Decreto del 4 marzo 2021 – Presidente: Dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: Dott. Gianluigi Canali

L’art. 160 l. fall, come modificato
dal D.L. 27.6.2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 6.8.2015 n.
132, prevede, al quarto comma, che nei concordati non riconducibili all’art. 186-bis
l. fall la proposta di concordato preventivo deve assicurare il pagamento
di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. Tale
disposizione deve essere interpretata secondo un criterio “intermedio”,
sostanzialmente ispirato alla disciplina ante 2005 in tema di concordato
per cessione dei beni, secondo cui la valutazione del giudice volta a
verificare la sufficienza dei beni offerti ad assicurare il soddisfacimento dei
crediti nella misura prevista dovrà essere fondata su elementi seri e concreti
idonei a determinare la fondata opinione, intesa come “quasi certezza”, che secondo
l’id quod plerumque accidit la liquidazione dei beni stessi fornirà i
mezzi necessari al detto soddisfacimento (conf. Cass. n. 3527/1989; Cass. n.
2809/1988; Cass. n. 3128/1973). L’assunzione di tale criterio interpretativo
incide necessariamente anche sul contenuto dell’attestazione, la quale dovrà
fornire elementi oggettivi che consentano di ritenere certo il risultato
prospettato dal debitore.

Principi
espressi nel giudizio avente ad oggetto la presentazione della domanda di
ammissione alla procedura di concordato preventivo promossa da una s.p.a. (nella
quale quest’ultima aveva proposto ai creditori un piano liquidatorio che prevedeva
il pagamento integrale dei crediti in prededuzione e privilegiati e il
pagamento nella misura del 26,47% dei crediti chirografari). Il Tribunale dichiarava
inammissibile la proposta di concordato formulata dalla s.p.a., poiché il piano
proposto veniva giudicato inidoneo ad assicurare il pagamento del 20% dei
crediti chirografari. Sul punto, il Tribunale rilevava le seguenti criticità:
a) con riferimento al compendio immobiliare, la carenza di manifestazione di
interesse con la conseguenza che la relativa vendita sarebbe avvenuta, con ogni
probabilità, con ribassi notevolmente superiori al 20% e, dunque, con
impossibilità a garantire il pagamento ai creditori chirografari nella misura
del 20%; b) l’incertezza in relazione all’acquisto delle rimanenze indicate
dalla società proponente o, comunque, che l’acquisto potesse essere concretizzato
a valori prossimi a quelli indicati dalla proponente; c) l’esistenza di crediti
in relazione ai quali l’incasso risultava incerto nella misura e nei tempi
indicati nella proposta.

(Massima a cura di Simona Becchetti)




Sentenza del 4 marzo 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

A
seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE n. C/383-18 dell’11.9.2019,
il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso
di rimborso anticipato del finanziamento include tutti i costi a carico del
consumatore. Può ritenersi pertanto superato l’orientamento giurisprudenziale
nazionale che, ai fini della determinazione degli effetti dell’estinzione
anticipata dei rapporti di credito al consumo, distingueva tra costi up-front
e recurring.

Gli
eventuali collaboratori (agenti, mediatori finanziari, promotori, etc.) di cui
l’intermediario si avvalga ai fini dell’offerta fuori sede dei propri prodotti
o servizi non fanno venir meno il rapporto contrattuale diretto con il cliente,
con la conseguenza che sono riconducibili a detto rapporto contrattuale le
commissioni di mediazione pagate ai collaboratori dell’intermediario.

Principi espressi nel giudizio d’appello promosso
dal consumatore nei confronti della società finanziaria avverso la sentenza del
Giudice di Pace, ai fini della restituzione del residuo delle commissioni e del
premio assicurativo pagati a seguito di estinzione anticipata del
finanziamento.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 4 marzo 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore (cfr. Corte di Giustizia UE11.9.2019, C-383/18 ).

I principi sono stati espressi nel giudizio di appello promosso dalla parte mutuataria di un contratto di finanziamento (“cessione del quinto”) avverso la sentenza con cui il Giudice di Pace aveva rigettato la domanda restitutoria svolta dalla medesima nei confronti  dell’intermediario finanziario ai sensi dell’art. 125-sexies T.U.B.

