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Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 22 maggio 2023, n. 863 – concordato preventivo, anticipazione ricevute bancarie, compensazione, artt. 56 e 169 l. fall.

In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, qualora le relative operazioni siano compiute in un momento precedente all’ammissione del correntista a concordato preventivo e  questo, successivamente all’ammissione alla procedura, agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, è necessario accertare se la convenzione relativa all’anticipazione contenga una clausola attributiva del diritto della banca di “incamerare” le somme riscosse (c.d. patto di compensazione o patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto), perché soltanto in presenza di una simile convenzione la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme incassate con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni creditizie regolate sul medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della cristallizzazione dei crediti (cfr. Cass. n. 17999/2011 e Cass. n. 11523/2020). Infatti in tal caso il fatto genetico di entrambi i crediti può essere ravvisato nell’operazione complessivamente posta in essere dalle parti in epoca anteriore alla presentazione della domanda di concordato preventivo da parte del correntista, attraverso la stipulazione del contratto di anticipazione bancaria e del collegato mandato all’incasso con patto di compensazione.

Principio espresso, in grado d’appello,  nell’ambito di una controversia concernente la compensazione fra il credito vantato dalla banca per il rimborso dell’anticipazione concessa alla società correntista successivamente ammessa al concordato preventivo e il debito della prima nei confronti della seconda per la restituzione degli importi riscossi, in epoca successiva alla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, in esecuzione del mandato all’incasso conferitole dalla cliente.

(Massima a cura di Giovanni Maria Fumarola)




Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 19 settembre 2022, n. 1086 – concordato preventivo, anticipazione su ricevute bancarie, mandato all’incasso, patto di compensazione

In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, qualora le relative operazioni siano compiute anteriormente all’ammissione del correntista ad una procedura concorsuale e l’organo di questa agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, occorre accertare se la convenzione relativa a quella anticipazione contenga una clausola attributiva alla banca del diritto di incamerare le somme riscosse (c.d. patto di compensazione o di annotazione ed elisione in conto corrente di partite di segno opposto), atteso che solo in tale ipotesi quest’ultima ha diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito maturato in dipendenza di operazioni regolate sul medesimo conto corrente, senza che rilevi l’anteriorità del credito e la posteriorità del debito rispetto all’ammissione alla procedura concorsuale, non operando, in tale evenienza, il principio della cristallizzazione dei crediti (cfr. Cass. n. 3336/2016 e Cass., n. 17999/2011).

In caso di anticipazioni bancarie con mandato all’incasso e patto di compensazione, l’accordo di compensazione con l’istituto bancario mantiene la sua validità ed operatività anche in ipotesi di successiva ammissione del correntista ad una procedura concorsuale, ragion per cui la banca ha diritto di compensare il credito sorto dall’anticipazione effettuata con il debito correlato all’obbligazione di versamento al cliente delle somme riscosse. Tale diritto sorge con l’effettuazione dell’anticipazione, senza che rilevi la circostanza che gli incassi siano avvenuti dopo la presentazione da parte del correntista della domanda di ammissione al concordato preventivo, posto che il recupero delle somme corrisposte a quest’ultimo dai suoi clienti, in relazione alle quali è stata concessa l’anticipazione da parte della banca, costituisce la fisiologica attuazione della clausola di compensazione che già attraverso l’anticipazione determina il sorgere dell’obbligo di restituzione (contra Cass. n. 6060/2022; Cass. n. 22277/2017).

L’anticipazione bancaria costituisce una particolare operazione finanziaria in relazione alla quale il ricorso alla compensazione è puramente strumentale, in quanto il c.d. patto di compensazione, detto anche patto di annotazione ed elisione in conto corrente delle partite di segno opposto, conferisce alla banca il diritto di compensare, attraverso il mezzo tecnico della annotazione in conto delle somme riscosse ad elisione delle partite di debito verso la banca medesima, il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito verso lo stesso cliente conseguente ad operazioni regolate sul medesimo conto corrente.

