Sentenza del 14 luglio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele del Porto – Giudice relatore: Dott.ssa Alessia Busato

Si trovano in situazione di concorrenza tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operino quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinate a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni.

Principio espresso nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto la domanda di condanna al risarcimento dei danni ex artt. 20 c.p.i. e 2569 e 2598, n. 3, c.c.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 20 maggio 2020 – Giudice designato: Dott. Stefano Franchioni

La conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo, che deve essere effettiva e non meramente potenziale, può essere provata dal curatore, sul quale incombe il relativo onere, tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, ex artt. 2727 e 2729 c.c.

Principi espressi nell’ambito di un procedimento in cui il fallimento di una s.r.l. conveniva in giudizio il creditore per ottenere la revoca, ai sensi dell’art. 67, comma 2, l.f., del pagamento effettuato dalla società in bonis a favore dello stesso nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento.

(Massima a cura di Giulia Ballerini)




Sentenza dell’8 maggio 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Un contratto che preveda quale suo oggetto la realizzazione di un video promozionale ricomprende tutte le attività, a carattere tecnico, necessarie per l’esecuzione del video, ivi inclusa l’attività di regia. 

La distinzione tra “regia operativa” e “diritti di regia” non è rilevante se si ha riguardo al contesto fattuale: considerata la natura dell’attività prestata, la finalità promozionale e le caratteristiche della committente, può presumersi che il corrispettivo pagato per la realizzazione di un video promozionale includa ogni voce economica riguardante l’esecuzione tecnica del video, anche a titolo di (eventuale) compenso autoriale.

L’attività di presentatore è prestazione estranea, sotto il profilo oggettivo, all’attività di realizzazione di un video promozionale giacché richiede competenze professionali di natura diversa, e pertanto da retribuirsi separatamente alle attività connaturate alla realizzazione di un video promozionale.

Principi espressi nel decidere una controversia avente ad oggetto il mancato pagamento dei diritti di regia e del compenso per l’attività di presentatore di un professionista operante nel settore della regia di spot televisivi nonché del compenso per l’attività di “presentatore” eseguita dallo stesso.

(Massima a cura di Demetrio Maltese)




Ordinanza del 27 giugno 2018 – Giudice designato: Dott. Davide Scaffidi

Ai sensi dell’art. 19 Reg. CE n. 6/2002, il titolare di un disegno o modello comunitario registrato ha il diritto esclusivo di utilizzare il trovato e di vietare a terzi la commercializzazione di prodotti che per le loro caratteristiche estetiche non suscitino nell’utilizzatore informato un’impressione generale diversa da quella del modello registrato.

La valutazione del carattere individuale di un modello comunitario registrato deve avvenire considerando l’aspetto complessivo delle forme e tenendo conto dell’impressione d’insieme generata dalla percezione unitaria della combinazione peculiare dei singoli elementi costitutivi, e non sulla base dell’identità o somiglianza di singoli elementi costitutivi rispetto a modelli già noti.

L’onere di dimostrare l’invalidità di un modello comunitario registrato incombe su chi eccepisce il difetto dei requisiti di validità.

La valutazione circa l’esistenza del fumus connesso all’illecito concorrenziale dell’imitazione servile, di cui all’art. 2598, n. 1, c.c., parametrata rispetto alla percezione del consumatore medio, risulta assorbita, quanto alla dedotta imitazione servile dei prodotti, dalla tutela offerta al modello comunitario registrato, declinata in relazione al più elevato metro dell’impressione generale suscitata sul consumatore informato. 

L’imitazione diacronica può considerarsi illecita soltanto se effettuata, rispetto al prodotto o all’omologa iniziativa commerciale del concorrente, a una breve distanza di tempo, che deve essere valutata tenendo conto della natura del prodotto asseritamente imitato. 

L’imitazione del packaging utilizzato da un’impresa concorrente e l’organizzazione di attività promozionali realizzate mediante l’ausilio della stessa testimonial dei prodotti della concorrente integrano gli estremi della concorrenza sleale exart. 2598, n. 3, c.c., perpetrata mediante l’utilizzo di mezzi contrari alla correttezza professionale, volti a sfruttare la risonanza e la rinomanza dei prodotti e delle iniziative commerciali e promozionali altrui, in modo da ottenere un indebito risparmio derivante dalla mancata predisposizione di appositi investimenti autonomi.

