Ordinanza del 28 luglio 2016 – Giudice estensore: dott.ssa Vincenza Agnese

Il diritto di proporre ante causam il ricorso cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l., di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c., deve ritenersi negato sulla base degli argomenti:

  1. a) letterale, in considerazione dell’utilizzo dell’avverbio «altresì» quale congiunzione tra la previsione dell’azione di responsabilità e quella dell’istanza cautelare di revoca, rafforzando, sotto il profilo temporale, il rapporto tra le due azioni e, dunque, orientando per ritenere che il ricorso può essere proposto esclusivamente nel contesto di un già instaurato procedimento a cognizione piena;
  2. b) del legislatore storico, deponendo in tal senso il tenore della relazione ministeriale della c.d. riforma del diritto societario, introdotta dal d.lgs. n. 05/2003, ove si afferma il diritto del socio di chiedere, con riguardo all’azione di responsabilità, «con essa» e «in quella sede» un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori;
  3. c) sistematico, discendente dalla previsione di cui all’art. 2378, terzo comma, c.c.

(Conforme a Trib. di Brescia, 16.07.2010).

Tali argomenti sono infine rafforzati dal riconoscimento, da parte della dottrina maggioritaria, di una provvisoria stabilità di effetti del provvedimento cautelare di revoca, con la conseguenza che ammettere la revoca di un amministratore ante causam significherebbe garantire al socio un “eccesso di tutela”.

Principio espresso in ipotesi di dichiarata inammissibilità di domanda cautelare ante causam di revoca ex art. 2476, terzo comma, c.c.

Ord. 28.7.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 21 giugno 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

L’art. 2476, secondo comma, c.c. riconosce al socio non amministratore un diritto soggettivo di natura potestativa, esercitabile, anche nelle s.r.l. dotate di collegio sindacale (o di sindaco unico), individualmente ed in via autonoma senza che sia necessario preventivamente identificare un vincolo di strumentalità con azioni diverse o con finalità probatorie specifiche.

Tale diritto si estende a tutta la documentazione sociale che possa fornire elementi utili in ordine all’amministrazione della società.

Il limite all’esercizio del diritto, come riconosciuto dalla costante giurisprudenza, è esclusivamente quello derivante dal canone di buona fede, non potendosi dunque formulare richieste di carattere ripetitivo, vessatorio, ostruzionistico od emulativo, mentre in via generale non sono opponibili al socio esigenze di riservatezza o di tutela della concorrenza.

Tuttavia, ove sussistano elementi di rischio, anche in chiave di verosimiglianza, connessi all’accesso del socio, il giudice può disporre specifiche modalità attuative che, da un lato, consentano al socio di esaminare la documentazione sociale, e, dall’altro, tutelino la società da un utilizzo illecito delle informazioni fornite: così, esemplarmente, l’accesso alla contabilità può avvenire indirettamente tramite un professionista scelto dal socio e gradito dalla società.

Principi espressi in ipotesi di parziale accoglimento di reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso, ex art. 700 c.p.c., promosso dal socio al fine di ottenere l’ordine agli amministratori di consentirgli di eseguire, o far eseguire da professionista di sua fiducia, una ispezione ex art. 2476 c.c.

Ord. 21.6.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 19 febbraio 2016, n. 537 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

La cessione delle azioni (o delle quote di s.r.l.) di una società di capitali ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Ne consegue che le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche ed al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale (e quindi alla loro consistenza economica) possono giustificare l’annullamento del contratto per errore o la risoluzione per difetto di qualità, ex art. 1487 c.c., solo se il cedente abbia fornito specifiche garanzie contrattuali, oppure nel caso del dolo di un contraente che, mediante artifici e raggiri, abbia omesso di rappresentare la reale situazione patrimoniale della società.

Per questi motivi, in assenza della c.d. garanzia analitica circa la corrispondenza tra la situazione patrimoniale della società e quella descritta nel contratto non potrà essere esercitata l’azione di riduzione del prezzo; è evidente poi che la presenza del dolo potrà determinare l’esperimento della diversa azione di annullamento del contratto.

(Conforme a Cass. nn. 15706/2008; 16031/2007; 5773/1996; 26690/2006; altresì Cass., Sez. Trib., n. 17948/2012).