I principi sono stati espressi nel giudizio di appello promosso da una società per azioni in concordato preventivo avverso la sentenza di primo grado per violazione e falsa applicazione degli artt. 169 e 56 l. fall., nonché per contraddittorietà della motivazione, in quanto, pur avendo il Tribunale ricostruito in termini di mandato all’incasso il rapporto intercorso fra le parti, aveva tuttavia reputato sussistenti i presupposti di operatività della compensazione invocata dalla banca.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Decreto del 9 dicembre 2021 – Presidente: Dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: Dott. Gianluigi Canali

Nella procedura di concordato
preventivo la proposta e l’attestazione devono: a) individuare, in primo luogo, i creditori e i rispettivi
crediti e, in secondo luogo, qualora detti crediti fossero contestati, tenere
conto della necessità di stanziamento di fondi per rischi, dando atto delle
ragioni degli importi stanziati; b) precisare
se i finanziamenti di natura chirografaria concessi dagli istituti di credito siano
o meno assistiti dalla garanzia pubblicistica rilasciata dal fondo ex L.
662/96; c) verificare se il vincolo
di destinazione di determinati beni possa essere oggetto di impugnazione da
parte dei legittimari, per violazione della quota di legittima.

Al fine di valutare la convenienza
del concordato rispetto all’ipotesi fallimentare, l’attestatore deve verificare:
a) il momento in cui la perdita del capitale sociale si sia verificata; b)
se i componenti dell’organo di controllo abbiano stipulato contratti di
assicurazione e, in caso positivo, per quali somme nonché a quali condizioni
contrattuali. Inoltre, l’attestatore, se nell’eseguire i propri stress test considera
disponibili per la massa i fondi generici, è tenuto a spiegare perché, qualora
si verificassero le prospettate circostanze sfavorevoli, il rischio che quei
fondi siano volti a coprire verrebbe meno.

Principi
espressi nel giudizio di ammissione al concordato preventivo, all’esito del
quale il Tribunale ha giudicato inammissibile la proposta di concordato
formulata, tenuto conto dell’esistenza di lacune e di criticità nel piano proposto
e nell’attestazione, sia in relazione alla quantificazione del passivo
concordatario sia con riferimento alle concrete possibilità di realizzo
dell’attivo. Nello specifico, il Tribunale rilevava che la società debitrice
non aveva preso in debita considerazione le pretese di alcuni professionisti e
che l’attestazione risultava carente in relazione alla valutazione della
convenienza del concordato preventivo rispetto all’ipotesi fallimentare.

(Massima cura di Simona Becchetti)




Decreto del 4 marzo 2021 – Presidente: Dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: Dott. Gianluigi Canali

L’art. 160 l. fall, come modificato
dal D.L. 27.6.2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 6.8.2015 n.
132, prevede, al quarto comma, che nei concordati non riconducibili all’art. 186-bis
l. fall la proposta di concordato preventivo deve assicurare il pagamento
di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. Tale
disposizione deve essere interpretata secondo un criterio “intermedio”,
sostanzialmente ispirato alla disciplina ante 2005 in tema di concordato
per cessione dei beni, secondo cui la valutazione del giudice volta a
verificare la sufficienza dei beni offerti ad assicurare il soddisfacimento dei
crediti nella misura prevista dovrà essere fondata su elementi seri e concreti
idonei a determinare la fondata opinione, intesa come “quasi certezza”, che secondo
l’id quod plerumque accidit la liquidazione dei beni stessi fornirà i
mezzi necessari al detto soddisfacimento (conf. Cass. n. 3527/1989; Cass. n.
2809/1988; Cass. n. 3128/1973). L’assunzione di tale criterio interpretativo
incide necessariamente anche sul contenuto dell’attestazione, la quale dovrà
fornire elementi oggettivi che consentano di ritenere certo il risultato
prospettato dal debitore.

