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Sentenza del 8 ottobre 2016, n. 2912 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’amministratore di fatto ricorre per la sola circostanza dello stabile esercizio di funzioni gestorie, non soltanto quando la nomina alla carica amministrativa risulti irregolare, ma anche in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società. Per essere rilevanti, al fine di giungere a qualificare un soggetto quale amministratore di fatto, le attività gestorie devono presentare carattere sistematico e non si devono esaurire soltanto nel compimento di singoli atti di natura eterogenea ed occasionale. L’amministratore di diritto della società a responsabilità limitata risponde verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di doveri ad esso imposti dalla legge o dall’atto costitutivo. L’amministratore di fatto è soggetto alle stesse regole ed agli obblighi propri di quelli di diritto.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento della domanda, proposta dalla curatela fallimentare nei confronti degli amministratori, di diritto e di fatto, di s.r.l, volta ad accertare la loro responsabilità a seguito del compimento di gravi irregolarità nella gestione della società (irregolare tenuta delle scritture contabili, distrazione di beni ammortizzabili e violazione degli obblighi ex art. 2485 c.c.) e ad ottenere la condanna degli stessi al risarcimento del relativo danno.

Sent. 8.10.2016, n. 2912

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Sentenza del 3 agosto 2016, n. 2412 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’esercizio dell’azione nei confronti del creditore principale non implica il trasferimento del credito ceduto (in garanzia) in capo al cedente, in quanto il cessionario è legittimato ad azionare sia il credito principale sia quello ceduto in garanzia; il credito ceduto in garanzia potrà ritornare nella sfera giuridica del cedente, solo in seguito al soddisfacimento della pretesa creditoria garantita. L’art. 61 L.F. esclude vi sia automatismo tra insinuazione allo stato passivo del fallimento e liberazione dell’obbligo solidale.

Nella cessione di azienda anche l’acquirente risponde dei debiti dell’alienante, purché questi risultino dai libri contabili obbligatori (art. 2560, comma 2, c.c.); infatti l’iscrizione dei debiti nei libri contabili è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente per tali debiti e non potrà essere dimostrata nemmeno dalla sussistenza di altri elementi comprovanti la situazione debitoria dell’azienda ceduta.

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda, proposta dalla curatela fallimentare, volta all’accertamento dell’esistenza di un contratto di cessione di credito e alla relativa condanna al pagamento dello stesso.

Sent. 3.8.2016, n. 2412

(Massima a cura di Roberta Benedini)




Ordinanza del 28 luglio 2016 – Giudice estensore: dott.ssa Vincenza Agnese

Il diritto di proporre ante causam il ricorso cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l., di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c., deve ritenersi negato sulla base degli argomenti:

  1. a) letterale, in considerazione dell’utilizzo dell’avverbio «altresì» quale congiunzione tra la previsione dell’azione di responsabilità e quella dell’istanza cautelare di revoca, rafforzando, sotto il profilo temporale, il rapporto tra le due azioni e, dunque, orientando per ritenere che il ricorso può essere proposto esclusivamente nel contesto di un già instaurato procedimento a cognizione piena;
  2. b) del legislatore storico, deponendo in tal senso il tenore della relazione ministeriale della c.d. riforma del diritto societario, introdotta dal d.lgs. n. 05/2003, ove si afferma il diritto del socio di chiedere, con riguardo all’azione di responsabilità, «con essa» e «in quella sede» un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori;
  3. c) sistematico, discendente dalla previsione di cui all’art. 2378, terzo comma, c.c.

(Conforme a Trib. di Brescia, 16.07.2010).

Tali argomenti sono infine rafforzati dal riconoscimento, da parte della dottrina maggioritaria, di una provvisoria stabilità di effetti del provvedimento cautelare di revoca, con la conseguenza che ammettere la revoca di un amministratore ante causam significherebbe garantire al socio un “eccesso di tutela”.

Principio espresso in ipotesi di dichiarata inammissibilità di domanda cautelare ante causam di revoca ex art. 2476, terzo comma, c.c.

Ord. 28.7.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 21 giugno 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

L’art. 2476, secondo comma, c.c. riconosce al socio non amministratore un diritto soggettivo di natura potestativa, esercitabile, anche nelle s.r.l. dotate di collegio sindacale (o di sindaco unico), individualmente ed in via autonoma senza che sia necessario preventivamente identificare un vincolo di strumentalità con azioni diverse o con finalità probatorie specifiche.

Tale diritto si estende a tutta la documentazione sociale che possa fornire elementi utili in ordine all’amministrazione della società.

Il limite all’esercizio del diritto, come riconosciuto dalla costante giurisprudenza, è esclusivamente quello derivante dal canone di buona fede, non potendosi dunque formulare richieste di carattere ripetitivo, vessatorio, ostruzionistico od emulativo, mentre in via generale non sono opponibili al socio esigenze di riservatezza o di tutela della concorrenza.

