Sentenza del 5 aprile 2022, n. 812 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott.ssa Angelica Castellani

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In tema di responsabilità degli amministratori, il contenuto e la natura della transazione di fine mandato, sottoscritta tra società e amministratore delegato, non precludono la possibilità di contestare la sussistenza di profili di responsabilità a carico dell’amministratore per presunti atti di mala gestio compiuti in corso di rapporto, salvo che la società non vi abbia espressamente rinunciato in sede di accordo transattivo. In ogni caso, la società che agisce per il risarcimento dei danni è tenuta a fornire la prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e della sussistenza di un nesso eziologico con il comportamento inadempiente o illecito dell’amministratore, non essendo l’antigiuridicità della condotta di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio della società.

Tale principio trova applicazione sia nel caso di transazione novativa, in cui l’accordo si pone come nuova ed unica fonte di disciplina del rapporto preesistente, sia nel caso di transazione c.d. “semplice” o “conservativa”, con cui le parti si limitano a regolare il rapporto preesistente mediante reciproche concessioni, senza costituirne uno nuovo.

Da ciò consegue altresì che, in caso di successiva scoperta di inadempimenti non rilevati al momento della transazione, questi potranno essere fatti valere solo mediante l’impugnazione dell’accordo transattivo per errore, il quale rileverà in questo caso in quanto inerente al presupposto della transazione e non, invece, alle reciproche concessioni.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che l’azione di responsabilità esercitata dalla società nei confronti dell’amministratore delegato, per presunte condotte di mala gestio al medesimo imputabili, non fosse preclusa dall’intervento di una transazione novativa di fine rapporto tra i suddetti soggetti, in quanto la società non vi aveva rinunciato espressamente nel patto transattivo. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda in conseguente del mancato soddisfacimento dell’onere probatorio a carico della società, la quale ometteva di dare prova sia del danno sia del nesso causale tra questo e la condotta tenuta dall’amministratore. Al contrario, avendo l’amministratore dichiarato, in sede di transazione, di voler rinunciare ad ogni altra pretesa nei confronti della società, risultava a lui preclusa la possibilità di porre in contestazione l’esistenza di un suo credito per compensi ed indennizzo.   

(Massime a cura di Chiara Alessio)