Tribunale di Brescia, sentenza del 28 marzo 2025, n. 1264 – assicurazioni, responsabilità amministratori e sindaci, surrogazione legale e responsabilità solidale, azione di regresso, prescrizione

Se il diverso titolo di responsabilità – contrattuale ed extracontrattuale – dei singoli autori non vale a escludere il concorso nella responsabilità solidale ex art. 2055, co. 1 c.c., a ciò rilevando esclusivamente il contributo causale di ciascuna condotta all’unicità del fatto dannoso (cfr. SS.UU. n. 13143/2022; Cass. nn. 5519/2024 e 16755/2024), del pari lo specifico titolo in base al quale il singolo obbligato risarcisca il danno o parte di esso, anche in via transattiva, non preclude allo stesso di agire in regresso nei confronti di ciascuno degli altri coobbligati, anche in base a titoli diversi, al fine di ottenere quanto versato in eccedenza rispetto alla quota interna di responsabilità.

La circostanza che l’assicurato, nel giudizio poi transatto, non chiami ‘in manleva’ l’assicurazione né agisca in regresso verso i coobbligati né se ne riservi la facoltà non osta alla proposizione della medesima azione in surrogazione da parte della compagnia assicurativa che abbia risarcito il danno o parte di esso, atteso peraltro che tale azione trova come presupposto ex artt. 1203 n. 3 e 2055, co. 2 c.c. l’avvenuto pagamento del debito solidale/risarcimento del danno.

L’azione di regresso trova titolo nell’eseguito pagamento del debito/risarcimento del danno da parte di uno dei condebitori solidali, momento dal quale decorre il dies a quo della prescrizione (cfr. Cass. nn. 21056/2004 e 25698/2019).

Presupposto fondamentale dell’azione di regresso ex artt. 1203 n. 3 e 2055, co. 2 c.c. è l’esistenza di un’obbligazione solidale che discende dal concorso nell’illecito, tale da consentire a chi abbia pagato l’intero debito, ovvero un importo superiore alla propria quota interna di responsabilità, di pretendere dagli altri coobbligati il recupero dell’eccedenza versata. La ratio di tale azione è dunque incompatibile con la domanda della compagnia assicurativa che, surrogandosi all’ex sindaco, proprio assicurato, ne escluda in radice la responsabilità e chieda, di converso, l’accertamento della responsabilità esclusiva degli ex amministratori. In siffatta ipotesi, la transazione della quota di responsabilità del sindaco e il relativo adempimento da parte dell’assicurazione configurerebbero libere scelte, scollegate dalle condotte degli altri responsabili, rispetto alle quali l’assicurazione non ha titolo alcuno per rivalersi.

A sèguito di una serie di transazioni siglate, nelle more di un procedimento ex art. 146 L.F., tra la curatela di un fallimento e gli ex sindaci ed amministratori, una Compagnia assicuratrice, surrogandosi al proprio assicurato (ex sindaco), ha qui agito in regresso nei confronti degli ex amministratori per ottenere la refusione della propria quota transattiva, da ritenersi nulla in ragione dell’asserita estraneità del proprio assicurato alla causazione dei danni lamentati dal Fallimento, invero esclusivamente riferibili – secondo l’opinione dell’attrice – alle condotte degli ex amministratori.

(Massime a cura di Stefano Buzi)




Tribunale di Brescia, decreto di rigetto del 23 marzo 2025, n. 724 – procedimento cautelare, società in nome collettivo, accesso del socio non amministratore alla documentazione societaria, estromissione dalla gestione, attualità del periculum in mora

Il ricorso cautelare proposto prima dell’inizio della causa di merito deve contenere l’esatta indicazione di quest’ultima o, almeno, consentirne l’individuazione in modo certo, pena l’impossibilità di riscontrare l’effettiva esistenza del necessario rapporto di strumentalità con l’azione di merito, di valutare la natura anticipatoria del giudizio e di verificare la competenza del giudice adito in sede cautelare.

Nell’ambito di un procedimento cautelare promosso ai fini dell’accesso alla consultazione della documentazione sociale, la produzione in giudizio, ad opera di parte resistente, di tutta la documentazione in possesso della società esclude l’attualità dell’esigenza cautelare.

Il diritto del socio ad accedere alla documentazione sociale deve essere limitato alla documentazione esistente al momento della domanda, senza che possa costringersi la società alla redazione di documentazione diversa e ulteriore rispetto a quella di cui dispongono gli organi sociali, o che l’oggetto della domanda possa estendersi indefinitamente in conseguenza della mera durata del procedimento.

L’intervento giudiziale volto alla reintegrazione del socio ingiustamente estromesso nella comune gestione risulta irrimediabilmente precluso dalla mancata produzione in giudizio di atto costitutivo e statuto, la quale non consente di verificare in concreto le modalità di esercizio dell’amministrazione, fissate ex art. 2295 c.c. dai patti sociali, impedendo al tribunale di dettare le relative regole di partecipazione.

Qualora il socio amministratore compia atti contrastanti con i doveri inerenti al rapporto gestorio, il mancato ricorso in via cautelare agli specifici rimedi volti a far valere il diritto a una corretta gestione può comportare il difetto del requisito di strumentalità dell’istanza cautelare rispetto alla pronuncia di merito.

Princìpi espressi in esito ad un procedimento cautelare avviato dal socio-amministratore, asseritamente estromesso dalla gestione, ai fini di ottenere l’accesso alla documentazione societaria.