Principi
espressi nel giudizio avente ad oggetto la presentazione della domanda di
ammissione alla procedura di concordato preventivo promossa da una s.p.a. (nella
quale quest’ultima aveva proposto ai creditori un piano liquidatorio che prevedeva
il pagamento integrale dei crediti in prededuzione e privilegiati e il
pagamento nella misura del 26,47% dei crediti chirografari). Il Tribunale dichiarava
inammissibile la proposta di concordato formulata dalla s.p.a., poiché il piano
proposto veniva giudicato inidoneo ad assicurare il pagamento del 20% dei
crediti chirografari. Sul punto, il Tribunale rilevava le seguenti criticità:
a) con riferimento al compendio immobiliare, la carenza di manifestazione di
interesse con la conseguenza che la relativa vendita sarebbe avvenuta, con ogni
probabilità, con ribassi notevolmente superiori al 20% e, dunque, con
impossibilità a garantire il pagamento ai creditori chirografari nella misura
del 20%; b) l’incertezza in relazione all’acquisto delle rimanenze indicate
dalla società proponente o, comunque, che l’acquisto potesse essere concretizzato
a valori prossimi a quelli indicati dalla proponente; c) l’esistenza di crediti
in relazione ai quali l’incasso risultava incerto nella misura e nei tempi
indicati nella proposta.

(Massima a cura di Simona Becchetti)




Decreto del 7 marzo 2019 – Presidente: dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Ai sensi dell’art. 161 l.f. la domanda di ammissione al concordato preventivo deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore; in caso di concordato con continuità indiretta, essa consiste nelle favorevoli conseguenze per la massa dei creditori derivanti dall’affitto e cessione unitaria dell’azienda, più vantaggiosi della liquidazione atomistica dei singoli beni e in grado di preservarne l’avviamento commerciale.

In ossequio a quanto disposto dall’art. 182-ter l.f., se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria il trattamento non può essere differente in caso di suddivisione dei creditori in classi, rispetto a quello dei creditori per i quali è previsto un trattamento più favorevole.

Principi espressi in sede di ammissione al concordato preventivo con continuità indiretta; tuttavia, essendo stata presentata un’offerta di acquisto di azienda da parte dell’affittuario, è stata disposta l’apertura di un procedimento competitivo ex art. 163-bis l.f. anche con riferimento all’affitto dell’azienda.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Decreto del 24 luglio 2018 – Presidente: dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello per cui il giudice – anche successivamente all’ammissione al concordato preventivo e quindi, a maggior ragione, nella fase di ammissione – è tenuto ad effettuare una valutazione circa la fattibilità giuridica del piano proposto, sotto il profilo della correttezza giuridica, ed è chiamato a riscontrare i presupposti di ammissibilità alla procedura, ex art. 160 l.f. (conf. Cass. Sez. Unite, 23.01.2013, n.1521).

In caso di concordato in continuità indiretta ex art 186-bis l.f. mediante cessione dell’azienda all’affittuaria, al fine di soddisfare il requisito di cui al co. 2, lett. a), di tale norma, non è sufficiente allegare il bilancio dell’affittuaria, ma è necessario inserire nel piano la valutazione circa la capacità reddituale e finanziaria della stessa nonché l’analisi dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa. Tali requisiti vanno peraltro sottoposti al vaglio tecnico e critico dell’attestatore.

Al fine di soddisfare il requisito dell’art. 186-bis, co. 2, lett. b), l.f., la relazione del professionista di cui all’articolo 161, co. 3, l.f. deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, ma tale attestazione deve essere sorretta da dati concreti, come una perizia di stima del valore dell’azienda, posto che detta relazione deve contenere un’analisi tecnica, nonché un concreto apparato informativo e valutativo che consenta ai creditori di esprimere il giudizio, loro riservato, di convenienza economica del concordato.

Principi espressi in ipotesi di declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, ex art. 162, co. 2, l.f., avendo il Tribunale ritenuto che essa non fosse sostenuta da un adeguato apparato conoscitivo e valutativo tale da consentire ai creditori di formulare un giudizio di adesione pienamente informato e consapevole.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)