Sentenza del 17 marzo 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

L’azione risarcitoria ex art.1218 c.c. per violazione degli obblighi di collaborazione tra affiliati previsti in un contratto di franchising non può essere esperita “orizzontalmente” (tra affiliati) ma solo “verticalmente” tra affiliante ed affiliati.

Principio espresso nel contesto di un’azione di risarcimento danni per inadempimento delle pattuizioni previste in un contratto di franchising relative a obblighi di collaborazione e di non concorrenza in capo agli affiliati.

(Massima a cura di Giovanni Gitti)




Sentenza del 28 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai fini dell’accertamento del superamento del tasso di interesse rispetto al tasso-soglia di cui alla disciplina antiusura, il tasso degli interessi moratori non è da sommarsi a quello degli interessi corrispettivi.

Principio espresso nel contesto di un’azione di nullità di un contratto di locazione finanziaria per asserita violazione della disciplina antiusura.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 12 febbraio 2020 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

Ancorché eventualmente ricompresa nel medesimo articolo del contratto, la clausola di determinazione dell’interesse moratorio è autonoma e ben distinta da quella di determinazione dell’interesse corrispettivo. Con la conseguenza che l’eventuale invalidità della clausola relativa al tasso moratorio non si estende a quella relativa all’interesse corrispettivo, che resta valida e pienamente efficace anche nel caso in cui la prima risulti nulla perché usuraria.

Nei
mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura
composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità
di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario, aventi ad
oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la
corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente
distinte e rispondono a diverse finalità; di conseguenza, il fatto che nella
rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in
via differita nel tempo, non è sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne
l’autonomia (Cass. Civ., n. 11400/2014).
In forza delle limitazioni previste, quindi, dall’art. 1283 c.c., la banca non
può pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per
interessi corrispettivi, con conseguente nullità della clausola in tema di
determinazione degli interessi moratori, perché anatocistica.

Il TAEG/ISC è un indicatore che agevola il cliente
consumatore nella comprensione dell’effettiva dinamica economica dei vari
rapporti contrattuali instaurati con la banca; avendo tale finalità, esso non
ha la funzione di integrare la disciplina convenzionale, semmai di agevolarne la
comprensione. Quindi la sua presenza o meno è del tutto ininfluente nella
prospettiva dell’accertamento circa la determinatezza della pattuizione dell’interesse
passivo.

Invero, la pattuizione è indeterminata quando si
può interpretare in un senso che conduce ad un risultato, e pure in altro senso
che conduce ad un risultato diverso; è viceversa determinata quando univoche ne
sono le conseguenze.

Pertanto, si può affermare che vi è determinatezza
o determinabilità dell’interesse pattuito quando l’interesse dovuto è correlato
ad un dato esterno – quale il tasso Euribor – di cui non sia stata contestata l’oggettiva
conoscibilità, così risultando univoco.

Principi espressi a seguito del giudizio di appello
promosso dal mutuatario avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la
domanda dallo stesso proposta al fine di sentire dichiarare la gratuità del
contratto di mutuo per pattuizione di interessi usurari.

(Massime
a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 12 febbraio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

La nullità degli ordini di acquisto di strumenti finanziari impartiti ad un intermediario finanziario comporta l’obbligo restitutorio in capo a quest’ultimo di tutte le somme versate, al netto di quanto conseguito in sede di disinvestimento di detti strumenti.

Principio espresso nel contesto di un’azione in cui l’investitore invocava la nullità dei contratti stipulati con l’intermediario finanziario per omessa menzione della facoltà di recesso ex art. 30, c. 7, del Testo Unico della Finanza.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 29 gennaio 2020 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere relatore: Dott. Giuseppe Magnoli

In relazione ai mutui chirografari ratealizzati deve ritenersi
valevole la regola generale di cui all’art.1819 cc, secondo il quale “se è
stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non
adempie l’obbligo del pagamento anche di una sola rata, il mutuante può
chiedere, secondo le circostanze, l’immediata restituzione dell’intero”.

Il criterio di ammortamento alla
francese, ovvero a rate costanti,  non dà
di per sé origine all’applicazione di interessi anatocistici, in violazione
dell’art.1283 cc, come chiarito dalla sentenza n. 11400/2014 della Cassazione:
“nei c.d. mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di
rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi,
attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico
del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta
in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento –
che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che
nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di
adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la
natura né ad eliminarne l’autonomia”.