Il contegno processuale di parte, consistente in un sostanziale disinteresse alla coltivazione della azione, mostrato, esemplarmente, dalla mancata comparizione all’udienza di precisazione delle conclusioni, può essere valutato quale argomento di prova, ex art. 116, secondo comma, c.p.c., dell’infondatezza della domanda.

Il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia del convenuto deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore medesimo e queste siano risultate infondate. Ciò anche nell’eventualità in cui l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda.

Il rimborso rimane inoltre a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa della parte si rilevi palesemente arbitraria.

(Conforme a Cass. n. 22234/2014).

Principi espressi in ipotesi di rigetto di una domanda giudiziale di riduzione del prezzo (c.d. quanti minoris) di acquisto di quote di s.r.l., fondata su pretese di natura risarcitoria, quali danno all’immagine, da ritardo, fermo tecnico.

Sent. 19.2.2016, n. 537

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza dell’11 febbraio 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’esistenza del conflitto di interessi, ai fini dell’azione di annullamento ex art. 2475 ter, primo comma, c.c., deve essere accertata sulla base del contenuto e delle modalità dell’operazione censurata, che può anche prescindere da una constatazione di formale contrapposizione di posizioni.

(Conforme a Cass. n. 18792/2005).

A tal fine, risulta parimenti irrilevante che l’atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato nei casi in cui i vincoli di solidarietà familiare o la comunanza di interessi tra rappresentante e terzo possono consentire di ritenere, secondo l’id quod plerumque accidit ed in concorso con altri elementi, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo sia la conoscenza effettiva (o la conoscibilità) di tale situazione da parte del terzo.

(Conforme a Cass. nn. 16708/2002; 1134/1978).

L’elusione dell’obbligo di gestione conservativa, di cui all’art. 2486 c.c., non può trovare giustificazione nella mera prospettazione dell’urgenza, non adeguatamente motivata, di impedire il deprezzamento delle partecipazioni azionarie.

L’elemento del danno in concreto non costituisce presupposto dell’azione di annullamento di cui all’art. 2475 ter, primo comma, c.c.

(Conforme a Cass. nn. 13708/1999; 10749/1992; 1498/1994; 4257/1992).

Ai fini del periculum in mora in materia di sequestro giudiziario è sufficiente che lo stato di fatto esistente in pendenza di giudizio comporti la possibilità che si determinino situazioni tali da pregiudicare l’attuazione del diritto controverso, ciò a prescindere dal timore di sottrazione, alterazione o dispersione dei beni stessi.

(Conforme a Trib. di Torino, 13.03.2009).

Principi espressi in ipotesi di rigetto di reclamo avverso l’ordinanza che ha autorizzato il sequestro giudiziario cautelare della partecipazione azionaria di una s.r.l. in una s.p.a. oggetto di un atto di vendita per cui è stata prospettata l’azione di annullamento per conflitto di interessi.

Ord. 11.2.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 9 febbraio 2016 – Giudice istruttore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può implicare, in assenza della prova di fatti illeciti direttamente imputabili al comportamento colposo o doloso degli amministratori, la responsabilità risarcitoria degli amministratori medesimi nei confronti dell’altro contraente ex art. 2476 c.c.

(Conforme a Cass. nn. 21130/2008; 15220/20120; 2251/1998; 5723/1991).

Principio applicato in ipotesi di rigetto di ricorso cautelare di sequestro conservativo a fronte dell’inadempimento di un contratto di cessione di ramo d’azienda.

Ord. 9.2.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 18 dicembre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

La comproprietà del pacchetto azionario si risolve in una ipotesi di comunione ordinaria avente ad oggetto la partecipazione sociale, dovendosi ritenere che la prevalenza della sua natura patrimoniale rispetto ai profili obbligatori (cioè al complesso di diritti ed obblighi connessi allo status di socio) determina la connotazione della partecipazione quale bene e quindi quale oggetto unitario di diritti, con la conseguenza che la peculiarità del bene oggetto della comproprietà non appare incompatibile con la applicabilità in via diretta della disciplina sulla comunione di beni.

Il rimedio di cui all’art. 2409 c.c. risulta applicabile alle società in liquidazione, ciò in quanto l’esigenza di ripristino della corretta gestione dell’attività di impresa, alla quale è funzionalmente diretto l’istituto, è pienamente ravvisabile anche nella fase di liquidazione della società.