Tuttavia, ove sussistano elementi di rischio, anche in chiave di verosimiglianza, connessi all’accesso del socio, il giudice può disporre specifiche modalità attuative che, da un lato, consentano al socio di esaminare la documentazione sociale, e, dall’altro, tutelino la società da un utilizzo illecito delle informazioni fornite: così, esemplarmente, l’accesso alla contabilità può avvenire indirettamente tramite un professionista scelto dal socio e gradito dalla società.

Principi espressi in ipotesi di parziale accoglimento di reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso, ex art. 700 c.p.c., promosso dal socio al fine di ottenere l’ordine agli amministratori di consentirgli di eseguire, o far eseguire da professionista di sua fiducia, una ispezione ex art. 2476 c.c.

Ord. 21.6.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza dell’11 giugno 2016, n. 1797 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori spettanti alla società e ai creditori, in caso di fallimento della società, confluiscono nell’unica azione di responsabilità esercitabile da parte del curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall., ma i presupposti delle due azioni rimangono immutati.

In particolare, in tema di prescrizione, il termine, in ogni caso quinquennale, decorre, nell’azione sociale di cui all’art. 2393 c.c., dalla cessazione dell’amministratore dalla carica, mentre, nell’azione di responsabilità verso i creditori, dal momento in cui l’insufficienza patrimoniale è oggettivamente conoscibile dai creditori.

(Conforme a Cass. nn. 10378/2012; 15955/2012).

L’omessa tenuta dei libri contabili, sebbene rappresenti senz’altro un grave inadempimento degli obblighi di corretta gestione e costituisca un ostacolo ad una ricostruzione dell’andamento dell’impresa, non può tuttavia giustificare l’imputazione all’amministrazione del deficit fallimentare, non essendo neppure astrattamente configurabile un nesso di causalità tra la predetta condotta omissiva e il danno per il patrimonio della società.

(Conforme a Cass. S.U. n. 9100/2015).

In caso di omissione di tenuta dei libri contabili, l’attribuzione della responsabilità risarcitoria agli amministratori presuppone la verifica della sussistenza delle specifiche condotte illecite ai medesimi imputate. Tuttavia, il mancato rinvenimento di beni durevoli e di rilevante importo iscritti alla voce “immobilizzazioni materiali”, fa sorgere a carico degli amministratori una presunzione di distrazione dei predetti beni, che gli stessi sono tenuti a confutare.

Il valore contabile, ossia il c.d. costo storico, di beni durevoli generalmente non coincide con il valore di realizzo sul mercato, risultando tendenzialmente superiore per effetto della obsolescenza, del deperimento e della specificità dei beni. Sicché, ai fini della quantificazione del danno da risarcire in conseguenza della distrazione dei predetti beni, appare congruo “abbattere” il medesimo costo storico del 50%.

Il componente del consiglio di amministrazione non può eccepire il proprio disinteresse per la società al fine di esimersi da responsabilità, essendo tale disinteresse piuttosto indice di condotta omissiva colposa sanzionata dall’art. 2476 c.c.

La responsabilità degli amministratori non può essere graduata in relazione alle colpe di ciascun amministratore: ai sensi dell’art. 2476 c.c. gli amministratori rispondono nei confronti del danneggiato in solido, potendosi semmai proporre, nei rapporti interni, domande di regresso.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di ricorso promosso dal curatore fallimentare di s.r.l., ex art. 146 l. fall., ai fini dell’accertamento della responsabilità per mala gestio degli amministratori, conseguente a condotte distrattive ai danni della società medesima.

Sent. 11.6.2016, n. 1797

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 13 maggio 2016 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

Concorre nell’inadempimento dell’obbligo di segretezza contrattualmente assunto la società che utilizzi impropriamente materiale nel possesso di altra ove vi sia coincidenza fisica tra i componenti del consiglio di amministrazione di quest’ultima e i collaboratori dell’altra. Il comprovato utilizzo del materiale e la coincidenza soggettiva fanno infatti presumere la cessione di materiale da parte di una nei confronti dell’altra.

L’uso di cataloghi pubblicitari, codici alfanumerici e, all’interno degli stampati, di fotografie che ritraggono lo stabilimento e i dipendenti di altra società, costituiscono atti di concorrenza sleale per confusorietà ex art. 2598, n. 1. c.c.

L’utilizzo della reference list di altra società costituisce atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi ex art. 2598, n. 2, c.c.

Ai fini della tutela prevista all’art. 98 c.p.i., gli specifici requisiti indicati nella disposizione medesima devono essere integralmente allegati e provati, sicché anche l’assenza di uno solo di essi impedisce di sussumere i relativi fatti nell’alveo normativo del codice della proprietà industriale.

Inoltre, il richiamo al requisito della segretezza, interpretato alla luce dei riferimenti contenuti nelle lettere a), b), c), va inteso come attinente in primo luogo alla novità delle informazioni.