(Massime a cura di Ilaria Porro)




Tribunale di Brescia, sentenza del 21 marzo 2025, n. 1158 – società a responsabilità limitata, contratto di mandato, inadempimento, responsabilità contrattuale della società, responsabilità extracontrattuale degli amministratori per atti dolosi e colposi

La dazione di una somma di denaro dal mandante alla società mandataria, sotto forma di bonifico su conto corrente bancario, determina la confusione del denaro, bene per sua natura fungibile, nel patrimonio di quest’ultima, con la piena facoltà degli amministratori di utilizzarlo a fini aziendali.

L’autonoma condotta colposa o dolosa dell’amministratore prevista ex art. 2476, co. 7, c.c. deve necessariamente costituire un quid pluris rispetto alle condotte tenute dalla società stessa, venendo altrimenti meno quella autonomia patrimoniale che è connotato tipico della società di capitali.

La somma accordata a titolo di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale costituisce un debito di valore, il cui importo dovrà essere oggetto di rivalutazione monetaria. Sulle somme rivalutate decorreranno gli interessi legali ex art. 1284, co. 1, c.c. dalla data del fatto alla data della domanda giudiziale e gli interessi legali ex art. 1284, co. 4, c.c. dalla data della domanda giudiziale al saldo.

Princìpi espressi in esito ad un procedimento civile avviato da creditori sociali per vedere dichiarare l’inadempimento della società convenuta alle obbligazioni pattuite tramite il contratto di mandato stipulato, nonché la responsabilità dell’amministratore unico ex art. 2476, co. 7, c.c. e ottenere la conseguente condanna al risarcimento del danno subito. Il Tribunale, pur accertando l’inadempimento della società alle obbligazioni pattuite, rigetta la domanda di risarcimento rivolta verso l’amministratore unico, osservando che il suo inadempimento si identifica con il colpevole inadempimento della società mandataria, non potendo integrare autonoma condotta colposa o dolosa.

(Massime a cura di Ilaria Porro)




Tribunale di Brescia, decreto di accoglimento del 10 marzo 2025, n. 87 – volontaria giurisdizione, società per azioni, convocazione giudiziale dell’assemblea, mutamento organo gestorio, abuso di maggioranza, sospensione necessaria del giudizio

L’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Tribunale in tema di convocazione dell’assemblea dei soci è subordinato alla ricorrenza dei seguenti presupposti: a) deve essere fatta richiesta di convocazione da parte di un socio che rappresenti una porzione qualificata del capitale sociale; b) la richiesta deve contemplare l’indicazione specifica degli argomenti da trattare in assemblea; c) gli argomenti indicati dal socio non devono rientrare tra quelli per i quali la legge prevede una competenza esclusiva degli amministratori o, comunque, tra quelli che sono oggetto di un progetto o di una relazione predisposta dagli amministratori; d) alla richiesta di convocazione deve seguire il rifiuto ingiustificato o l’inerzia degli amministratori o, in loro vece, dei sindaci.

Potendo il fiduciario, in quanto proprietario effettivo, disporre del bene a lui intestato in modo valido ed efficace nel rapporto con i terzi e comportando l’eventuale violazione degli obblighi derivanti dal negozio fiduciario unicamente la responsabilità risarcitoria del fiduciario inadempiente nei confronti del fiduciante (Cass. n. 3314/1959 e Cass. n. 1838/1980), la violazione di un patto fiduciario avente ad oggetto la titolarità di partecipazioni sociali, anche laddove accertata tramite contenzioso, non lascia venir meno il carattere effettivo della proprietà del capitale sociale formalmente intestata al fiduciario.

Nell’ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria non può trovare applicazione l’istituto della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in quanto ove sorga, nelle more del giudizio, una questione pregiudiziale della quale il giudice deve conoscere ai fini della definizione della lite, lo stesso è tenuto a pronunciarsi su detta questione incidenter tantum, con effetti limitati alla definizione del procedimento e senza forza di giudicato (Cass. n. 3653/2023).

L’abusività dell’esercizio del diritto a richiedere la convocazione assembleare deve essere valutata raffrontando, in via prognostica, da un lato gli effetti dell’approvazione della delibera assembleare adottata in senso conforme alla volontà del socio richiedente e, dall’altro, l’eventuale derivante pregiudizio sull’interesse sociale.

Considerando che in qualsiasi società di capitali la maggioranza ha il diritto di affidare la governance della società ad amministratori a sé graditi, nominati a propria insindacabile discrezione, l’eventuale approvazione di una delibera di mutamento dell’organo di gestione – pur laddove asseritamente volta all’estromissione di amministratori sgraditi dalle mansioni gestorie – non presenta, di per sé, né pregiudizi per l’interesse sociale, né profili di abuso dei diritti in capo alla maggioranza.

In caso di convocazione giudiziale dell’Assemblea dei soci in presenza di motivi di contrasto all’interno di una compagine sociale fortemente polarizzata, è opportuna la nomina di un soggetto terzo quale Presidente dell’Assemblea, a cui demandare ogni attività funzionale alla convocazione delle parti.

Princìpi espressi in esito ad un procedimento di volontaria giurisdizione avviato dal socio di maggioranza di una società per azioni per ottenere la convocazione ex art. 2367, c. 2, c.c. di un’assemblea avente come ordine del giorno “il mutamento della natura dell’organo gestorio, da monocratico a collegiale”, più volte domandata sia all’organo gestorio che di controllo e da questi rifiutata. Si costituisce nel procedimento il socio di minoranza della società, nonché amministratore unico della stessa, adducendo la necessaria sospensione della lite in attesa della definizione di altro contenzioso riguardante la titolarità della partecipazione detenuta dal socio di maggioranza nonché la natura abusiva dell’istanza di controparte, essendo questa asseritamente finalizzata ad estrometterlo dalla gestione e dalla partecipazione stessa alla compagine sociale.

(Massime a cura di Ilaria Porro)