Principi espressi in sede cautelare da parte del Tribunale che, confermando il decreto, emesso inaudita altera parte, di sequestro dei beni costituenti violazione di diritti su disegni o modelli comunitari registrati, ha affermato che la condotta posta in essere dalla resistente, consistente altresì nell’imitazione del packaging e dell’attività promozionale della concorrente, integrava gli estremi di una consapevole e sistematica attività concorrenziale sleale, attuata mediante l’utilizzo indiretto di mezzi contrari alla correttezza professionale. Il risultato di tali atti concorrenziali si sarebbe sostanziato in un agganciamento parassitario idoneo ad arrecare alla concorrente un pregiudizio consistente nell’indebolimento della sua posizione di mercato e nel possibile offuscamento dei relativi prodotti e segni distintivi.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Ordinanza del 4 ottobre 2018 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

Dal punto di vista metodologico, l’esame comparativo tra segni distintivi asseritamente identici o similari deve essere condotto non già mediante l’analisi parcellizzata dei singoli elementi di valutazione, ma in via unitaria e sintetica, attraverso un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi dotati di capacità evocativa.

Ai fini della valutazione della confondibilità fra segni in conflitto il normale grado di percezione delle persone alle quali il prodotto è destinato deve essere parametrato allo specifico settore merceologico nel quale le imprese operano, ben potendosi ritenere quale consumatore medio di riferimento un consumatore qualificato, la cui diligenza e avvedutezza siano tali da ritenere che non si presenti in concreto un rischio di confusione o di associazione tra i rispettivi segni. 

Principi espressi dal Tribunale che, in accoglimento del reclamo, ha revocato l’ordinanza con la quale era stato inibito l’utilizzo di segni per presunta contraffazione di marchi comunitari (oggi marchi dell’Unione europea) registrati. 

In particolare è stato affermato che, pur potendosi ravvisare somiglianze non marginali tra i rispettivi segni, sia sotto il profilo grafico, che fonetico, simili analogie non investono la portata evocativa complessiva dei rispettivi segni, attenendo esse a profili funzionali ancillari privi di originalità e distintività. Il collegio ha precisato che ad una valutazione globale, ipoteticamente condotta dal consumatore medio sulla scorta della percezione visiva, i grafemi risultavano tra loro eterogenei e a livello semantico i claims dei segni veicolavano concetti differenti, in quanto il primo,sarebbe stato volto ad esprimere un messaggio di tipo esortativo, tipo slogan, mentre il secondo si sarebbe limitato a richiamare alla mente del pubblico il profilo della provenienza “creativa” del prodotto. 

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza dell’11 dicembre 2018, n. 3360 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

La protezione accordata dall’ordinamento ai modelli non registrati ha, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento CE n. 6/2002, una durata circoscritta all’arco temporale dei tre anni decorrenti dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta. Tale protezione assicura al titolare del modello non registrato il diritto di vietare la commercializzazione di prodotti che riproducano il modello tutelato soltanto qualora l’utilizzazione contestata sia derivata dalla copiatura del modello oggetto di protezione. Ipotesi, questa, che non ricorre qualora si tratti di un’opera creativa realizzata in modo indipendente da un terzo e si possa ragionevolmente ritenere che costui non conoscesse il disegno o modello del titolare.

Non è tutelabile il modello comunitario non registrato che sia privo di carattere individuale. Tale requisito ricorre nel caso in cui, alla stregua di un giudizio sintetico, l’utilizzatore tragga dall’osservazione del modello la fondata sensazione di un’impressione generale diversa da quella suscitata da qualsiasi modello divulgato anteriormente. 

In relazione all’utilizzo di un determinato packaging l’imitazione servile è ipotizzabile qualora un’impresa adotti illecitamente per i propri prodotti confezioni che riprendono gli attributi estetici o le forme delle confezioni dei prodotti di un concorrente, sempre che siano dotati di capacità distintiva, in quanto idonei a ricollegare quel determinato prodotto al suo produttore.

L’appropriazione di pregi ricorre qualora un’impresa, in forme pubblicitarie, attribuisca ai propri prodotti qualità non possedute, ma appartenenti ai prodotti dell’impresa concorrente. Deve trattarsi di qualità intrinseche del prodotto oggettivamente dotate di capacità individualizzante, essendo pregi assolutamente peculiari propri del concorrente e predicati del prodotto; pertanto detti pregi non possono riguardare il packaging, dovendo riguardare piuttosto il suo contenuto, dal momento che in qualsiasi mercato la confezione di una determinata merce non è oggetto di opzione preferenziale autonoma e disgiunta dal suo contenuto, al netto della forza attrattiva dagli espedienti estetici di marketing.

Il conferimento di un premio per la categoria packaging non attesta alcuna capacità individualizzante della confezione sul mercato di riferimento, qualora la premiazione avvenga all’esito di un concorso cui partecipano soltanto gli operatori che si sono iscritti volontariamente ed escluda qualsiasi valutazione comparativa di portata generale tra prodotti del medesimo settore, idonea a individuare capacità individualizzanti da elevare a pregi di un prodotto. 

