dell’obbligo di segretezza contrattualmente assunto la società che utilizzi impropriamente materiale nel possesso di altra ove vi sia coincidenza fisica tra i componenti del consiglio di amministrazione di quest’ultima e i collaboratori dell’altra. Il comprovato utilizzo del materiale e la coincidenza soggettiva fanno infatti presumere la cessione di materiale da parte di una nei confronti dell’altra.

L’uso di cataloghi pubblicitari, codici alfanumerici e, all’interno degli stampati, di fotografie che ritraggono lo stabilimento e i dipendenti di altra società, costituiscono atti di concorrenza sleale per confusorietà ex art. 2598, n. 1. c.c.

L’utilizzo della reference list di altra società costituisce atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi ex art. 2598, n. 2, c.c.

Ai fini della tutela prevista all’art. 98 c.p.i., gli specifici requisiti indicati nella disposizione medesima devono essere integralmente allegati e provati, sicché anche l’assenza di uno solo di essi impedisce di sussumere i relativi fatti nell’alveo normativo del codice della proprietà industriale.

Inoltre, il richiamo al requisito della segretezza, interpretato alla luce dei riferimenti contenuti nelle lettere a), b), c), va inteso come attinente in primo luogo alla novità delle informazioni.

La perdita di clientela, rappresentando il tipico effetto dannoso dell’attività illecita, integra gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile; l’irreparabilità del danno deriva dall’obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato eventualmente perduta e dall’impossibilità di addivenire nel futuro giudizio di merito ad una esatta quantificazione del pregiudizio patrimoniale arrecato all’immagine e agli interessi della società pregiudicata.

La dichiarazione di volontà della società di stipulare un accordo di impegno, in assenza di impegno effettivo, quale, esemplarmente, la volontaria soggezione a penali concordate con la controparte, non vale ad escludere il pericolo di una successiva reiterazione di condotte illecite.

(Conforme a Trib. di Milano, 18 aprile 2011).

Principi applicati in ipotesi di accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto di un ricorso, ex art. 700 c.p.c. e 2598 c.c., volto ad ottenere: l’inibitoria dell’utilizzo di materiale della società ricorrente da parte di altre concorrenti; l’inibitoria della commercializzazione e della pubblicizzazione di prodotti aventi le medesime caratteristiche di quelli della ricorrente; la distruzione del materiale promozionale, utilizzato dalle resistenti, frutto di riproduzione di quello della ricorrente; la previsione di una penale per ogni giorno di ritardo e per la violazione dell’inibitoria; e, infine, la pubblicazione dell’ordinanza sui quotidiani nazionali ed esteri, nonché sul sito delle società resistenti.

Ord. 13.5.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)