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Sentenza dell’8 gennaio 2021 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Il socio che abbia partecipato, con voto determinante, all’adozione di una deliberazione assembleare poi impugnata da un altro socio è portatore di un interesse ad intervenire in giudizio per appoggiare le ragioni della società al fine di evitare che siano posti nel nulla gli effetti di un atto alla cui formazione egli ha contribuito (e che deve, pertanto, presumersi conforme alle sue scelte), interesse non già di mero fatto, bensì giuridicamente qualificato dalla condizione stessa di socio, il quale, per un verso, è titolare di diritti partecipativi che lo abilitano (nei limiti proporzionali della sua quota) ad influenzare secondo i propri intenti il processo decisionale dell’assemblea, e, per altro verso, è sì vincolato alle deliberazioni da quest’ultima adottate, ma sul presupposto che dette delibere (se prese nel rispetto della legge e dello statuto) vincolino allo stesso modo anche gli altri soci (conf. Cass. n. 4929/2003).

Con riferimento alle società di persone, salvo quanto diversamente previsto dallo statuto, non trova applicazione la disciplina legale in materia di metodo assembleare, tipica delle società di capitali, dovendosi fare riferimento ai principi generali sugli atti negoziali plurilaterali. Al riguardo, l’eventuale censura della decisione dei soci fondata sull’identità del soggetto che ha curato l’invio ai soci degli “avvisi di convocazione” non può trovare accoglimento, trattandosi di comunicazione non prescritta dalla legge.

In tema di impugnazione della decisione di trasformazione della società, il disposto dell’art. 2500-bis c.c. (“eseguita la pubblicità di cui all’art. 2550 c.c., l’invalidità dell’atto di trasformazione non può più essere pronunciata”) osta all’accoglimento di ogni domanda tesa alla dichiarazione di nullità ovvero all’annullamento dell’atto di trasformazione oggetto dell’impugnazione medesima, i cui effetti sono da ritenersi irreversibili una volta che siano stati pacificamente eseguiti gli adempimenti pubblicitari previsti dalla disciplina in materia di trasformazione di società.

In ipotesi di impugnazione della decisione di trasformazione della società fondata sulla mancata condivisione con i soci di minoranza della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c., tale impugnazione non può trovare accoglimento non sussistendo alcun obbligo di informazione preventiva in favore dei soci finalizzato all’assunzione della decisione.

In ipotesi di impugnazione della decisione di trasformazione della società fondata sulla pretesa nullità dell’atto di trasformazione per la violazione di norme imperative derivante dalla difformità dei valori della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. rispetto ai valori patrimoniali recepiti in bilancio, la domanda non può trovare accoglimento attesa la manifesta diversità di funzioni e tenuto conto della considerazione per cui si tratta di documenti sottoposti a criteri di redazione distinti.

Il socio che esprime voto favorevole alla propria nomina come amministratore non versa per ciò solo in una situazione di conflitto di interesse con la società rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c.

In tema di deliberazioni di nomina (o revoca) dei componenti dell’organo amministrativo, deve rilevarsi che: a) ciascun socio è libero di nominare amministratori di propria fiducia e gradimento, senza che ciò comporti, di regola, il perseguimento di un interesse “personale antitetico a quello sociale”; b) gli amministratori nominati dall’assemblea della società debbono, a loro volta, adempiere il loro mandato nel rispetto di precisi obblighi e responsabilità stabiliti nell’interesse della società amministrata (conf. Trib. Brescia, 9 aprile 2008). Da ciò ne consegue che tali deliberazioni possono ritenersi viziate per abuso della regola di maggioranza solo in casi del tutto particolari (si pensi, esemplarmente, al caso di nomina di un amministratore del tutto privo delle necessarie conoscenze tecniche, ispirata al fine di avvantaggiare una impresa concorrente alla quale è interessato il socio di maggioranza, o di un amministratore in palese e insuperabile conflitto di interesse con la società, sempre al fine di perseguire un interesse extra sociale della maggioranza), essendo la nomina delle persone cui affidare l’amministrazione naturalmente rimessa alla volontà della maggioranza, trattandosi di scelta che poggia tipicamente sull’elemento fiduciario.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso con atto di citazione dai soci di minoranza di una società in accomandita semplice con cui impugnavano le decisioni adottate dai soci di maggioranza di trasformazione della società medesima da s.a.s. in s.r.l. e di nomina ad amministratore unico di uno dei soci della società, con voto unanime dei presenti. Gli attori precisavano di non avere presenziato alle decisioni oggetto di impugnazione e, quanto alle censure poste a fondamento della impugnazione medesima, contestavano:

a) l’invalidità delle decisioni impugnate per “mancanza assoluta di informazione” e vizi di convocazione, lamentando la mancata ricezione dell’avviso di convocazione nel termine di legge e “senza il rispetto dei 10 giorni previsto dallo statuto”, la convocazione da parte di soggetti “privi del potere di convocazione dell’assemblea in quanto soggetti non amministratori” e la mancata condivisione preventiva della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. “nonostante le richieste in tal senso” della minoranza;

b) l’annullabilità delle delibere a causa della sussistenza (i) di un “conflitto di interessi per interesse personale extrasociale ex art. 2373 c.c.” in capo al nuovo amministratore della società e agli altri soci di maggioranza, nonché (ii) dell’abuso posto in essere dalla maggioranza ai danni della minoranza, affermando che l’operazione, inutile e costosa, sarebbe stata ideata ed eseguita al solo fine di esautorare il precedente amministratore della s.a.s. e affidare la gestione della s.r.l. al socio in conflitto di interesse, nominato nuovo amministratore;

c) l’illiceità delle delibere per contrarietà a norme imperative “alla luce dei dati contabili posti alla base dell’assemblea” con cui i soci hanno successivamente approvato il bilancio di esercizio e deliberato la ricapitalizzazione della società, considerata la difformità dei valori di cui alla perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. rispetto ai valori patrimoniali recepiti in bilancio, con la conseguenza che “occorrerà verificare a mezzo di c.t.u. se alla data di efficacia della trasformazione esistevano i presupposti di legge (art. 2500-ter c.c.) per procedere con la trasformazione”.

Dichiarata la nullità ovvero pronunciato l’annullamento delle delibere oggetto di impugnazione, gli attori domandavano il risarcimento dei danni conseguenti alle delibere.

La società si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree. Si costituivano in giudizio altresì i soci di maggioranza spiegando intervento adesivo dipendente in favore della società, la cui ammissibilità veniva contestata dagli attori.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Sentenza dell’11 dicembre 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Il mantenimento dei valori delle immobilizzazioni al “costo storico”, pur in presenza di una perizia che attribuisce “valori attuali” di importo superiore, non può essere, almeno di regola, censurato, nella misura in cui risulta coerente con il principio generale di prudenza (art. 2423-bis c.c.) che governa la redazione del bilancio.

La perizia ex art. 2500-ter c.c. ed il bilancio di esercizio hanno manifesta diversità di funzioni: pertanto, il divario tra i valori contabili degli immobili e quelli di cui alla perizia, potendosi ritenere fisiologico e giustificabile, nell’ottica della prudenza, non implica necessariamente una violazione del principio di continuità nei criteri di valutazione, poiché detta violazione deve essere riscontrata attraverso l’esame del caso concreto.

La domanda di annullamento della delibera sociale per abuso della maggioranza, fondata sul presupposto delle perdite fittizie, è priva di fondamento, laddove nel caso concreto dette perdite non vengano riscontrate e venga constatato il perseguimento di un effettivo interesse sociale.

La decisione è stata resa in occasione dell’impugnazione delle delibere sociali di approvazione del bilancio e di azzeramento e ricostituzione del capitale sociale, delle quali i soci di minoranza chiedevano l’annullamento per due motivi: da un lato, per illiceità dell’oggetto (violazione del principio di continuità dei criteri di valutazione contabile nonché di quelli di verità, chiarezza e correttezza del bilancio), rilevando il divario tra i valori contabili degli immobili indicati nel bilancio d’esercizio e quelli di cui alla perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. effettuata in sede di precedente trasformazione della società da società in accomandita semplice a società a responsabilità limitata; dall’altro, per abuso della maggioranza, per aver rilevato perdite fittizie e ricostituito il capitale nell’auspicio che i soci di minoranza non fossero in grado di sottoscrivere il nuovo capitale.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 3 giugno 2019 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott.ssa Alessia Busato

Deve intendersi revocata implicitamente una deliberazione impugnata da un socio per esser stata assunta in conflitto di interessi ovvero con abuso della maggioranza allorquando la società provveda ad assumere una successiva deliberazione che, in ragione del suo contenuto, sia incompatibile con la precedente.

Decisione resa con riferimento ad una delibera assembleare che approvava la stipulazione di un nuovo contratto di locazione avente ad oggetto un immobile di pregio di proprietà della società: questo sarebbe stato condotto da altra società nella quale i soci espressione della concreta maggioranza assembleare avevano interessi in conflitto con la società proprietaria dell’immobile. Successivamente, l’assemblea dei soci della società titolare dell’immobile dato in locazione assumeva una nuova deliberazione assembleare determinando nuovi – e più vantaggiosi – criteri per la stipula del contratto di locazione.

(Massima a cura di Demetrio Maltese)