L’illecita concorrenza per agganciamento parassitario consiste in un indebito “travaso” di notorietà dal soggetto più noto a quello meno noto, circostanza che porta ad escludere sotto il profilo logico la configuarabilità di tale fattispecie nel caso in cui sia ravvisabile un travaso di notorietà anomalo, ossia dal soggetto meno noto a quello più noto. 

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda di accertamento della violazione dei diritti di su un disegno o modello comunitario non registrato avente ad oggetto il packaging di prodotti alimentari, nonché́ del compimento di illeciti concorrenziali, con conseguenti richieste inibitorie e di risarcimento del danno asseritamente subito. 

Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che il modello comunitario non registrato vantato dalla società attrice fosse privo del requisito del carattere individuale e in ogni caso che la realizzazione del packaging della concorrente fosse un’opera di creazione indipendente, non lesiva dei diritti della prima. 

Il Tribunale ha escluso inoltre la configurabilità dell’imitazione servile delle confezioni dei prodotti dell’attrice in quanto le stesse risultavano essere prive di capacità individualizzante nella misura in cui le caratteristiche estetiche evocate apparivano del tutto standardizzate e prive di distintività. L’idea asseritamente creativa da cui aveva tratto origine il packaging in questione rinveniva infatti il suo nucleo centrale nell’utilizzo di sacchetti da forno comunemente impiegati per contenere il pane per commercializzare tramezzini.

È stata infine esclusa la possibilità di ravvisare nel caso di specie un’ipotesi di appropriazione di pregi o di agganciamento parassitario per l’assenza dei relativi presupposti.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Ordinanza del 12 gennaio 2018 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

Integrano un illecito concorrenziale ex art. 2598 c.c. la produzione e la commercializzazione di macchinari realizzati sfruttando informazioni, disegni e progetti di un concorrente.

La configurazione della fattispecie di concorrenza sleale non appare incompatibile, ai fini della concessione di una misura cautelare, con l’intervenuto fallimento della società asseritamente danneggiata, quando i comportamenti illeciti risultino idonei a frustare la fruttuosità delle aspettative liquidatorie del fallimento.

Principi espressi in ipotesi di parziale accoglimento del reclamo proposto dal curatore di una società dichiarata fallita avverso l’ordinanza che aveva rigettato le istanze cautelari formulate nei confronti del concorrente che aveva a suo dire illegittimamente sfruttato le informazioni segrete relative a progetti e disegni della fallita riguardanti macchinari industriali. Il Tribunale, dopo aver ritenuto dimostrata l’esistenza del fumus boni iuris e di un pregiudizio serio ed irreparabile al diritto riconosciuto alla curatela di monetizzare i beni immateriali della società fallita, ha inibito al resistente di immettere illegittimamente sul mercato macchinari, derivati da progetti, disegni e informazioni della fallita.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Sentenza del 17 marzo 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

L’azione risarcitoria ex art.1218 c.c. per violazione degli obblighi di collaborazione tra affiliati previsti in un contratto di franchising non può essere esperita “orizzontalmente” (tra affiliati) ma solo “verticalmente” tra affiliante ed affiliati.

Principio espresso nel contesto di un’azione di risarcimento danni per inadempimento delle pattuizioni previste in un contratto di franchising relative a obblighi di collaborazione e di non concorrenza in capo agli affiliati.

(Massima a cura di Giovanni Gitti)




Sentenza del 28 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini dell’accertamento del superamento del tasso di interesse rispetto al tasso-soglia di cui alla disciplina antiusura, il tasso degli interessi moratori non è da sommarsi a quello degli interessi corrispettivi.

Principio espresso nel contesto di un’azione di nullità di un contratto di locazione finanziaria per asserita violazione della disciplina antiusura.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 26 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini della quantificazione del danno patrimoniale sofferto dall’investitore per effetto della vendita di strumenti finanziari da parte di un intermediario finanziario che abbia violato gli obblighi informativi ex art. 21 del Testo Unico della Finanza, il corretto parametro da assumersi è il valore che gli strumenti finanziari in questione avevano al tempo in cui sarebbe stato possibile dismetterli tempestivamente e non invece il successivo momento in cui l’investitore discrezionalmente decideva di venderli, scommettendo così su un incremento del loro valore. L’intermediario non può dunque rispondere dell’ulteriore decremento di valore degli strumenti, essendo questo dovuto ad un comportamento colposo dell’investitore.

Principio espresso nel contesto di una azione per danni proposta da un investitore nei confronti di un intermediario finanziario per il collocamento di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)