La perdita di clientela, rappresentando il tipico effetto dannoso dell’attività illecita, integra gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile; l’irreparabilità del danno deriva dall’obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato eventualmente perduta e dall’impossibilità di addivenire nel futuro giudizio di merito ad una esatta quantificazione del pregiudizio patrimoniale arrecato all’immagine e agli interessi della società pregiudicata.

La dichiarazione di volontà della società di stipulare un accordo di impegno, in assenza di impegno effettivo, quale, esemplarmente, la volontaria soggezione a penali concordate con la controparte, non vale ad escludere il pericolo di una successiva reiterazione di condotte illecite.

(Conforme a Trib. di Milano, 18 aprile 2011).

Principi applicati in ipotesi di accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto di un ricorso, ex art. 700 c.p.c. e 2598 c.c., volto ad ottenere: l’inibitoria dell’utilizzo di materiale della società ricorrente da parte di altre concorrenti; l’inibitoria della commercializzazione e della pubblicizzazione di prodotti aventi le medesime caratteristiche di quelli della ricorrente; la distruzione del materiale promozionale, utilizzato dalle resistenti, frutto di riproduzione di quello della ricorrente; la previsione di una penale per ogni giorno di ritardo e per la violazione dell’inibitoria; e, infine, la pubblicazione dell’ordinanza sui quotidiani nazionali ed esteri, nonché sul sito delle società resistenti.

Ord. 13.5.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 19 febbraio 2016, n. 537 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

La cessione delle azioni (o delle quote di s.r.l.) di una società di capitali ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Ne consegue che le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche ed al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale (e quindi alla loro consistenza economica) possono giustificare l’annullamento del contratto per errore o la risoluzione per difetto di qualità, ex art. 1487 c.c., solo se il cedente abbia fornito specifiche garanzie contrattuali, oppure nel caso del dolo di un contraente che, mediante artifici e raggiri, abbia omesso di rappresentare la reale situazione patrimoniale della società.

Per questi motivi, in assenza della c.d. garanzia analitica circa la corrispondenza tra la situazione patrimoniale della società e quella descritta nel contratto non potrà essere esercitata l’azione di riduzione del prezzo; è evidente poi che la presenza del dolo potrà determinare l’esperimento della diversa azione di annullamento del contratto.

(Conforme a Cass. nn. 15706/2008; 16031/2007; 5773/1996; 26690/2006; altresì Cass., Sez. Trib., n. 17948/2012).

Il contegno processuale di parte, consistente in un sostanziale disinteresse alla coltivazione della azione, mostrato, esemplarmente, dalla mancata comparizione all’udienza di precisazione delle conclusioni, può essere valutato quale argomento di prova, ex art. 116, secondo comma, c.p.c., dell’infondatezza della domanda.

Il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia del convenuto deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore medesimo e queste siano risultate infondate. Ciò anche nell’eventualità in cui l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda.

Il rimborso rimane inoltre a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa della parte si rilevi palesemente arbitraria.

(Conforme a Cass. n. 22234/2014).

Principi espressi in ipotesi di rigetto di una domanda giudiziale di riduzione del prezzo (c.d. quanti minoris) di acquisto di quote di s.r.l., fondata su pretese di natura risarcitoria, quali danno all’immagine, da ritardo, fermo tecnico.

Sent. 19.2.2016, n. 537

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Ordinanza del 9 febbraio 2016 – Giudice istruttore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può implicare, in assenza della prova di fatti illeciti direttamente imputabili al comportamento colposo o doloso degli amministratori, la responsabilità risarcitoria degli amministratori medesimi nei confronti dell’altro contraente ex art. 2476 c.c.

(Conforme a Cass. nn. 21130/2008; 15220/20120; 2251/1998; 5723/1991).

Principio applicato in ipotesi di rigetto di ricorso cautelare di sequestro conservativo a fronte dell’inadempimento di un contratto di cessione di ramo d’azienda.

Ord. 9.2.2016

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Nelle società a responsabilità limitata il potere di convocazione dell’assemblea in ipotesi di inerzia dell’organo amministrativo spetta ai soci che rappresentino una minoranza qualificata e ciò anche laddove lo statuto, come nel caso concreto, espressamente attribuisca tale potere all’organo deputato alla gestione, trattandosi di prerogativa dei soci insopprimibile dallo statuto.

L’art. 2479 c.c., estensivamente interpretato, attribuisce ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, in aggiunta al potere di sottoporre all’assemblea gli argomenti da approvare, anche quello strumentale di convocare l’assemblea per discutere su detti argomenti.

Deve pertanto ritenersi esclusa l’applicabilità per via analogica del disposto di cui all’art. 2367, secondo comma, c.c. dettato in tema di società per azioni (e, quindi, del potere di intervento dell’autorità giudiziaria per le società a responsabilità limitata).

Principi espressi in ipotesi di rigetto di ricorso del socio di maggioranza di una s.r.l. al fine ottenere la convocazione giudiziale dell’assemblea con ordine del giorno “nomina e revoca dell’amministratore (unico)”, a fronte dell’inerzia dello stesso.

D. 2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)