Con il gravame, l’appellante censurava la mancata applicazione della normativa settoriale relativa al rapporto e, in particolare, all’ipotesi di estinzione anticipata, in virtù della quale il cliente-consumatore ha diritto alla restituzione della parte “non maturata” degli oneri corrisposti in sede di conclusione del contratto (“interessi, commissioni, premi assicurativi”).

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 12 febbraio 2021 – Giudice designato: Dott. Raffaele Del Porto

In tema di contratti finanziari speculativi su valute, la mancata attivazione da parte della banca del meccanismo automatico di limitazione del rischio (c.d. di stop loss) in un’ipotesi di repentini cambi di prezzo e di successiva temporanea situazione di mancanza di liquidità nel mercato valutario con conseguente sospensione degli scambi non costituisce una circostanza idonea ad escludere la responsabilità della banca per la perdita subita dai sottoscrittori, costituendo, a contrario, tale circostanza indice della radicale inadeguatezza del sistema predisposto dalla stessa nell’ipotesi di situazioni di mercato, comunque non eccezionali, idonee ad accentuare il rischio cui è esposto il cliente. Ed invero, proprio in tale meccanismo il contratto trova il suo naturale elemento di equilibrio, cosicché deve ritenersi escluso che un meccanismo “che serve a chiudere una posizione al fine di evitare perdite superiori ad una soglia prefissata, prima dell’azzeramento del margine” possa non funzionare “nella situazione in cui il cliente va maggiormente tutelato da repentini cambi di prezzo” (conf. Trib. Milano, sentenza n. 4640/2020). 

Qualora il danno subito dall’investitore sia riconducibile alla mancata attivazione da parte della banca del meccanismo automatico di limitazione del rischio per l’esecuzione di operazioni finanziarie su valute connotate da elevata rischiosità, non trova applicazione l’eccezione ex art. 1225 c.c., trattandosi di un danno prevedibile.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso, nei confronti di una banca, dai sottoscrittori di due contratti del tipo “contract for difference” per la conclusione di operazioni di compravendita a pronti di valuta su un mercato “over the counter”; nella specie, tali contratti  (i) consentivano ai sottoscrittori di effettuare operazioni sul mercato di riferimento a fronte del deposito di un margine di garanzia pari al 2% del valore complessivo degli ordinativi e (ii) prevedevano un meccanismo automatico di limitazione del rischio dell’operazione (c.d. di “stop loss”), consistente in un ordine (automatico) di chiusura dell’operazione al raggiungimento di una perdita pari all’1% della somma destinata a garanzia.

Gli attori, in particolare, lamentavano di aver subito una perdita significativamente superiore rispetto a quanto contrattualmente pattuito a causa della mancata attivazione, da parte della banca, del meccanismo di “stop loss” e chiedevano la condanna della stessa alla restituzione delle somme indebitamente addebitate. 

La banca si costituiva in giudizio concludendo per il rigetto delle domande attoree e, in via subordinata, chiedendo di circoscrivere la condanna al danno risarcibile ex art. 1225 c.c. In particolare, a sostegno del rigetto delle domande attoree, la convenuta precisava che la perdita subita dagli attori fosse riconducibile ad un evento straordinario e improvviso (nella specie, la decisione della Banca Centrale Svizzera di porre fine alla politica di difesa del tasso di cambio con eliminazione del tasso minimo del cambio Euro/Franco svizzero), che avrebbe generato una temporanea situazione di mancanza di liquidità nel mercato degli scambi delle valute, tale per cui la stessa non avrebbe potuto verificare il realizzarsi della condizione di prezzo impostata negli ordini di “stop loss” che, quindi, non si sono attivati per un certo lasso temporale.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 5 febbraio 2021 – Presidente: Dott.ssa Alessia Busato – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

In tema di contratto di leasing, il
ricorso al tasso sostitutivo ex art. 117 del d.lgs. 385/1993 trova
applicazione nelle ipotesi, invero eccezionali, in cui non sia assolutamente
determinabile il tasso di interesse del rapporto, situazione che non ricorre
nel caso in cui il corrispettivo del rapporto e le altre condizioni economiche
sono illustrate chiaramente nel frontespizio del contratto.

