Ordinanza del 12 gennaio 2017 – Giudice designato: dott. Raffaele Del Porto

L’art. 2378, co. 3, c.c. stabilisce il necessario collegamento fra la pendenza del giudizio di merito e la possibilità di formulare l’istanza cautelare di sospensione e l’art. 35, co. 5, d.lgs. 5/2003 affida (eccezionalmente) agli arbitri il potere di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare in presenza di clausola compromissoria che ricomprenda nel suo ambito l’impugnazione della stessa. Da ciò ne deriva l’incompetenza del giudice ordinario a decidere sull’istanza cautelare di sospensione della deliberazione impugnata, anche in pendenza della causa di merito avanti a sé, senza che possa deporre in senso contrario il disposto dell’art. 669-quater, co. 1, c.p.c.

I principi sono stati espressi in ipotesi di ricorso cautelare promosso dal socio di s.p.a. nei confronti della società, in presenza di clausola compromissoria, al fine di ottenere la sospensione dell’esecuzione della deliberazione in conseguenza della presunta violazione di norme relative al procedimento di scissione, alla convocazione dell’assemblea e ai diritti (essenzialmente di recesso) del socio; norme poste tutte a esclusiva tutela di interessi di portata meramente individuale.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 5 gennaio 2017 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

In tema di revocatoria ordinaria promossa dal curatore ai sensi degli artt. 66 l. fall. e 2901 c.c., ai fini della prova dell’eventus damni, il curatore ha l’onere di dimostrare tre presupposti: i) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; ii) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole e iii) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. Potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell’eventus damni solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi dovesse emergere che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura tale da eccedere la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori (conf. Cass. n. 26331/2008).   

La creazione di una causa di prelazione a favore di un creditore non comporta necessariamente un pregiudizio ai creditori chirografari, laddove vi siano altri beni sui quali anche questi ultimi possano soddisfarsi.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di opposizione allo stato passivo, avendo il Tribunale riconosciuto il privilegio pignoratizio al credito dell’opponente, attesa l’insussistenza dei requisiti richiesti per la revocabilità del pegno ai sensi degli artt. 2901 c.c. e 66 l.f., tanto sotto il profilo oggettivo dell’eventus damni, quanto sotto quello soggettivo della conoscenza da parte del debitore e del terzo di tale evento pregiudizievole.   

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 30 dicembre 2016, n. 1/2017 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche laddove presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere e, quindi, l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.

Principio espresso in ipotesi di rigetto della domanda proposta nei confronti dell’amministratore di s.p.a. ex artt. 2391 e 2392 c.c. e volta ad ottenere la condanna dello stesso a seguito di atti di mala gestio.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto insindacabile la scelta dell’amministratore di non procedere giudizialmente al recupero di un credito, quando tale scelta sia ponderata, adeguatamente motivata e fondata su ragioni di opportunità.

Sent. 30.12.2016, n. 1/2017

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Decreto del 16 dicembre 2016 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Ai fini del riconoscimento del privilegio c.d. artigiano di cui all’art. 2751-bis, n. 5, c.c., il creditore deve provare il possesso dei requisiti richiesti dalla “legge-quadro” (i.e. la l. n. 443/1985) al momento dello svolgimento della prestazione; sicché, per il caso in cui l’impresa sia organizzata in forma societaria, detto onere probatorio non può ritenersi assolto laddove il creditore si sia limitato a dar prova della propria iscrizione all’albo delle imprese artigiane e del mancato superamento dei limiti fissati dalla legge quanto al numero dei dipendenti, dovendo lo stesso altresì provare, ai sensi dell’art. 3, comma secondo, l. n. 443/1985, (i) che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e (ii) che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.

In tema di opposizione allo stato passivo, il ricorrente ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto del privilegio richiesto (conf. Cass. n. 13758/2005).

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso dal creditore, nel caso di specie, un’impresa artigiana, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo che aveva disposto l’ammissione del credito integralmente al chirografo, non ritenendo sussistenti i presupposti richiesti ai fini del riconoscimento del privilegio c.d. artigiano.

L’opponente, in particolare, chiedeva l’ammissione del credito al privilegio ex art. 2751-bis, n. 5, c.c., in quanto, al momento della prestazione, l’impresa: (i) risultava iscritta all’albo delle imprese artigiane tenuto dalla Provincia di riferimento; (ii) svolgeva attività di posa in opera di pietre, marmi, graniti e ceramiche; (iii) aveva un numero di dipendenti inferiore al limite indicato dalla legge per le imprese che non lavorano in serie; (iv) i suoi quattro soci erano tutti lavoranti.