Nondimeno, proprio in tale fase, essendo prodromica all’estinzione, l’obbligo di ripristino della correttezza gestionale è ancor più pregnante, giacché gli aspetti pubblicistici posti a tutela dei terzi e dei soci, al fine di offrire loro un quadro fedele delle operazioni di liquidazione e della risultante situazione patrimoniale, impongono una assoluta trasparenza operativa ed una particolare chiarezza contabile ed amministrativa.

Ai fini dell’attivazione dello strumento di cui all’art. 2409 c.c., le irregolarità degli amministratori devono essere, oltre che provviste del requisito (espresso) della gravità, necessariamente attuali, ciò in quanto il procedimento mira al riassetto amministrativo e contabile della società, avendo natura latu sensu cautelare e urgente, e non suscettibile di conseguire finalità strettamente sanzionatorie.

Principio espresso in ipotesi di rigetto del ricorso, ex art. 2409 c.c., promosso dagli eredi (comproprietari) del socio di s.p.a. a fronte della denuncia di asserite irregolarità gestorie discendenti dall’adozione di deliberazioni assembleari risalenti nel tempo e mai impugnate.

D. 18.12.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 10 novembre 2015 – Giudice designato: dott.ssa Vincenza Agnese

Essendo fisiologico contrarre perdite nella fase iniziale (start-up) di avviamento di una attività imprenditoriale, la responsabilità per mala gestio degli amministratori sorge solo in presenza di un’anomalia nel rapporto tra indebitamento e mezzi propri. A tal proposito deve ritenersi che il rapporto tra i mezzi dei terzi e i mezzi propri compatibile con una situazione di equilibrio finanziario debba essere inferiore a due.

La responsabilità degli amministratori di cui all’art. 2476 c.c. non può essere desunta unicamente dai risultati (negativi) della gestione, essendo escluso un sindacato di convenienza e di opportunità dei criteri seguiti dall’amministrazione nello svolgimento dei suoi compiti (conforme a Cass. n. 3409/2013). Ciò tuttavia non esclude che il dovere di diligenza imponga agli amministratori di prendere le decisioni discrezionali solo dopo aver assunto tutte le informazioni del singolo caso e, quindi, un sindacato, riservato alla sede naturale del giudizio di merito, circa la correttezza dei processi decisionali adottati dai medesimi.

(Conforme a Cass. n. 18231/2009).

Integra l’ipotesi di mala gestio ex art. 2476 c.c., costituendo altresì violazione dei doveri di cui agli artt. 2485 e 2486 c.c., la prosecuzione dello svolgimento dell’attività sociale in seguito al verificarsi di una causa di scioglimento della società.

Ai fini dell’accoglimento del ricorso per il sequestro conservativo, ex art. 671 c.p.c., proposto a cautela della domanda risarcitoria di merito di cui all’art. 2476 c.c., deve ritenersi sussistente il periculum in mora c.d. per infruttuosità laddove sussista il rischio che, durante il tempo necessario allo svolgimento del giudizio a cognizione piena, il debitore possa porre in essere atti di disposizione in danno dei creditori, in modo che, al termine del processo, il suo patrimonio risulti insufficiente alla soddisfazione del credito.

Ai fini della qualifica del socio quale amministratore di fatto le attività gestorie concretamente svolte dal predetto devono presentare carattere sistematico, non potendosi esaurire soltanto nel compimento di singoli atti di natura eterogenea e occasionale.

(Conforme a Cass. nn. 6719/2008; 9795/1999; 1925/1999).

In ogni caso, la responsabilità solidale del socio, di cui all’art. 2476, settimo comma, c.c., deve risultare da elementi tali da indurre a ritenere che il socio si sia rappresentato e abbia voluto influire sugli atti gestori compiuti dagli amministratori.

(Conforme a Trib. di Milano, 09.07.2009).

Principi espressi in ipotesi di riforma parziale del provvedimento, reso inaudita altera parte, che ha autorizzato il sequestro conservativo in danno degli amministratori e del socio – in qualità di amministratore di fatto o da considerarsi corresponsabile ex art. 2476, settimo comma, c.c. – di s.r.l., a fronte dell’accertamento di responsabilità per mala gestiodei medesimi verso la società.

Nello specifico, la cautela è stata riformata nell’importo, nonché revocata nella parte in cui autorizzava il sequestro conservativo ai danni del socio.

