Tribunale di Brescia, decreto n. 57 del 26 aprile 2024 – società a responsabilità limitata, convocazione giudiziaria dell’assemblea sociale, applicabilità dell’articolo 2367 c.c. alle s.r.l., esclusione, forme alternative di convocazione dell’assemblea

Appare inestensibile la disciplina prevista dall’art. 2367 c.c. in tema di s.p.a., stante il mancato richiamo nella disciplina novellata delle s.r.l. Ciò in quanto tale disciplina, nel testo risultante dalla riforma di cui al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ha differenziato fortemente la disciplina delle s.r.l. da quella delle s.p.a., eliminando la tecnica del rinvio in favore di un principio di autonomia e potenziale onnicomprensività della normativa sulla s.r.l. Deve pertanto escludersi l’estensione analogica del meccanismo procedurale di convocazione previsto dall’art. 2367 c.c., già in linea di principio dissonante con la rigidità dei diversi tipi societari (Cass. n. 10821/2016).

Nel silenzio della legge e nell’eventuale silenzio dello statuto, il meccanismo alternativo per la convocazione dell’assemblea della s.r.l., in caso di omessa convocazione da parte degli amministratori, può essere correttamente individuato nel potere di convocazione dell’assemblea da parte del socio di maggioranza, titolare di almeno un terzo del capitale, in caso di inerzia dell’organo di gestione (Cass. n. 10821/2016).

Principi espressi in relazione a un caso di ricorso ex art. 2367 c.c. promosso per la convocazione dell’assemblea di una s.r.l., asseritamente omessa in modo abusivo dall’amministratore, da parte di un creditore pignoratizio possessore della totalità delle quote della predetta società nei confronti della società medesima e dei suoi soci.

(Massime a cura di Leonardo Esposito)




Tribunale di Brescia, sentenza dell’8 aprile 2024, n. 1473 – invalidità deliberazione di esclusione del socio, legittimità della deliberazione, obbligo di motivazione

L’invalidità della deliberazione di esclusione del socio dalla compagine sociale può derivare anche da vizi inerenti alla completezza della motivazione dell’esclusione; infatti, tale delibera rientra in quel novero di decisioni degli organi sociali che sono soggette all’obbligo di motivazione, funzionale ad assicurare il diritto di difesa del socio in sede di opposizione nonché a consentire il controllo dell’organo giudicante sulla legittimità della deliberazione (cfr. Cass. n. 15647/2020).

La legittimità della delibera di esclusione del socio è ravvisabile, oltre che dall’effettiva ricorrenza della causa di esclusione sottesa al provvedimento di estromissione impugnato e dalla sua riconducibilità fra quelle previste dalla legge ovvero dallo statuto, anche dalla congruità della motivazione adottata a sostegno dell’esclusione, restando preclusa soltanto l’indagine sull’opportunità del provvedimento.

L’obbligo di motivazione nella delibera di esclusione può ritenersi assolto allorquando comprenda l’enunciazione degli addebiti sollevati nei confronti del socio, che integrino violazioni di gravità tale da giustificare, per legge o statutariamente, la sua esclusione dalla compagine sociale. Ciò, in quanto, non può ritenersi superata dalla dedotta previa conoscenza da parte del socio degli addebiti sollevati nei suoi confronti.

Principi espressi nel giudizio di opposizione promosso da una società semplice avverso la delibera di esclusione del socio dalla compagine sociale, adottata dal Consiglio di amministrazione di una società agricola cooperativa a responsabilità limitata.

In particolare, l’opponente lamentava: i) l’irregolarità della notifica; ii) la genericità del contenuto della delibera per omessa indicazione dei motivi di esclusione; e iii) l’assenza di giustificati motivi addebitabili al socio ai fini della sua esclusione.

(Massime a cura di Edoardo Compagnoni)




Tribunale di Brescia, sentenza del 3 aprile 2024, n. 1389 – impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di esercizio, legittimazione attiva e passiva, abuso di maggioranza

Il socio-amministratore di una società di capitali è legittimato all’impugnazione della delibera assembleare di approvazione del bilancio anche nell’ipotesi in cui, nella sua qualità di membro dell’organo amministrativo, abbia precedentemente contribuito all’approvazione del relativo progetto di bilancio, posto che l’art. 2379 c.c., sancendo la legittimazione ad agire per la declaratoria della nullità di “chiunque vi abbia interesse”, non prevede, in relazione a tale evenienza, alcuna restrizione al diritto di impugnazione e  che la parte, esercitando funzioni e ruoli distinti (quello di socio e quello di amministratore), ben può esprimere due diverse valutazioni, senza violare il divieto di venire “contra factum proprium” (cfr. Cass. n. 29325/2020; Cass. n. 15592/2000; Cass. n. 16388/2007).

Nei giudizi di impugnazione di deliberazioni assunte dall’assemblea di società di capitali, legittimata passiva è unicamente la società, dalla quale promana la manifestazione di volontà che è oggetto dell’impugnazione. I singoli soci – che laddove assenti, dissenzienti o astenuti sono titolari del diritto all’impugnativa unitamente agli amministratori e al collegio sindacale – non sono legittimati a resistere all’azione, potendo al più intervenire in giudizio in posizione che la giurisprudenza qualifica come adesivo-dipendente rispetto alle ragioni della società, posizione dalla quale non deriva il diritto all’autonoma impugnazione della sentenza. I soci, d’altra parte, per espressa previsione di legge (cfr. art. 2377, co. 7, c.c. applicabile alle s.r.l. in forza del richiamo contenuto all’art. 2479-ter, ult.co., c.c.), anche ove non impugnanti o parti in causa, subiscono gli effetti dell’annullamento della deliberazione, seppur in via riflessa e non diretta (cfr. in motivazione Cass. n. 4652/2006).

In caso di impugnazione della delibera di approvazione del bilancio per anomalie connesse al risultato finale di esercizio, rapportato ai risultati degli anni precedenti, è necessaria una contestazione specifica delle voci del bilancio e non è sufficiente una doglianza di difetto di chiarezza delle cause del saldo positivo o negativo, posto che il risultato finale di esercizio è l’esito della differenza tra ricavi e costi di una azienda (potendo essere positivo – utile – se i ricavi sono maggiori del totale dei costi e negativo – perdita – se i costi superano i ricavi) ed è, pertanto, la conseguenza delle varie componenti, attive e passive, registrate nel documento informativo.

In caso di impugnazione di una delibera assembleare per abuso della maggioranza, è necessaria la prova dell’interesse personale antitetico a quello sociale perseguito dalla maggioranza con la deliberazione impugnata, nonché della lesione, almeno potenziale, dei diritti di partecipazione o patrimoniali dei soci di minoranza operata a mezzo della decisione.

Principi espressi nel giudizio di impugnazione della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio di esercizio di una società a responsabilità limitata, nel corso del quale gli attori avevano contestato la voce del bilancio “finanziamento soci”, l’andamento degli ultimi bilanci della società e avevano lamentato un presunto “abuso di maggioranza” (contestazioni rigettate nel merito dal Tribunale).

(Massime a cura di Vanessa Battiato)