In tema di contratto di leasing,
sotto il profilo della trasparenza, è sufficiente che il testo del contratto
riporti il “tasso leasing”, mentre il t.a.e.g. va indicato solo se la parte
utilizzatrice gode della disciplina di favore riservata ai consumatori;
inoltre, eventuali difformità tra il tasso di leasing e quello in concreto
praticato non rappresentano vizi idonei a incidere sulla validità del
contratto.

I principi sono stati espressi nel
giudizio di reclamo promosso da una s.r.l., in qualità di utilizzatrice,
avverso l’ordinanza che ha disposto il rilascio dell’immobile alla medesima
concesso in godimento a seguito della risoluzione del contratto di
leasing.

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 5 febbraio 2021 – Presidente: Dott.ssa Alessia Busato – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

In materia di leasing, il ricorso al tasso sostitutivo ex art. 117 d.lgs. 385/1993 trova applicazione nelle ipotesi, invero eccezionali, in cui non sia assolutamente determinabile il tasso di interesse del rapporto, situazione che non può ritenersi  sussistente qualora il corrispettivo del rapporto e le altre condizioni economiche siano illustrati chiaramente nel frontespizio del contratto.

Sotto il profilo della trasparenza, è sufficiente che il contratto di leasing riporti il “tasso leasing”, in quanto il t.a.e.g. va indicato solo se la parte utilizzatrice gode della disciplina di favore riservata ai consumatori.

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo promosso dalla parte utilizzatrice di un contratto di leasing immobiliare avverso l’ordinanza che aveva disposto il rilascio dell’immobile alla medesima concesso in godimento a seguito della risoluzione del contratto. 

(Massime a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 4 febbraio 2021 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

La presenza in atti della copia di un atto
notarile, anche se non dichiarata conforme, o se sprovvista di idonea
attestazione da parte dell’ufficiale rogante, costituisce di per sé dato più
che sufficiente per inferirne la rituale e regolare formazione. Il che conduce
a ritenere pienamente valido il contratto di compravendita, con conseguente
pari validità dei collegati contratti di locazione finanziaria.

La dichiarazione della concedente di volersi
avvalere dell’effetto risolutivo derivante dalla clausola risolutiva espressa
ha la funzione di rimettere all’interessato la scelta di avvalersi o meno dell’effetto
risolutivo conseguente ai presupposti per la risoluzione, già interamente
verificatisi. Invero, i presupposti per la risoluzione di diritto sono
costituiti dalla presenza della clausola e dalla ricorrenza della situazione di
fatto da essa considerata (e cioè dall’inadempimento nel pagamento del canone),
mentre la dichiarazione di risoluzione, per la funzione sua propria, ben può
essere espressa anche con l’atto introduttivo del giudizio

Principi espressi a seguito del giudizio
di appello promosso dall’utilizzatore di un contratto di leasing immobiliare
avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la sua domanda volta a far
dichiarare la nullità di un contratto e in subordine la mancata risoluzione per
inadempimento dell’utilizzatore.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 1° febbraio 2021 – Giudice designato: Dott. Lorenzo Lentini

La
disposizione dell’art. 1815 c.c., secondo la quale, se sono convenuti interessi
usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi, è applicabile solo al
caso di interessi corrispettivi.

Il
criterio per determinare l’usurarietà del tasso di interesse è quello stabilito
da Cass. SS. UU. n. 19597/2020; pertanto, se il tasso convenuto rispetta detto
criterio, non potrà definirsi usurario, né potranno essere applicati altri
criteri, tra cui il cosiddetto tasso T.E.MO., il quale non dignità giuridica
(conf. Trib. Milano, 6.11.2020), trattandosi di riferimento sconosciuto alla
normativa, sia primaria che regolamentare.

Principi espressi all’esito di due cause, riunite
nel medesimo procedimento, nelle quali l’utilizzatore del contratto di
leasing chiedeva dichiararsi la gratuità del
contratto ai sensi dell’art. 1815 c.c. per usurarietà del tasso di interesse,
mentre il locatore chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto per
inadempimento, in conseguenza del mancato pagamento dei canoni.