Ord. 10.11.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 5 novembre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Gianluigi Canali

Nel caso di affitto (del ramo) di azienda, trattandosi di ipotesi non contemplata dall’art. 76, 10° co., d.p.r. n. 207/2010, è esclusa la necessità, ai fini della c.d. attestazione S.O.A., di presentare perizia giurata redatta da un soggetto nominato dal tribunale competente per territorio, di talché, nella suddetta ipotesi, non può trovare accoglimento il ricorso promosso ai fini della nomina del soggetto medesimo.

Il principio è stato espresso in ipotesi di ricorso promosso da una s.r.l. ai fini della nomina del perito di cui all’art. 76, 10° co., d.p.r. n. 207/2010, in ipotesi di affitto (del ramo) di azienda.

Sul punto il Tribunale, esclusa la necessità di nomina dell’esperto in ipotesi di affitto (del ramo) di azienda, ha rigettato il ricorso.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 23 ottobre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

Nelle società per azioni, ai sensi dell’art. 2367 c.c., i soci hanno il diritto di ricorrere al tribunale per ottenere la convocazione dell’assemblea soltanto qualora le ragioni addotte dagli organi sociali appaiano ingiustificate. È evidente, pertanto, che non sussiste (più) un diritto incondizionato dei soci alla convocazione dell’assemblea, essendo consentito un apprezzamento ad opera degli amministratori e dei sindaci e, quindi, un vaglio sulla correttezza dell’iniziativa della minoranza.

Così, esemplarmente, l’assenza di adeguata motivazione, che può anche desumersi dalla non perseguibilità dello scopo, nonché una valutazione di potenziale lesività della richiesta formulata dai soci di minoranza giustificano il rifiuto degli amministratori.

In ipotesi, come nel caso concreto, in cui la richiesta di aumento di capitale (formulata dai soci di minoranza) si inserisca in un contesto di indebitamento e non sia finalizzata alla copertura delle perdite risulta necessario – ancorché l’aumento di capitale non rientri necessariamente tra quelle materie che ex lege richiedono un progetto o una relazione degli amministratori – che gli amministratori predispongano una relazione quantomeno “giustificativa” dell’operazione.

Principi espressi in ipotesi di rigetto di ricorso promosso dal socio di minoranza di una s.p.a., in stato di indebitamento, per ottenere la convocazione giudiziale dell’assemblea, ex art. 2367 c.c., ai fini della deliberazione di un aumento di capitale “di scopo”, diverso dalla copertura delle perdite, genericamente determinato (nel «rapportarsi con le autorità locali»), verosimilmente non perseguibile (in ragione dello stato di indebitamento), nonché potenzialmente lesivo per la società (per l’esistenza di un accordo tra la medesima e le banche creditrici in base al quale le modificazioni statutarie non preventivamente autorizzate comportano l’accelerazione da parte degli istituti di credito della riscossione dei propri crediti).

D. 23.10.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 7 ottobre 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Ai fini dell’accoglimento del ricorso per il sequestro conservativo, ex art. 671 c.p.c., proposto a cautela della domanda risarcitoria di merito di cui all’art. 2395 c.c., deve ritenersi sussistente il fumus boni iuris laddove il socio ricorrente fornisca, anche mediante perizia di parte, l’evidenza che l’amministratore abbia perfezionato e progettato operazioni gestorie con l’intento di dissimulare ai terzi il reale stato di crisi della società, rappresentando in bilancio una situazione economico-patrimoniale della medesima non veritiera.

Nel qual caso, tenendo conto delle predette operazioni, può ulteriormente ritenersi sussistente il requisito del periculum in mora.

In ossequio al principio di generale prudenza, ricavabile dal combinato disposto degli artt. 2423 bis e 2426, primo comma, n. 8, c.c., i crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzo e detta valutazione deve tenere conto, tra l’altro, del grado di solvibilità del debitore.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto della domanda cautelare di sequestro conservativo ai danni dell’amministratore di s.p.a., a fronte dell’accertamento di responsabilità personale exart. 2395 c.c., che ha indotto altra s.p.a. all’acquisto di una partecipazione pari al 10% del capitale sulla base di un bilancio non veritiero e verosimilmente priva di valore.

Ord. 7.10.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)