Sul punto il Tribunale, ritenuta insufficiente la prova fornita dall’opponente circa la sussistenza dei presupposti di fatto del privilegio richiesto, ha rigettato l’opposizione, confermando l’ammissione del credito in via meramente chirografaria.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 16 dicembre 2016 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Stefano Franchioni

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, l. n. 443/1985, è imprenditore artigiano colui che esercita l’impresa artigiana svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale nel processo produttivo. Ne consegue che a specificazione del criterio della prevalenza per il caso in cui l’impresa sia organizzata in forma societaria, il successivo art. 3 subordina il riconoscimento della qualifica di impresa artigiana all’accertamento di due requisiti: a) che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo; b) che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale, non essendo sufficienti l’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane ed il mancato superamento dei limiti fissati dalla legge quadro quanto al numero dei dipendenti.

Il legislatore superando i criteri generali dell’art. 2083 c.c. ha inteso ancorare il riconoscimento del privilegio artigiano ai parametri dettati dalla legge quadro 443/1985.

Principi espressi nel rigetto dell’opposizione allo stato passivo per il mancato riconoscimento del privilegio artigiano. 

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Decreto del 7 dicembre 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non diviene cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto di esecutorietà ex articolo 647 del codice di rito civile venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’articolo 52 della legge fallimentare.

Principio espresso nel contesto di una procedura fallimentare, apertasi in un momento successivo all’esecutività di un decreto ingiuntivo.

(Massima a cura di Giovanni Gitti)




Ordinanza del 28 novembre 2016 – Presidente relatore: dott. Stefano Rosa

In tema di concorrenza sleale, una volta concesso il provvedimento di autorizzazione alla descrizione inaudita altera parte, l’oggetto del contendere nella fase della conferma del provvedimento all’esito del contraddittorio (art. 129, ult. co., c.p.i.) non è più quello dell’opportunità della previa audizione della parte resistente, ma semplicemente la verifica dei presupposti di accoglimento del ricorso, tenute presenti anche le ragioni del soggetto passivo della descrizione.

Per la descrizione i presupposti del fumus e del periculum si atteggiano in modo peculiare rispetto alla generale teorica dei provvedimenti cautelari, assumendo connotati vicini all’accertamento tecnico preventivo di diritto comune: ed invero, la descrizione non attiene alla violazione della privativa, ma all’acquisizione della prova stessa altrimenti impossibile, antieconomica o comunque disagevole ed il provvedimento positivo non acclara – dunque – la violazione ma solo l’ammissibilità-rilevanza del materiale probatorio di cui si chiede l’acquisizione od il confezionamento attraverso l’accesso dell’organo pubblico e del perito ausiliario incaricati dell’esecuzione.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. promosso da una s.p.a. (reclamante) nei confronti di una s.r.l. (reclamata), avverso l’ordinanza con la quale erano state rigettate le domande cautelari della reclamante.

Con il predetto ricorso, in particolare, la reclamante aveva chiedo di ordinare ai sensi dell’art. 129 c.p.i. la descrizione del prodotto in potenziale interferenza con il brevetto europeo dalla medesima vantato.

Il giudice designato della sezione feriale aveva concesso il provvedimento richiesto (descrizione) e l’incombente veniva eseguito con rilevante acquisizione documentale.

Convocate le parti e costituitasi la società resistente, il nuovo giudice designato rigettava il petitum, revocando il provvedimento emesso inaudita altera parte.

Sul punto il Tribunale, in accoglimento del reclamo proposto, ha riformato l’ordinanza impugnata, confermando il provvedimento autorizzativo della descrizione adottato dal primo giudice designato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 8 novembre 2016, n. 3271 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’art. 2377, comma 3, c.c. prevede che l’impugnazione può essere proposta dai soci quando possiedono tante azioni aventi diritto di voto che rappresentino (…) il cinque per cento del capitale sociale. I quorum indicati dalla norma devono essere calcolati prendendo come base il capitale sociale nella sua interezza e non solo quello corrispondente alle azioni aventi diritto di voto con riferimento alla delibera impugnata. La base di riferimento per calcolare la percentuale è costituita dall’intero capitale sociale, mentre, ai fini del raggiungimento, si considerano solo le azioni che hanno il diritto di voto sulla delibera impugnata.