L’art.3 della delibera CICR del 9
febbraio 2000 ha stabilito che, nelle operazioni di finanziamento in cui il
rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze
temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo
complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente
stabilito, produrre interessi dalla data di scadenza e sino al momento del
pagamento. Non può pertanto ritenersi illecita ex art.1283 cc la pattuita
applicazione dell’interesse moratorio (al tasso convenzionale) sull’intera rata
scaduta, essendo questa comprensiva sia di una quota capitale, sia anche di una
quota di interessi.

Non sono in senso stretto qualificabili
come fideiussioni per obbligazioni future quelle rilasciate a garanzia di un
finanziamento contestualmente erogato, e perciò per obbligazione ben
individuata, e non indeterminata, ed inoltre presente, e non futura.

Dal principio di accessorietà deriva
che non si può chiedere al garante ciò che non è possibile richiedere al
debitore principale; la conseguenza di tale regola, per il caso di invalidità
di un contratto di finanziamento,  è
soltanto che al garante, così come al debitore principale, non si può
richiedere l’adempimento di obbligazioni correlate a pattuizioni invalide,
mentre permane intatto, per il mutuatario, l’obbligo della restituzione della
somma ricevuta a prestito, e, quindi, per il fideiussore, l’obbligo, per
accessorietà, di garantire detta obbligazione.

In caso di mutuo di scopo, l’effettiva
attuazione da parte del mutuatario degli obiettivi indicati nella clausola non
appare idonea ad apportare utilità alcuna alla parte mutuante, il cui unico
interesse, giuridicamente apprezzabile, risulta quindi essere quello alla
tempestiva restituzione delle somme erogate, con gli interessi pattuiti. Il che riconduce la fattispecie all’ipotesi della
mera enunciazione dei motivi dell’atto da parte del mutuatario, come tale
certamente inconferente. Ciò conduce ad escludere la
prospettata nullità dei due finanziamenti per inottemperanza dello scopo
pattuito.

Laddove non previsto da una specifica
clausola negoziale, le obbligazioni derivanti rispettivamente dal mutuo e dal
rapporto di conto corrente sono tra loro autonome: infatti, l’obbligo
restitutorio in capo al mutuatario permane immutato sia in caso di impiego
della somma erogatagli per la finalità prospettata, e cioè ad estinzione totale
o parziale del saldo negativo di conto corrente, sia in caso di impiego di essa
per altre finalità; inoltre, l’estinzione totale o parziale del saldo negativo
di conto corrente ha luogo indipendentemente dalla provenienza della provvista,
sia quindi che derivi dal finanziamento in questione, sia che derivi da
conferimento di capitale da parte dei soci o da finanziamento da parte di altri
intermediari.

E’ da escludersi la nullità del mutuo
per indeterminatezza del tasso di finanziamento laddove la determinazione del
tasso di interesse, con riferimento al periodo di variabilità, è realizzata
mediante richiamo a parametri di formazione esterna, di indubbia conoscibilità,
e di non equivoca applicazione.

Principi espressi a seguito dell’impugnazione della sentenza con
la quale il tribunale aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso, a favore
dell’istituto di credito, per il pagamento della somma residua del contratto di
mutuo del quale gli appellanti erano fideiussori. Gli appellanti hanno
argomentato la propria domanda sostenendo la nullità del contratto di mutuo.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Sentenza del 15 gennaio 2020 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Permane la causa assicurativa – e pertanto non è nullo per assenza di causa – di un contratto derivato finanziario anche se stipulato non in contestualità con il contratto in cui ha fonte il rischio economico dal quale ci si assicura mediante il derivato medesimo.