(Massima
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 28 gennaio 2021 – Giudice designato: Dott.ssa Angelica Castellani

E’ da escludersi l’indeterminatezza delle
condizioni economiche del contratto di leasing immobiliare, laddove il testo negoziale contenga
tutte le specifiche condizioni economiche praticate al rapporto, tra cui, in
particolare: il valore di realizzazione del compendio immobiliare oggetto di leasing, la durata del rapporto, il corrispettivo globale
della locazione finanziaria, il numero, la periodicità, la decorrenza e l’ammontare
dei canoni, il prezzo per l’eventuale acquisto alla scadenza del contratto, il
parametro di indicizzazione, il tasso degli interessi di mora, il tasso interno
di attualizzazione e le singole spese.

L’art. 3 della delibera CICR 9.2.2000,
in attuazione della delega conferitale dal legislatore del t.u.b., prevede che “nelle
operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del
prestito avvenga mediante pagamento di rate con scadenze temporali predefinite,
in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla
scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre
interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento”;
pertanto, ricorrendo tali presupposti, è da escludersi l’anatocismo in caso di
applicazione dell’interesse moratorio ad una rata già comprensiva di interessi
e altri oneri.

La pretesa di conseguire, per il tramite della
declaratoria di nullità del saggio dell’interesse moratorio, l’accertamento
della gratuità dell’intero rapporto è infondata, posto che, in caso di
pattuizione di interessi moratori usurari, l’effetto invalidante di cui al
secondo comma dell’art. 1815 c.c. rimarrebbe circoscritto a detto onere e non potrebbe
estendersi alla pattuizione relativa all’interesse corrispettivo.

Principi espressi all’esito del giudizio
promosso dal concedente al fine di ottenere la risoluzione del contratto di
leasing per inadempimento
dell’utilizzatore.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 26 gennaio 2021, n. 180 – Giudice designato: Dott. Davide Scaffidi

Il TAEG – in via
generale previsto per i contratti stipulati con il consumatore – è divenuto di
obbligatoria indicazione nei rapporti contrattuali con soggetti diversi dai
consumatori (calcolato secondo i medesimi criteri e ridenominato indicatore
sintetico di costo – ISC) per effetto della Circolare 29 luglio 2009, ma in
nessun caso può comunque trovare applicazione per i contratti di locazione
finanziaria: l’estensione è infatti dettata per “i mutui, le anticipazioni
bancarie, i contratti riconducibili alla categoria “altri finanziamenti” e le
aperture di credito in conto corrente offerte a clienti al dettaglio
”,
laddove il riferimento agli “altri finanziamenti” non può intendersi
comprensivo del leasing finanziario.

Dalla difformità tra
tasso indicato e il tasso effettivamente applicato non potrebbe mai derivare la
nullità parziale del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, ma potrebbe, se del
caso, ravvisarsi (in caso di significativa difformità) responsabilità civile
per inadempimento dell’obbligazione di trasparenza, ove l’utilizzatore alleghi
e provi, ad esempio, che qualora il tasso leasing fosse stato
correttamente rappresentato egli non avrebbe stipulato il contratto o lo
avrebbe stipulato altrove a più favorevoli condizioni.

Nel
caso in cui il tasso di interesse è individuato negozialmente mediante rinvio
alla legge, il medesimo è per definizione insuscettibile di ricadere nell’area
di illiceità.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso
da una s.r.l., in qualità di utilizzatrice, e da due persone fisiche, in
qualità di fideiussori, nei confronti della società concedente con la quale la
prima aveva concluso un contratto di
leasing,
al fine di domandare la rideterminazione dei rapporti dare/avere tra le parti
in ragione dei profili di invalidità del contratto e della dedotta violazione
delle regole di correttezza da parte della concedente.

A fondamento delle proprie pretese, parte attrice deduceva
l’indeterminatezza delle condizioni contrattuali discendente dall’omessa
indicazione del TAEG, dalla difformità tra tasso
leasing pattuito e indicato, con conseguente
applicabilità del tasso sostitutivo bot
ex art. 117 T.U.B., nonché
l’usurarietà del tasso di mora pattuito, da cui sarebbe derivata la gratuità
del negozio
ex art. 1815 c.c.

(Massime a cura di
Marika Lombardi)