Principio espresso in ipotesi di accertamento della carenza di legittimazione attiva dei soci attori, per mancato rispetto del quorum indicato dall’art. 2377, comma 3, c.c., in ordine all’azione di annullamento, ex artt. 2377 e 2378 c.c., della delibera di approvazione del progetto di fusione per incorporazione assunta dall’assemblea straordinaria della s.p.a. incorporanda.

A seguito della stipulazione dell’atto di fusione, avvenuta nelle more del giudizio e regolarmente iscritta nel registro delle imprese, è stata reputata inammissibile anche la domanda di risarcimento del danno perché formulata irritualmente a seguito di una riserva espressa nell’atto di citazione.

Sent. 8.11.2016, n. 3271

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Decreto del 2 novembre 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Non costituendo l’opposizione allo stato passivo un giudizio di appello, il relativo procedimento è integralmente disciplinato dalla legge fallimentare, la quale prevede che avverso il decreto di esecutività possano essere proposte solo l’opposizione, l’impugnazione o la revocazione: ciascuno di tali rimedi può essere utilizzato, dal soggetto legittimato, esclusivamente entro il termine di cui all’art. 99 l. fall., restando concettualmente non configurabile un’impugnazione incidentale, tardiva o tempestiva, atteso che, ove il termine sia ancora pendente, non può che essere proposta l’impugnazione a sé spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo (conf. Cass. n. 9617/2016).

Nell’ambito dell’azione revocatoria ordinaria, quanto all’eventus damni, laddove non venga ipotizzata una dolosa preordinazione dell’atto dispositivo al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito, il creditore ha l’onere di provare tre circostanze: la consistenza dei crediti ammessi al passivo nei confronti del fallito, la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole e il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre gli elementi dovesse emergere che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell’eventus damni (conf. Cass. n. 26331/2008, n. 9092/1998).

In tema di ammissione al passivo, le ragioni ipotecarie del creditore iscritto devono in ogni caso essere “verificate” dagli organi del fallimento, dovendosi pertanto ritenere che non è precluso al creditore ipotecario di richiedere al giudice delegato, in via preventiva, una pronuncia di accertamento della sua prelazione ipotecaria (conf. Cass. n. 10072/2003).

I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. promosso dal creditore, nel caso di specie, una banca, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo che aveva disposto l’ammissione integralmente al chirografo dei crediti dalla stessa vantati nei confronti di una s.n.c., poi fallita, nonché nei confronti dei soci illimitatamente responsabili; il provvedimento opposto, in particolare, aveva escluso la sussistenza del privilegio ipotecario, trattandosi di “garanzia revocabile ex art. 2901 c.c.”.

L’opponente, rilevata l’inammissibilità, l’improcedibilità e/o comunque l’infondatezza dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., chiedeva, in parziale riforma del provvedimento opposto, l’ammissione in via privilegiata ipotecaria degli importi insinuati.

Sul punto il Tribunale, rilevata l’inammissibilità delle domande incidentali formulate dalla curatela fallimentare, accertata l’insussistenza dei presupposti necessari ai fini dell’azione revocatoria ordinaria (non avendo, in particolare, la curatela dimostrato il pregiudizio, omettendo di dar prova dell’esistenza dei crediti al momento del compimento degli atti di cui aveva eccepito la revocabilità), ha accolto l’opposizione e, in parziale riforma del decreto di esecutività dello stato passivo, ha disposto l’ammissione dei crediti dell’opponente in via privilegiata ipotecaria.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 8 ottobre 2016, n. 2912 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’amministratore di fatto ricorre per la sola circostanza dello stabile esercizio di funzioni gestorie, non soltanto quando la nomina alla carica amministrativa risulti irregolare, ma anche in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società. Per essere rilevanti, al fine di giungere a qualificare un soggetto quale amministratore di fatto, le attività gestorie devono presentare carattere sistematico e non si devono esaurire soltanto nel compimento di singoli atti di natura eterogenea ed occasionale. L’amministratore di diritto della società a responsabilità limitata risponde verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di doveri ad esso imposti dalla legge o dall’atto costitutivo. L’amministratore di fatto è soggetto alle stesse regole ed agli obblighi propri di quelli di diritto.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento della domanda, proposta dalla curatela fallimentare nei confronti degli amministratori, di diritto e di fatto, di s.r.l, volta ad accertare la loro responsabilità a seguito del compimento di gravi irregolarità nella gestione della società (irregolare tenuta delle scritture contabili, distrazione di beni ammortizzabili e violazione degli obblighi ex art. 2485 c.c.) e ad ottenere la condanna degli stessi al risarcimento del relativo danno.

Sent. 8.10.2016, n. 2912

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)