Principio espresso nel contesto di un’azione di risoluzione di un contratto derivato finanziario del tipo capped interest swap in relazione ad un contratto di mutuo a tasso variabile indicizzato all’andamento del tasso dell’Euribor.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Sentenza del 28 novembre 2019, n. 19492 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

Ai
fini della valutazione della validità e dell’efficacia  di un contratto qualificato come “appendice
integrativa di versamento”, che si riferisce ad una polizza
assicurativo-finanziaria sottoscritta in precedenza, non rileva l’assenza della
previsione del diritto di recesso previsto dal comma 6 dell’art 30  t.u.f., 
trattandosi di un’appendice volta non alla sottoscrizione di un nuovo
prodotto, ma unicamente alla corresponsione di un versamento aggiuntivo che si
limita a modificare l’ammontare del premio complessivo previsto nella polizza
già sottoscritta. La convenienza dell’investimento viene solitamente valutata
dal risparmiatore, nei suoi profili essenziali, al momento della sottoscrizione
della polizza, non sussistendo dunque, in questa ipotesi, margine per un
ripensamento alla base di un eventuale recesso.

Un
contratto finanziario (nella fattispecie un’“appendice integrativa di versamento”
riferita ad una polizza assicurativo-finanziaria sottoscritta in precedenza)
non può essere annullato ex art. 428 c.c. in assenza di un grave
pregiudizio per l’autore e della mala fede dell’altro contraente.

Principi
espressi nel contesto di una azione volta ad accertare l’invalidità o
l’inefficacia dell’appendice di una polizza assicurativo-finanziaria avente ad
oggetto la corresponsione di un versamento aggiuntivo finalizzato ad aumentare
l’ammontare del premio complessivo della polizza già sottoscritta e,
conseguentemente, la responsabilità del promotore finanziario per violazione
dei doveri professionali
.

(Massima
a cura di Giorgio Peli)




Sentenza del 21 novembre 2019 – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

L’atteggiarsi del rischio (finanziario) di cambio tra valute, qualora non sia espressamente disciplinato nel regolamento contrattuale, è dinamica che attiene tutt’al più alla sfera dei motivi del contrarre, risolvendosi in un’errata personale valutazione economica della quale ciascuno dei contraenti si assume il rischio e, pertanto, non è idonea a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto.

Principio espresso nel contesto di un’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a seguito del parziale inadempimento di una transazione avente per oggetto gli obblighi derivanti da un contratto di leasing.

(Massima a cura di Giovanni Gitti)




Sentenza del 20 novembre 2019 – Presidente relatore: Dott. Donato Pianta

Il regime del credito
derivante dalla condanna alla rifusione delle spese legali, contenuta in una
sentenza successiva all’ammissione al concordato preventivo, ma relativa ad un
giudizio introdotto anteriormente, va determinato sul rilievo che tale condanna
trova causa in fatti generatori accaduti in precedenza. Di conseguenza, la
condanna alle spese di lite deve essere fatta risalire ad un momento
antecedente alla sua emissione, in quanto essa trae origine in fatti
costitutivi (l’azione o la resistenza in giudizio) anteriori. Pertanto, il
credito da spese legali vantato dalla parte vittoriosa può essere considerato
anteriore all’apertura della procedura, poiché lo stesso, seppur contenuto in
una pronuncia giudiziale successiva al decreto di ammissione al concordato, trova
il proprio fondamento in un fatto costitutivo verificatosi in epoca precedente,
con conseguente attribuzione del rango concorsuale a tale credito.

I principi sono stati espressi nel giudizio di
appello promosso da una s.p.a. in liquidazione e in concordato preventivo
avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva accertato la natura prededucibile
del credito sorto in conseguenza dell’emissione della sentenza precedentemente
resa tra le parti. Avverso detta ordinanza, la società ha proposto appello
chiedendone la totale riforma.

(Massima a cura di
Marika Lombardi)




Sentenza del 19 settembre 2019 – Presidente relatore: Dott. Donato Pianta

Nel concordato
preventivo la compensazione determina, ai sensi degli artt. 56 e 169 l. fall.,
una deroga alla regola del concorso ed è ammessa pure quando i presupposti di
liquidità ed esigibilità, ex art. 1243 c.c., maturino dopo la data di
presentazione della domanda di ammissione al concordato stesso, purché il fatto
genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore alla domanda (cfr.
Cass. Civ., sez. I, 25 novembre 2015, n. 24046).

I principi sono stati espressi nel
giudizio di appello promosso da una s.r.l. in liquidazione e in concordato
preventivo avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di
condanna nei confronti di una banca alla restituzione degli importi incassati
durante la procedura.

(Massima
a cura di Marika Lombardi)