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Sentenza del 26 novembre 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice estensore: Dott. Lorenzo Lentini

La eventuale determinazione di un sovrapprezzo in sede di delibera assembleare di aumento del capitale rileva ai fini della potenziale lesione dell’interesse individuale di un socio, dato dal fatto di avere pagato un corrispettivo “eccessivo” rispetto al valore reale del complesso di azioni sottoscritte; non incide, però, su interessi generali tali da evocare la sanzione della nullità.

Essa rappresenta infatti un’ipotesi diversa dalla delibera di approvazione del bilancio, rispetto alla quale l’eventuale violazione dei criteri di valutazione previsti dall’art. 2426 c.c. potrebbe astrattamente rilevare sotto il profilo della nullità, investendo interessi di portata generale (i.e. l’affidamento dei terzi sulla veridicità delle poste di bilancio).

La funzione del sovrapprezzo nell’ambito degli aumenti di capitale è quella di adeguare il prezzo di emissione delle nuove azioni alla consistenza patrimoniale della società, rappresentando la differenza tra tale prezzo e il valore nominale dell’azione, precisandosi che la previsione di un sovrapprezzo è di regola eventuale, salva l’ipotesi di cui all’art. 2441, comma 6, c.c. Il processo di determinazione del sovrapprezzo è normalmente ancorato alla valutazione effettiva del patrimonio netto della società, a valori correnti di mercato, anche nelle ipotesi in cui l’applicazione di tale criterio porti a valori non pienamente coerenti con le risultanze contabili, discendenti da un regime normativo autonomo.

La fissazione, in sede di aumento di capitale, di un prezzo di emissione delle nuove azioni, che assume ipoteticamente un valore patrimoniale della società maggiore di quello reale, si risolve a beneficio di creditori e terzi, nella misura in cui comporta una maggiore patrimonializzazione della società, con un corrispondente incremento della riserva da sovrapprezzo delle azioni.

I principi sono stati espressi nel corso di un procedimento finalizzato a dichiarare la nullità di una delibera assembleare di aumento di capitale per violazione delle norme in materia di bilancio ed in particolare dell’art. 2426 c.c., in ragione della sopravvalutazione del principale bene all’attivo della società, la quale aveva conseguentemente determinato la sopravvalutazione del sovrapprezzo deliberato dall’assemblea nell’ambito della ricapitalizzazione della società.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)




Ordinanza del 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Lorenzo Lentini

Nonostante l’art. 2378 c.c. consenta alla parte di depositare un atto di citazione contenente al proprio interno l’istanza cautelare, ovvero di depositare un ricorso unitamente all’atto di citazione, anche in copia; e nonostante sia generalmente ammessa la possibilità che il ricorso cautelare sia depositato successivamente all’introduzione della causa di merito, è essenziale che il fascicolo di causa contenga tanto l’atto di citazione (eventualmente in copia) quanto il ricorso, affinché il giudice designato per la trattazione della causa di merito possa disporre di tutti gli elementi informativi utili alla valutazione della domanda cautelare.

Decisione resa a seguito della presentazione di un atto di citazione recante l’intestazione “ricorso ex art. 700 c.p.c.” pur in concreto avendo tutti i requisiti dell’atto di citazione per impugnare le deliberazioni assembleari di cui all’art. 2378 c.c.: rileva nel senso dell’inammissibilità della domanda la circostanza che nel ricorso la parte si sia limitata a preannunciare l’intenzione di avviare il giudizio di merito, anticipando le relative conclusioni ma omettendo di produrre copia dell’atto di citazione.

(Massima a cura di Demetrio Maltese)




Decreto del 2 novembre 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

In difetto dei requisiti di attualità e di gravità delle irregolarità nella gestione dell’impresa, non può trovare accoglimento la domanda di revoca del liquidatore della società, in quanto non suscettibili di integrare le gravi violazioni che giustificherebbero, ai sensi dell’art. 2409 c.c., l’accoglimento di tale domanda. Invero, le irregolarità censurabili ai sensi dell’art. 2409 c.c. devono essere, oltre che attuali, anche potenzialmente dannose per il patrimonio sociale, e non direttamente per l’interesse dei soci.

I principi sono stati espressi nel procedimento di volontaria giurisdizione promosso dal socio di minoranza (titolare di una quota pari al 49% del capitale sociale) di una società a responsabilità limitata contro il socio di maggioranza (titolare di una quota pari al 51% del capitale sociale) al fine di ottenere la revoca di quest’ultimo in qualità di liquidatore volontario della società, in conseguenza del compimento di asserite irregolarità nella gestione dell’impresa, quali: (i) l’aver omesso di convocare l’assemblea; (ii) l’aver ostacolato il diritto del socio ricorrente di accedere alla documentazione societaria; e (iii) l’aver violato il dovere di fedeltà nei confronti della società, assumendo l’incarico di componente del consiglio di amministrazione di una società concorrente.

(Massima a cura di Marika Lombardi)